la Repubblica, 4 aprile 2019
Il caso Kean
Moise Kean ha messo su Instagram l’immagine di sé a braccia larghe in faccia alla curva del Cagliari: «La miglior risposta al razzismo» ha scritto, lasciando intendere che fosse un gesto di sfida a chi lo aveva insultato per il colore della pelle. La posa del diciannovenne attaccante della Juventus – nato a Vercelli da genitori ivoriani, primo nato nel Duemila a segnare in A e in Nazionale (due reti nelle ultime due partite) – ha scatenato gli istinti degli ultrà, che l’hanno presa come una provocazione: non si esulta fissando con aria spavalda la schiera avversaria. È la stessa posa con cui reagì l’inglese di origini giamaicane Sterling dopo un gol in Montenegro- Inghilterra giocata in un clima irrespirabile. È la stessa ostentata tante volte da Mario Balotelli ( per Kean, un modello), tra i primi a esporsi ieri sull’ultima vicenda a sfondo razzista del nostro calcio, che ha presto varcato i confini: in Francia, il presidente federale Noël Le Graët ha scritto un messaggio di solidarietà «per esprimere sostegno e amicizia a Blaise Matuidi e Moise Kean, vittime di episodi intollerabili». Matuidi, parigino originario di una minoranza congolese in Angola, è quello che a Cagliari ha reagito in maniera più veemente, perché aveva un nervo scoperto: lo scorso anno denunciò insulti razzisti in quello stadio. Quando ha sentito la curva bersagliare Kean s’è indignato, chiedendo all’arbitro di intervenire, e poi ha confessato ai compagni: «La prossima volta che succede esco dal campo, basta». Il più scosso era proprio lui, mentre gli juventini hanno badato a proteggere Kean, la cui esultanza muta ma sfacciata lo ha fatto passare per provocatore, anche se lui ha confidato che già in precedenza gli erano piovuti addosso insulti. Uno dei tre ispettori federali presenti ha messo a referto solo quelli successivi al gol: l’episodio viene circoscritto a 30-40 tifosi, domani il giudice sportivo ne valuterà l’entità. La Digos sta visionando i filmati delle telecamere dello stadio e delle televisioni. Il Cagliari rischia un turno con la curva chiusa, più un altro per la recidiva. «I nostri giocatori non esultano sfidando i tifosi avversari», ha detto il presidente sardo Giulini. E anche Allegri, l’allenatore di Kean, non aveva sorvolato ( «Enfatizzare certi gesti non serve a niente»), così come Bonucci, che a caldo aveva detto: «Diciamo che la responsabilità di quello che è successo è 50 e 50», frase che è costata al difensore un diluvio di critiche internazionali, a cominciare da quelle degli stessi Sterling e Balotelli ( «Fortuna di Bonucci che non c’ero lì io…», ha detto Mario), per non aver condannato il razzismo senza se e senza ma, cosa che avrebbe fatto poi più tardi su Instagram. Ma Kean rischia davvero di dividere l’Italia come già Balotelli, e per questo è intervenuto il suo capitano Chiellini: «Moise non deveessere preso di mira per quello non è. Deve essere trattato come Zaniolo, Barella, Chiesa e come loro considerato la nostra speranza. Non merita di venire etichettato. Ha bisogno di tanta vicinanza e di tanta protezione. L’altra sera non ha fatto che una cosa, gol», anche se poi non lo ha celebrato con il solito balletto gioioso. «Se quella di Kean fosse stata una provocazione l’arbitro l’avrebbe ammonito. E comunque nulla può giustificare cori del genere», lo ha difeso Pjanic. Alla fine, forse la frase più sensibile l’ha detta Chiellini: «Matuidi è un ragazzo d’oro, se ha avuto una reazione così non è certo impazzito. Ma noi non possiamo neanche capire cosa provano loro».Ieri mattina Kean si è recato al Centro Paideia di Torino, che offre assistenza a bimbi disabili, è tornato su Instagram e citato Bob Marley: «Amo la notte perché di notte tutti i colori sono gli stessi e io sono uguale agli altri».