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 2019  aprile 06 Sabato calendario

La carboneri di Renzi

MILANO ROMA Elegantissimo nel suo cappotto d’alta sartoria, il medico ospedaliero Antonio Solano varca trafelato il portone di Palazzo reale dove, in una saletta della Fondazione per il Mezzogiorno, da qualche mese ha piantato le tende il comitato civico Crescita Napoli. «Oggi dobbiamo affrontare una serie di questioni per capire come andare avanti», esordisce con un sorriso che è di incoraggiamento ma anche preoccupazione. Il suo gruppo è il più grosso d’Italia: con 62 iscritti, è uno dei motori di quella “azione civile” auspicata da Renzi alla Leopolda. Ci sono prof universitari ed ex sindacalisti, imprenditori e infermieri, sociologi e pensionati. Età media alta: intorno ai 60. È così ovunque: da Milano a Palermo passando per Roma, le articolazioni territoriali di quello che in tanti chiamano “il partito di Renzi” si muovono ancora in semi-clandestinità, si riuniscono più o meno una volta al mese nelle case, negli studi professionali, in pizzeria: un tema come fil rouge, ma senza ordini del giorno, né strutture cui appoggiarsi, in una spontanea autodeterminazione difficile da sostenere, alla lunga. Specie adesso che il senatore di Firenze sembra essersi rintanato in un limbo. E qui tutti restano appesi, dentro e fuori il Pd. MANTOVA Il megafono? «Eh, ce l’hanno prestato i ragazzi di un centro sociale». Vero reperto degli anni Settanta a vederlo così, tenuto insieme dal nastro adesivo, passato si immagina di padre in figlio o figlia, ora nelle mani di un gruppo di signore che battagliano per lo ius culturae, «e non confondiamolo con lo ius soli, come fanno molti pure a sinistra». Servirebbe una sede, ma se ne può fare a meno se si è quasi tutte colleghe, questo è il Comitato Società aperta Mantova, uno dei circa 50 lombardi, e stavolta ci si vede in trattoria. Dieci femmine, più un maschio, tre iscritti al Pd, gli altri no. Rita Coppi: «Noi che lavoriamo nel sociale siamo arrabbiate con il decreto Salvini, che indebolisce i deboli». Rita lavora al Consorzio Solco, 18 cooperative sociali, 1.300 dipendenti, utenti con disabilità, tossicodipendenti, «giovani che fanno fatica», migranti, «il clima di intolleranza e di precarietà» dato dai fondi tagliati le ha spinte a organizzare una marcia «contro ogni tipo di intolleranza e discriminazione», e lì il megafono è stato utile. Assunta Putignano è la coordinatrice, di tutte le sfide «che i cittadini possono raccogliere, noi abbiamo scelto quella della società aperta, tanto più necessaria ora che non abbiamo più i soldi per fare i corsi di italiano agli stranieri». Ma la gente li capisce questi problemi? «Sì, sente il rumore dell’odio che avanza», dopodiché «ragazze, qui bisogna raccogliere le firme per la legge, fare i banchetti». Ci penserà Tiziana Silvestrini, impiegata in Comune e scrittrice, lei sa «come si ottiene un gratuito patrocinio», ed è già qualcosa. ROMA Eleonora De Santis è appena rientrata dal lavoro, mette gli auricolari e si collega al pc. Un click sull’icona di Skype e parte il video-collegamento con i nove di Vero Roma 6, numero obbligatorio per segnalare che in città sul tema delle fake news esistono già altri cinque comitati. Lei è «un’ex grillina disgustata», ha iniziato invitando due amici, gli altri sono arrivati tramite il sito di “Ritorno al Futuro”, ma siccome abitano in quartieri lontanissimi, per discutere si riuniscono sul web. Quattro sono sulla quarantina come Ele, il resto pensionati, con più tempo e voglia di impegnarsi: un classico. «Ragazzi dobbiamo stringere», incalza, «abbiamo contattato il responsabile dello Sprar che deve venire a spiegarci come funziona il sistema dell’integrazione?». In cantiere c’è un incontro pubblico «per sfatare i falsi miti sull’immigrazione». Perché questo è il bello dei comitati: «L’agenda politica la facciamo noi». Poco più in là, a Villa Bonelli, la vulcanica Claudia Costa