Corriere della Sera, 3 aprile 2019
Levante contro tutti. Intervista
Levante lancia una molotov. La fiamma accesa, il corpo teso nel gesto. La cantautrice si vede così, combattente, arrabbiata, determinata, sulla foto di copertina di «Andrà tutto bene», canzone che segna il suo ritorno (esce venerdì) e anticipa un album in arrivo in autunno. Una canzone con un testo in cui la sfiducia per una «società senza memoria», passa per immagini dirette. Sul tema migranti: «se muore un uomo in mezzo al mare/ è solo un immigrato». Sul caso Cucchi: «Arrestano un ragazzo/ Lo uccidono per spaccio». Sulle catastrofi ambientali: rifiuti che assediano il mare (e forse anche i sentimenti).
La ragazza romantica, la cantautrice color pastello... Che succede?
«Volevo un’immagine provocatoria, qualcosa che simboleggiasse una rivolta. La canzone non è leggera e volevo che la grammatica visiva fosse coerente. La molotov è rossa, il maglione che indosso pure. E rosso sarà il colore del disco: passione, vita, flusso della memoria. tema che tornerà nel disco e nel tour estivo in cui poterò in luoghi del passato uno spettacolo del futuro».
Lei dipinge un mondo che non funziona. C’è spazio per la speranza?
«La canzone è come il notiziario di un presente spaventoso e apocalittico. Il titolo è enigmatico, sembra quasi il sorriso della Monna Lisa: può essere la speranza nel futuro ma anche un modo per dirsi una menzogna. Quella frase arriva verso la fine: è la presa di coscienza dopo l’elenco delle cose che mi angosciano e che ho buttato fuori e fermato sul foglio bianco. È l’ansia che mi sta regalando il presente».
Faccia il direttore del tg. Con cosa aprirebbe?
«Il tema che mi fa più incazz... è il caso Cucchi. Non sono contro l’Arma ma contro i singoli. Mi ha spaventato l’abuso di potere e la divisione dell’opinione pubblica. Davanti alla morte non puoi dire “era un drogato”. È come chiedere “come’eri vestita?” a una donna violentata».
A un certo punto si domanda se questo è il futuro che sognava. Era così?
«Parlo a me stessa, alla donna che immaginavo di diventare. Non me lo aspettavo. Viviamo un futuro senza memoria, abbiamo dimenticato fatti incresciosi che ora tornano, si ripropone la destra fascista ed estrema che comunica solo odio».
Quando era ragazzina era incendiaria o pompiere?
«Partecipavo, sono stata rappresentante di classe e di istituto, ma senza ossessione politica. Nella musica ho riscoperto questo lato sociale. Arrivo all’età adulta, ho 32 anni, e dopo aver indagato introspezioni e malinconia apro la finestra mi guardo intorno. In passato ho scritto canzoni su omosessualità e violenza sulle donne, questa volta quell’anima è uscita ancora di più».
Sono pochi i suoi colleghi cantautori che lo fanno...
«In molti vedo paura di perdere il consenso. L’impegno politico dell’artista è malvisto. In questi mesi quando ho detto la mia sui social la risposta è stata spesso “pensa a cantare”. So che con questa canzone mi ficcherò nei guai. Però c’è anche chi si espone. Vedi Emma con la frase sui porti da aprire o la canzone dei Negramaro sui migranti».
Dal precedente album a questo c’è stata anche l’esperienza a «X Factor».
«È stata bella e formativa. Ho capito cosa sono e cosa non sarò mai».
Cioè?
«Che non sono una miracolata, che ho fatto un percorso che ha lasciato cicatrici e sbucciature sulle ginocchia, che ha avuto cadute e risalite. Da giudice tutto questo non dipende da te. Contano il banco, la fortuna di trovare l’annata giusta per i cantanti...»
Cosa non è andato?
«È stata un’edizione dove ho sentito violenza. C’è stata tanta competizione e anche se mi avevano detto “siamo competitivi ma poi andiamo a farci pizza e birra” alla fine pizza e birra non le abbiamo mangiate assieme».
Da non ripetere?
«Bella ma non ci vivrei, come si dice di alcune città. Loro hanno avuto me, io ho avuto loro. Non avrebbe senso ripetere l’esperienza».