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 2019  aprile 07 Domenica calendario

Intervista a Arianna Ciccone

Arianna Ciccone, fondatrice del Festival del Giornalismo di Perugia, è nata a Dazio (Napoli).
“Avremo sempre bisogno del giornalismo, è indispensabile alla società”. Arianna Ciccone è la fondatrice del Festival del Giornalismo di Perugia: oggi si è conclusa la tredicesima edizione.
Arianna Ciccone, il giornalismo interessa ancora nonostante le difficoltà del settore?
Questa edizione è stata la migliore di tutti questi tredici anni, per quantità e qualità dei contenuti, ospiti internazionali, ma anche un pubblico curioso e partecipe. È arrivata gente da tutto il mondo. Abbiamo ospitato più di seicento professionisti del settore in qualità di speaker, per oltre trecento eventi. Tutte le sale erano esaurite.
Tra i principali sponsor del festival c’è Facebook, cosa che vi è costata qualche polemica.
Qualcuno ha sostenuto che la scelta potesse stridere con la battaglia dei giornalisti in difesa del diritto d’autore. Ma secondo me non c’è alcun conflitto di interessi: molti nei media, me inclusa, sono critici sulla riforma del copyright appena approvata dal Parlamento europeo. Negli ultimi tempi i diritti dei cittadini, dalla libertà di espressione alla condivisione della conoscenza, sono rimasti schiacciati tra gli interessi delle grandi piattaforme e quelli delle grandi testate.
Ma i social contribuiscono alla crisi dei giornali o offrono loro nuove opportunità?
Dire che i social stanno uccidendo il giornalismo è una sciocchezza. Offrono una grande occasione non solo per arricchire i contenuti e trovare storie, ma anche per andare incontro a quelli che dovrebbero essere i punti di riferimento dei giornalisti: i cittadini. Creano un ponte per raggiungere i lettori.
Cosa pensa di Apple News, l’App che, per 9,99 euro al mese, offre quotidiani e riviste? Aiuterà le testate esistenti o farà concorrenza alle loro offerte di abbonamento?
Sinceramente non saprei, tutti i tentativi per testare delle possibilità alternative di business sono da percorrere. Gli editori non hanno molte alternative, la situazione attuale li costringe a sperimentare.
Non è un momento roseo per la stampa. Che futuro ha il giornalismo italiano?
Difficile da dire. Vedo pochi investimenti e troppa chiusura verso il digitale, che sta diventando l’unica strada percorribile. Avremo sempre bisogno del giornalismo, è indispensabile alla società. Potranno cambiare le modalità di diffondere contenuti, ma non di certo l’esigenza delle persone di informarsi.
In Italia c’è un approccio molto diverso rispetto all’estero: manca la visione lungimirante dei giornali americani, per esempio, e il ricambio generazionale è quasi inesistente. Molti giovani vorrebbero accedere al mestiere ma hanno la strada sbarrata, e le testate che provano a entrare sul mercato vengono stritolate da quelle esistenti. Se editori e giornalisti cercano soltanto di replicare un passato che non tornerà mai, allora il giornalismo italiano non ha futuro. Se invece si accettano sfide e cambiamenti, qualche possibilità di salvarsi c’è.