il Giornale, 4 aprile 2019
Il signor Citroen
Milano Due puntini su una e (una dieresi) e un ingranaggio a cuspide (il double chevron). Volendo riassumere la storia di un uomo illuminato come André Citroën e di una Casa automobilistica che festeggia (con un fitto calendario di appuntamenti) i suoi primi 100 anni, non si può prescindere da questi due piccoli dettagli. Il primo ciak di un film affascinante che racconta una rivoluzione a quattro ruote, destinata a stupire ancora, almeno per i prossimi cento anni. A cominciare da quel cognome, Citroën, che non sarebbe mai nato se Napoleone, nel 1811, non avesse ordinato il censimento di tutte le famiglie residenti nei governatorati francesi, Olanda inclusa.
Molti scelsero un nome legato al proprio lavoro, così Roelof, venditore di frutta esotica della Guinea Olandese, diviene Roelof Limoenmann, ovvero «l’uomo dei limoni». Passano gli anni e il figlio Barend, sceglie Citroën, che in olandese significa limone, e quando nel 1870 si trasferisce in Francia, decide di aggiungere la dieresi: voilà Citroën. Un cognome unico nel pianeta. Un’avventura che è stata la vita di Andrè Citroën. Nel corso della quale troverà intrecci curiosi con Joshepine Baker, come con Charlie Chaplin o con Henry Ford, ossessionato dal profitto e, per questo motivo, inviso da Citroën, animato, al contrario, dal rispetto del lavoro di donne e uomini per alleggerire loro il peso della catena di montaggio con una serie di strutture all’avanguardia come infermerie, laboratori di analisi, asili e persino un cinema all’interno della fabbrica.
E poi quella scintilla che distingue i mediocri dai geni, la sintonia «rivoluzionaria» con altri visionari incontrati nel suo cammino, come lo scultore Flaminio Bertoni, denigrato alla Macchi di Varese per le sue idee troppo avveniristiche, e proprio per questo motivo assunto subito da monsieur André.
Così, non a caso, al Casello dei Dazi di Milano, un tempo porta doganale all’ingresso della Strada del Sempione che da Milano conduceva in Francia, Maurizio Marini, responsabile del Centro documentazione storica Citroën, ha distillato aneddoti, curiosità e tappe salienti, raccontando la vita di André Citroën e, di pari passo, quella della Casa da lui fondata. Dal viaggio in Polonia che André compi nel 1901, appena laureato al Politecnico, che gli permise rilevare il brevetto degli ingranaggi a cuspide: primo passo verso la fondazione della fabbrica di ingranaggi Citroën (1905) da cui la silhouette delle due punte di freccia direzionate verso l’alto, double chevron, che è ancora il simbolo aziendale. E poi il sogno che, nel marzo del 1919, diventa realtà con la Type A, il primo modello di casa Citroën supportato a maggio con la pubblicità: «10HP, la prima automobile francese costruita in grande serie» e dalle «Carovane Citroën» che girano per città e paesi perché tutti possano provarle.
Nel 1922, alla vigilia del Salone dell’auto, fa distribuire volantini che invitano a «Regardez le ciel» e, puntuale, all’apertura del Salone, un aereo vola su Parigi scrivendo, con lettere di fumo, Citroën. Nel 1925 stupisce Parigi e il mondo: il nome Citroën illumina la Tour Eiffel. L’idea è del fiorentino Fernando Jacopozzi con chilometri di cavo, migliaia di lampadine e l’aiuto di acrobati, imbianchini, marinai e manovali. Quindi la svolta, nel 1934, con la Traction Avant, cui lavorò Flaminio Bertoni con modelli di creta per applicare la sua sensibilità di scultore alla progettazione di una carrozzeria rivoluzionaria
Il resto è una collana di pietre miliari del «Double Chevron»: la 2 Cavalli, la Dyane, la Mehari, lo «squalo» DS fino alla C5 Aircross. Un Dna che, in 100 anni, non ha mai perso i cromosomi della fantasia.