Corriere della Sera, 5 aprile 2019
Scamarcio, gangster nella Milano anni 80
Riccardo Scamarci, attore, è nato a Trani.
Riccardo Scamarcio ha ripensato a certe persone che stazionavano davanti ai bar di Andria, la cittadina pugliese in cui è nato, per costruire il personaggio del malavitoso che rapina, sequestra, uccide. Eppure risulta simpatico. «Li vedevo col Rolex al polso e le auto di lusso e non si capiva bene la situazione, si definivano imprenditori, facevi fatica a credergli». Lo spietato di Renato De Maria (uscita contingentata dall’8 al 10 nelle sale e dal 19 disponibile su Netflix), è nel solco della migliore tradizione dei film sulla mafia. «Però l’elemento che abbiamo messo in più è che si tratta di una gangster comedy», racconta l’attore nei panni di Santo. «Pentiti, Santo», gli ordina invano la moglie, così devota alla Chiesa, Sara Serraiocco, da lui tradita per la francesina Marie-Ange Casta, sorella minore di Laetitia che impersona un’artista, l’amante, la pupa del gangster, inevitabilmente bionda. Timidamente, dice nella sua lingua: «Era un’offerta che non potevo rifiutare, adoro i pazzi, ero nel posto giusto. (Curioso: oggi è il turno della sorella, a Roma per un film dal titolo che va da un’altra parte, L’uomo fedele). Riccardo è l’io narrante della parabola di Santo, della sua ascesa e caduta: «Quando il regista mi ha detto che il riferimento era Goodfellas, Quei bravi ragazzi di Martin Scorsese, ho aderito di slancio». Il suo Santo, partito bambino con la famiglia in treno dalla Calabria, arriva a Milano negli anni d’oro della moda, di soldi facili, dell’arte d’avanguardia e delle discoteche. È la Milano da bere degli anni 80, dove vince chi ha più sete. Dal grigiore e dal terrorismo degli anni 70, alla futilità e all’edonismo, dalle Brigate Rosse agli yuppies e ai paninari. Il regista dice che «è una storia che mi apparteneva sia per ragioni autobiografiche che generazionali».