Il Sole 24 Ore, 4 aprile 2019
La nuova fabbrica di Brembo in Cina
«La Cina non è soltanto la nuova frontiera dell’automotive industry. La Cina è già adesso la prima realtà dell’auto internazionale. Ed è fondamentale per lo sviluppo della Brembo. Questo Paese sta compiendo un grande balzo in avanti, che non è più soltanto quantitativo ma che è anche qualitativo: in tutta l’industria in generale e nell’auto in particolare. E noi ci siamo».
Alberto Bombassei, fondatore e presidente della Brembo, ha inaugurato ieri il nuovo polo produttivo di Nanchino per la produzione di pinze freno in alluminio. Un investimento da 100 milioni di euro – nella nuova fabbrica lavoreranno 450 addetti – che integra fonderia e linee produttive e che sorge a fianco dello stabilimento per la realizzazione di dischi freno, aperto nel 2012.
Alla presenza del viceministro della scienza e della tecnologia Xu Nan Ping, del sindaco di Nanchino Lan Shaomin, di Michele Geraci (sottosegretario allo Sviluppo economico e uno dei propiziatori del memorandum of understanding fra Italia e Cina sottoscritto durante la visita a Roma di Xi Jinping) e dell’ambasciatore a Pechino Ettore Sequi, si è aggiunto un tassello al mosaico della presenza in Cina di Brembo, che a sua volta è una tessera di un quadro ancora più ampio che riguarda il futuro strategico dell’impresa di Bergamo.
L’anno scorso, in Cina, Brembo ha sviluppato un fatturato pari a 300 milioni di euro (+11% rispetto al 2017). Con l’investimento di Nanchino, Brembo ha qui ora cinque fabbriche più una società commerciale: 1.800 addetti in tutto. Nota Bombassei: «Entro cinque anni questo sarà il nostro maggiore mercato. Le case automobilistiche europee, con i loro stabilimenti, hanno avuto un effetto positivo su tutto il sistema manifatturiero cinese. Noi, qui, serviamo soprattutto i marchi tedeschi di alta gamma. Ma è sotto gli occhi di tutti che anche i produttori cinesi, che oggi valgono per poco meno del 10% del nostro giro d’affari, stanno migliorando la qualità delle loro macchine. Per essere al passo di un contesto così competitivo, abbiamo fondato quattro anni fa a Nanchino un laboratorio di Ricerca & sviluppo con una quindicina di addetti. Questa funzione sarà sempre più importante».
Le scelte industriali si inseriscono sempre in un contesto geopolitico. «È un caso che questa inaugurazione avvenga a pochi giorni dalla visita a Roma di Xi Jinping. L’investimento di Brembo a Nanchino non è rientrato nel memorandum, perché era programmato da tempo», dice il presidente di Brembo. Bombassei, che è anche presidente della Fondazione Italia Cina, sottolinea la possibilità che l’adesione dell’Italia alla Via della Seta riesca a ridurre il ritardo negli scambi commerciali e industriali fra i due Paesi: «La visita di Xi Jinping è stata tutto sommato positiva. Lui è rimasto impressionato dall’Italia più di quanto si aspettasse. Nel corso della visita, ogni sua rigidità si è sciolta». Bombassei sorride al pensiero di un’altra coincidenza politica: «Nel dicembre del 2016, pochi giorni dopo l’inaugurazione del nostro impianto di Monterrey in Messico, negli Stati Uniti veniva eletto presidente Donald Trump, che minacciava di costruire il muro fra i due Paesi e prospettava di rompere l’area di libero scambio Nafta con il Canada e appunto il Messico. Per fortuna, finora non abbiamo avuto nessun impatto negativo dalle politiche di Trump».
La scelta industriale compiuta a Nanchino è, appunto, di natura strategica: per il respiro del mercato, che ha ordini di grandezza comunque rilevanti nonostante il rallentamento dell’economia cinese, e per la sua vicinanza alla nuova frontiera tecnologica, rappresentata dall’auto elettrica. Secondo la China Passenger China Association, nel 2018 le auto vendute sono state 22,7 milioni, con un calo del 6% rispetto all’anno prima, in coerenza con una generale contrazione della crescita del Pil che, per quest’anno, è stimata comunque fra il 6 e il 6,5 per cento.
Sotto il profilo produttivo, qui a Nanchino da ora saranno appunto operative 67 linee produttive dedicate a pinze e fuselli e una fonderia, con un potenziale manifatturiero superiore ai 2 milioni di pezzi all’anno. La marginalità industriale è elevata, in una realtà commerciale e produttiva che è per esempio alla base della solidità dei produttori tedeschi, che qui fanno i guadagni netti con cui sostengono le loro poderose e dispendiose strutture in tutto il mondo: «Anche per noi la Cina comporta una marginalità elevata e superiore alla media, in coerenza con quella ottenuta qui dai grandi assemblatori finali stranieri», nota Matteo Tiraboschi, vicepresidente esecutivo di Brembo.
La Cina è anche la culla dell’elettrico, la nuova tecnologia di cui controlla l’intera filiera a livello internazionale – con un presidio di forte impatto geopolitico sull’Africa e sull’Asia – e che spinge tantissimo nelle infrastrutture e negli incentivi, come motore di sviluppo industriale: nel 2018 sono state vendute 1,25 milioni di auto elettriche. «Per noi la Cina è un punto di osservazione privilegiato. Stiamo operando molto sull’elettrico. Il primo modello della Tesla montava un nostro freno, che era ancora di concezione tradizionale. Ora stiamo lavorando al primo freno esclusivamente elettrico, senza congegno idraulico e tutto con intelligenza digitale. Entro due anni sarà pronto. Su questo stiamo per chiudere con un cliente, che però non è cinese, ma è europeo. Tuttavia, pure in questo segmento che è fondamentale per il nostro futuro, il radicamento in questo Paese sarà vitale», conclude Tiraboschi sottolineando, ancora una volta, la centralità strategica della Cina per tutta l’industria dell’auto e, dunque, anche per la Brembo.