ItaliaOggi, 3 aprile 2019
Kyoto, un robot spiega i testi del buddismo
Dopo oltre 400 anni di ragionevole ortodossia, il rinomato tempio di Kodaiji, fondato nel 1606 a Kyoto, l’antica capitale del Giappone, cede alla modernità e introduce nei riti della scuola Rinzai-shü del Buddismo Zen un discepolo robotico incaricato di condurre i fedeli verso il satori, l’illuminazione improvvisa. Il nuovo maestro si chiama Mindar, è alto 195 cm, pesa 60 kg ed è fatto principalmente di silicone e alluminio. Le sue fattezze dovrebbero richiamare quelle di Kannon, la dea buddista della compassione, per quanto siano calcolatamente androgine di modo che i visitatori al Tempio possano interpretare come meglio credono il suo genere. L’androide è stato creato in collaborazione con la facoltà di robotica intelligente dell’Università di Osaka
Per rendere più naturale il dialogo, Mindar muove gli occhi, mani e torso. A necessità, porta le mani insieme in segno di preghiera. Una telecamera miniaturizzata all’interno del bulbo oculare sinistro permette all’androide di identificare i suoi interlocutori e di guardarli negli occhi mentre presenta una lezione basata sul Sutra del cuore, un testo fondamentale del buddismo sulla dottrina della «vacuità», la insostanzialità di tutti i fenomeni e l’irrealtà del «reale».
La dottrina è considerata pressoché incomprensibile da molti, ma si considera che proprio la difficile comprensione possa portare all’illuminazione, come nel caso dello studio degli enigmatici köan, sorta di problemi senza soluzione razionale, un’altra pratica caratteristica dello zen Rinzai-shü. È una ricerca che fa scomparire i pensieri e così svaniscono anche i bisogni dell’io…