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 2019  aprile 06 Sabato calendario

Intervista a Zeffirelli

«Ho paura di morire. Sono credente e prego molto, ma quando in giardino mi guardo intorno, dico ai miei figli: pensate, prima o poi non potrò più godere di questa meraviglia, non vedrò più questa bellezza». Franco Zeffirelli, che firma un nuovo allestimento della Traviata (dal 21 giugno all’Arena di Verona) è sofferente nel corpo, ma sereno nell’animo e accoglie con gioia il premio che la presidente Casellati gli consegna oggi in Senato, nell’ambito del ciclo di eventi Senato&Cultura, «per aver saputo creare e trasporre mirabilmente sui palcoscenici più importanti del mondo e sul grande schermo le atmosfere, lo spirito e le emozioni del teatro e dell’opera lirica, rappresentando l’idea autentica della bellezza, contribuendo a diffondere il genio e l’eccellenza italiana nel mondo».
Che effetto le fa?
«I premi sono un riconoscimento all’impegno di tutta una vita di lavoro, non possono che far piacere. Nel mio percorso ho avuto la fortuna di incontrare straordinari artisti, che mi hanno sostenuto nella creatività».
Tra i tanti personaggi, il ricordo più divertito?
«È quello di Anna Magnani e Maria Callas: due Divine con caratteri difficili. Anna aveva voglia di vedermi e sarebbe venuta da me a cena, purché le garantissi che saremmo stati soli, per poter parlare tranquillamente. Glielo promisi, però poco dopo mi telefona Maria, bisognosa di consigli, quindi la invitai a cena. Solo dopo aver riattaccato il telefono mi ricordai di aver fatto la stessa proposta ad Anna. Presagivo una serata d’inferno: io, solo, con due primedonne che non sapevano della presenza l’una dell’altra».
Come andò a finire?
«Arrivò per prima la Magnani, di pessimo umore, e quando l’avvisai che ci avrebbe raggiunto la Callas, andò su tutte le furie. Suona il campanello, vado a ricevere la cantante che, al contrario, accolse con piacere la notizia di condividere la cena con l’attrice, esclamando entusiasta come una ragazzina: “Grazie! Lei Anna è una grande artista, io solo una poveretta che cerca di fare il suo meglio”».
E l’Anna furiosa?
«Si placò in un attimo, colta in contropiede dalla dichiarazione entusiastica. Cominciò un amabile minuetto tra le due tigri, facevano a gara per apparire la più modesta. Ma c’era un altro problema da risolvere, il posto a tavola: chi delle due avrebbe dovuto sedersi alla mia destra? Aspettai che Anna andasse a incipriarsi il naso e dissi a Maria: “Senti cara, l’attrice che ammiri è più anziana di te, dovrò mettere lei alla mia destra”. “Devi!”, replicò convinta».
Figuriamoci se Magnani avesse sospettato questo retroscena.
«Per carità! Sentirsi definire la più anziana, una catastrofe. La serata proseguì benissimo: loro due chiacchieravano fitto, ignorandomi e non permettendomi nemmeno di intervenire.
Mi arresi: avevo il privilegio di assistere all’incontro fra due tigri di razza, d’amore e d’accordo».
Zeffirelli o Zeffiretti, come avrebbe dovuto chiamarsi se l’impiegato dell’anagrafe non avesse commesso uno sbaglio di trascrizione?
«Sarebbe stato più adatto alla mia carriera Zeffiretti, dalla celebre aria mozartiana, cognome scelto da mia madre, preveggente, che amava Mozart. Ma Zeffirelli mi ha portato fortuna».
Ennio Flaiano, stroncando i suoi spettacoli, la ribattezzò Scespirelli. Perché ce l’aveva tanto con lei?
«Non ricordo le sue stroncature, so solo che poi diventammo molto amici. Tutto ciò che ho fatto, stroncature o no, è il risultato di scelte personali. Io stesso ho criticato liberamente tutto e tutti, manifestando le mie idee e, a volte, pagandone le conseguenze».
Per esempio?
«Mi è mancato l’appoggio della critica italiana, che non mi ha mai sostenuto. Anche oggi non vengo mai nominato, in Italia è come se non fossi esistito».
Gli anni che passano sono un peso che si aggiunge alla fatica di vivere?
«La vecchiaia è un grosso fardello, ma cerco ancora di sfornare idee da realizzare nel mio, molto imminente, futuro e ciò mi tiene occupato mentalmente. Gli unici rimpianti che ho sono due progetti rimasti nel cassetto: un film sull’Inferno di Dante, difficile da realizzare perché pieno di effetti speciali economicamente insostenibili, e un grande affresco sulla vita e le opere dei Medici: la bellezza, appunto, di cui un giorno non potrò più godere».