Corriere della Sera, 6 aprile 2019
Trump bara
È il commander in chief degli Stati Uniti, ed è un accanito giocatore di golf, come quasi tutti gli inquilini della Casa Bianca. È anche convinto di essere molto bravo a colpire palline, e qui cominciano i problemi perché più che per la bellezza e la precisione dei suoi colpi Donald Trump si fa notare per la frequenza e la qualità dei suoi imbrogli. Lo sostiene Rick Reilly, giornalista di Sports Illustrated e Espn, nel suo libro uscito martedì scorso. Il titolo: «Commander in cheat» (to cheat significa barare) spiega molto, ma Reilly ha studiato per 30 anni i comportamenti del presidente, ci ha giocato insieme e, qualche giorno fa, nel corso di New Day, programma della Cnn, ha dichiarato: «Trump bara a golf come un contabile della mafia». Non contento, lo ha sfidato: 18 buche in campo neutro (Trump possiede 17 resort golfistici), con caddie neutrali e due arbitri. In palio: 100 mila dollari da devolvere in beneficenza.
Il golf, inventato dagli scozzesi, è uno sport particolare: ci sono regole di comportamento da osservare (etichetta) e quando si gioca ci si arbitra in pratica da soli. Presuppone dunque un’onestà di fondo, perché far sparire e comparire palline in mezzo a prati e boschi con l’avversario a 200 metri di distanza non è facile, è facilissimo. Una ricerca garantisce che l’85 per cento dei circa 30 milioni di golfisti americani giochi rispettando le regole. Trump rientra nel 15 per cento che non le rispetta e, sempre secondo Reilly, «dire Donald Trump bara è come dire Michael Phelps nuota. Bara ad altissimo livello, davanti a centinaia di persone e quando nessuno lo guarda. Bara, che piaccia o no, perché è così che lui intende il golf. Non importa se gioca con il farmacista o con Tiger Woods. Se giochi con Trump, sai che lui barerà e non potrai farci niente».
Il presidente non si accontenta di marcare meno colpi sul suo score, segue anche precise strategie di gioco. Pretende di tirare sempre per primo (violazione: il primo colpo va a chi ha vinto la buca precedente) e, appena colpita la palla, salta sul suo cart lasciando i compagni sul tee di partenza. Questo «vantaggio» gli permette di sistemare le cose: correggere un tiro finito nel bosco, mandarci magari la palla dell’avversario. Tutte cose ovviamente vietatissime.
Per evitare rischi, Trump porta sempre con sé otto palline identiche. E se una non si trova, basta sostituirla. In questo lo aiutano i suoi caddie, addestrati dal presidente (e spesso datore di lavoro) a ritrovare in mezzo al fairway anche le palle finite in acqua. I caddie del Winged Foot Golf Club di New York lo chiamano Pelè, per l’abilità nel calciare le palline (sue e altrui) nel posto giusto. Uno di loro, protetto dall’anonimato, ha dichiarato: «Bara in maniera disgustosa, ma bisogna ammettere che in quello che fa c’è del genio». Come, per esempio, portare nella sacca una bomboletta di spray rosso. Se un albero ferma un suo colpo, lo segna con una «x» e pretende che venga abbattuto.
Trump mente sul suo handicap, afferma sia 2,8 ma pare sia 10 (più è basso l’handicap, migliore è il giocatore) e si è sempre vantato (e lo ha twittato in campagna elettorale) di aver vinto 18 campionati consecutivi del suo circolo. Reilly ha indagato a fondo anche su questo. Conclusione: 16 bugie, due gare incomplete, zero conferme. Perché lo fa? «Perché vuole vincere – conclude Reilly —, come, non gli interessa. Quando gli ho chiesto perché racconta bugie, ha risposto: “Perché le bugie suonano meglio”».
Insomma, Trump bara e mente. Calpesta l’etichetta e l’erba curatissima dei green con le ruote del suo cart. A Reilly, per ora, il presidente non ha risposto. Ma se davvero si sfideranno sulle 18 buche in campo neutro, sarà un problema trovare i due arbitri.