Corriere della Sera, 6 aprile 2019
Gli amori di Umberto Orsini
La più bella definizione di Umberto Orsini è del diretto interessato: «Sono un attore borghese che ama mettere le mani in tasca e accendere una sigaretta». In silenzio, in tournée ibseniana col «Costruttore Solness» dal 16 aprile a Milano, martedì 2 ha compiuto 85 anni festeggiando pure 60 di teatro.
«Sarà uno dei miei ultimi spettacoli e il personaggio è magnifico, classico, eterno. Tocca tanto i temi della vecchiaia di quest’uomo diviso tra presente e passato, che mi sono identificato fino a scrivere Sold out, un’autobiografia in uscita per Laterza».
Dove lei racconta la grande vocazione d’attore…
«No, al contrario racconto la scoperta della vocazione ma solo dopo: ero sicuro di non averla, ma tanti incontri fortunati mi hanno aiutato. Quando fui cosciente guardai indietro alla mia incoscienza».
Perché?
«Ero un ragazzino carino partito dalle risaie di Novara senza una lira e mi sono ritrovato alla fontana di Trevi: feci l’Accademia ai tempi della “Dolce vita” e sono nella scena finale con Nadia Gray che si spoglia».
Lei cosa avrebbe dovuto fare?
«Il notaio, leggevo bene gli atti. Troppo bene. I miei erano contrari alla carriera dell’attore anche se ci fu un periodo in cui avevamo un cinemino in gestione. Racconto le mie origini, l’inizio, i momenti difficili e sono stato cauto nel rivelare piccoli angoli oscuri: il primo bacio dato a un ragazzo, le molestie di un soldato inglese... Poi una vita solitaria pur sempre accompagnato dalle donne, a volte senza successo come quando mi innamorai di Mina, ai tempi di Pani».
Dov’è finito l’esercito di donne? Lei, eroe dostoevskijano in tv, era da settimanale di gossip...
«Tendo a dimenticare le donne della mia vita, l’amore si fonde nell’amicizia e il rapporto cambia».
E le Kessler?
«Una. Era una la mia ragazza: Ellen. E giuro che la distinguevo. Le incontrai alla Rai, io facevo Karamazov e loro “Studio Uno”. Ogni tanto le rivedo, sono straordinarie: ci siamo voluti bene e lasciati al momento giusto».
E Rossella, la mitica Falk?
La solitudine
Il palcoscenico è un sistema di relazioni che non ti fa mai restare solo e io credo nei giovani
«Ero nella compagnia dei Giovani e la raffinatissima Rossella stava con Renato Salvatori ma anche con me, come nella “Bugiarda” di Fabbri. Il ménage a tre non era possibile, si prese un cazzotto da Salvatori e Fellini prese spunto per l’occhio nero della Aimée nella Dolce vita».
Quali colleghi le hanno insegnato il mestiere?
«Tanti, partendo da Zeffirelli e Lavia. Ricordo Ronconi, Visconti, Castri, De Lullo, Valli e il grande Santuccio. Salerno e la Ferrati (1964) mi diedero la prima scossa in “Virginia Woolf” mentre con Ronconi ci alternammo come fidanzatini di “Anna Frank”. Poi ebbi la meglio, ero più fusto io, per “D’amore si muore”».
Chi rimpiange di più?
«Ronconi è stato un faro, una guida. Anche se in scena era ironico, non ci credeva a fare l’attore. Una sera cademmo nel golfo mistico durante un duello con la spada. Scrissero di tutto, ma guadagnammo un grande regista. E Visconti nella “Caduta degli dei”. Per farmi notare da lui feci il saggio in Accademia tutto biondo ma poi per “Uno sguardo dal ponte” scelse Pani, il mio rivale giovane».
E Strehler?
«Due occasioni mancate, due dolori. Mi voleva con accento chiozzotto per Goldoni e milanese per Bertolazzi, ma io mi ero appena tolto con fatica l’accento di Novara. Se mi sento inadeguato io non mi butto».
Che cosa manca nella sua carriera?
«Non ho fatto i grandi personaggi classici. A parte Re Lear (che ho rifiutato io) non me l’hanno chiesto».
Che cos’è il teatro?
«Un sistema di relazioni che non ti fa restare solo: ci vuole collaborazione, amo i giovani e non ne ho l’ossessione, al contrario di Solness. Per Ibsen ho scelto un regista giovane e bravo, Alessandro Serra».
Perché le piace tanto Solness?
Le gemelle
Io facevo Karamazov e loro «Studio Uno», giuro che le distinguevo
Ogni tanto le rivedo
«Perché lo sento accanto. Anche quando sono in silenzio con lui... è un modo per raccontare di me e del teatro con tutti i dubbi che avanzano con l’età».