ha convocato il direttivo Società aperta Roma: dopo l’iniziativa sull’integrazione alla libreria Eli con Neri Marcorè, ne stanno preparando un’altra su famiglie arcobaleno e omofobia. «Il nostro è volontariato allo stato puro, ci muove l’opposizione a questo governo, ma aggregando persone con storie diverse», dice. Lei non è più iscritta al Pd, se n’è andata «quando Renzi ha dato le dimissioni», come la psicanalista Chiara Tozzi, 65 anni: «Sentiamo il dovere di fare qualcosa contro la deriva su cui sta scivolando il Paese». E se dovesse nascere un partito guidato dall’ex leader fiorentino? «Ci penseremo, qui dentro c’è gente che pensa con la sua testa, non siamo un gregge». Intanto, nel suo studio fotografico, Marcello Leotta sta comunicando agli iscritti di Vero Roma 4 che l’idea di una kermesse sull’Europa va accantonata: «Ho scritto a tutti i 65 comitati del Lazio, mi hanno risposto solo in 22, gli altri è come se non esistessero». Faranno qualcosa di meno ambizioso: una campagna sui fallimenti della sindaca Raggi, in attesa dell’11 maggio, la grande manifestazione di piazza per dire basta alla giunta 5S. «E magari stavolta riusciremo a coinvolgere anche i nostri figli», sospira Silvia Checchi, «bisogna far tornare i giovani alla politica». MILANO Ci si vede al Pacino Cafè, piazzale Bacone. Giusto in tempo per l’aperitivo, ogni tanto, per il resto si viaggia su Facebook. Gianluca Pomo è un ingegnere del campo energetico di 35 anni, oltre che coordinatore del comitato Vero Milano, in città ne sono nati finora trenta, «e altri si stanno formando. La cosa più importante è che siamo aperti a tutti, non c’è limite politico. Da noi solo due su otto sono iscritte al Pd». Carlo, 55 anni, scultore: «Mai fatto politica. Poi mi sono chiesto se era possibile concretizzare il mio impegno civile». Stefano Mengotto, project manager: «Ormai sembra che vincano i bulletti da quattro soldi» quindi bisogna impegnarsi, si prepara un’iniziativa a difesa di Radio radicale, una contro le fake news e la raccolta firme per lo Ius culturae. Pomo: «Significa dare la cittadinanza a chi ha completato un ciclo di studi in Italia, questo è, su questo puntiamo». VERONA Si entra nello studio dell’avvocato Donatella Fanini, 55 anni, giuslavorista. Al momento riunita assieme a Paolo, dipendente pubblico, e a Marco Caberlotto, 27 anni, produttore cinematografico e fondatore di un comitato a Venezia contro le fake news. Tutti reduci dalla manifestazione contro il convegno degli ultrà cattolici, «dove ci siamo ritrovati per protestare contro il cappello politico dato dalla Lega e dal sindaco». I problemi sono sempre gli stessi: vanno raccolte le firme, ma «qui non basta change.org, bisogna validarle, consegnarle ai segretari comunali, o trovare notai e consiglieri comunali». I giovani? «Facciamo delle iniziative divertenti, bisogna tirarli dentro, non le solite conferenze noiose». Nei comuni più piccoli le cose sono più difficili e «poi noi siamo una città provinciale», dice Fanini, mica come Milano, perché il Nord non è tutto uguale. NAPOLI Al comitato Crescita Napoli il coordinatore Solano spiega: «Ci eravamo dati l’impegno di trattare temi sia nazionali sia locali, ma quelli locali li stiamo un po’ abbandonando. Da che cosa ripartiamo?». La risposta è corale: «Dalla grata», una delle loro prime battaglie. Ovvero la griglia di aerazione che impedisce di completare i lavori della linea 6 della metropolitana «progettata per Italia 90»: per i comitati del no deturperebbe i basoli di una delle più belle piazze del centro, ma il Tar gli ha appena dato torto. «È un tema locale ma con un risvolto nazionale: questo è il governo dei no che sta bloccando il Paese» approva la sociologa Brunella Rallo. «E poi facciamo un censimento degli edifici in disuso per farne centri ricreativi e culturali» propone l’economista Francesca De Felice. «Il nostro scopo è incidere sulla città» fa eco Mario Bartiromo. Comunque vada, una bella scommessa.