https://www.lettera43.it/it/articoli/politica/2019/04/02/macron-moglie-eta-carriera-altezza-studi/230600/, 26 marzo 2019
1. ''LA VITA NON TORNERÀ ALLA NORMALITÀ IN POCHE SETTIMANE O POCHI MESI''. SCENDONO IN CAMPO I PEZZI GROSSI DELLA RICERCA (MIT E IMPERIAL COLLEGE): DOVREMO CAMBIARE RADICALMENTE TUTTO CIO' CHE FACCIAMO: LAVORO, ESERCIZIO FISICO, SOCIALITA', SHOPPING, SALUTE, ISTRUZIONE, CURA DEI FAMILIARI - RISCHIAMO ''QUARANTENE INTERMITTENTI'': SI ESCE, MA QUANDO I CASI IN TERAPIA INTENSIVA CRESCONO, CI SI RITAPPA IN CASA 2. MA OLTRE ALLA SPERANZA IN FARMACI E VACCINI, C'È UNA STRADA PIÙ ''OTTIMISTICA'', IN CUI PERÒ RINUNCIAMO ALLA PRIVACY E LIBERTA' DI MOVIMENTO: SEI STATO VICINO A UNO RISULTATO POSITIVO? NON ENTRI ALLO STADIO O AL CONCERTO O A SCUOLA. I NOSTRI MOVIMENTI TRACCIATI
Post di Fabio Sabatini, professore di Economia alla Sapienza di Roma: https://www.facebook.com/fabio.sabatini/posts/10157527567719843
Molti di noi non si rendono conto che la vita non tornerà alla normalità in poche settimane o pochi mesi. È il concetto stesso di normalità che è destinato a cambiare, per lungo tempo. È un cambiamento che dovremo interiorizzare in fretta, per impedire ai sistemi sanitari e all'economia di collassare, moltiplicando i danni dell'epidemia.
Un team di epidemiologi dell'Imperial College guidato da Neil Ferguson ha simulato l'evoluzione dell'epidemia nel Regno Unito in diversi scenari, ognuno caratterizzato da diverse misure di contrasto (https://bit.ly/3943b1c).
Gli autori stimano che strategie "leggere" (come quella inizialmente ipotizzata da Boris Johnson, basata sull'isolamento dei casi sospetti, la quarantena dei loro parenti e l'isolamento sociale di anziani, immunodepressi e pazienti cronici) potrebbero dimezzare i decessi e ridurre di 2/3 il flusso di malati nei reparti di terapia intensiva. Tuttavia, nel solo Regno Unito morirebbero comunque centinaia di migliaia di persone e il sistema sanitario collasserebbe lo stesso.
Secondo la simulazione, si può sperare di arrestare l'epidemia solo mediante una lunga quarantena dell'intera popolazione combinata con la chiusura delle scuole e delle università e il contemporaneo isolamento dei casi sospetti e delle loro famiglie (come nello Hubei).
La figura a sinistra mostra la pressione dell'epidemia sul sistema sanitario nei diversi scenari di policy. Il problema è che tali misure dovrebbero restare in vigore finché non sarà disponibile un vaccino, cioè per almeno 18 mesi, secondo gli autori. Sempre ammesso che un vaccino sia possibile.
La simulazione prevede che ogni allentamento delle restrizioni prima che l'epidemia sia completamente debellata consentirà al virus di diffondersi di nuovo. Dovremo ricominciare da capo. È chiaro che i costi della strategia "forte" sono troppo alti. Gli autori suggeriscono allora di applicarla non sempre ma "solo" ogni volta che i reparti di terapia intensiva vanno sotto pressione, e rilassarla quando la pressione si allenta.
La figura a destra è una rappresentazione grafica di tale approccio (i rettangoli blu sono le fasi di lockdown). Anche in tale scenario, il lockdown dovrebbe durare 2/3 del tempo per essere efficace, per esempio due mesi sì e uno no, per la durata necessaria a ottenere un vaccino (sempre ammesso che sia possibile) e nella speranza di trovare, nel frattempo, una terapia farmacologica efficace che risolva una parte del problema. Di nuovo, 18 mesi. Anche in questo modo però i costi saranno altissimi e non è detto che potremo permetterceli. Non senza ripensare le interazioni sociali, cambiare radicalmente stile di vita e, nei limiti del possibile, l'organizzazione dei processi produttivi.
È evidente che la vita non tornerà presto alla "normalità" cui siamo abituati. Ora, il lockdown può essere supportato da strategie complementari, come il tracciamento "aggressivo" dei potenziali contagiati effettuato oggi in Corea del Sud e a Taiwan (che non è preso in considerazione nelle simulazioni degli autori).
Il tracciamento digitale dei potenziali contagiati e della loro rete di contatti ci offre una grande opportunità, a patto che sia volontario, duri solo il tempo necessario a sconfiggere l'epidemia, e vi sia la massima chiarezza e trasparenza sull'uso dei dati personali. Gideon Lichfield (chief editor della MIT Technology Review) avverte dei pericoli di un tracciamento prolungato nel tempo in cui le autorità condividono i dati del sistema di "sorveglianza" con altri soggetti pubblici e privati (il pezzo è qui: https://bit.ly/38ZDz5v).
Per esempio, Lichfield immagina un mondo in cui per salire su un aereo dovremo sottoscrivere un servizio che traccia i nostri spostamenti, in modo che la compagnia aerea riceva un alert se ci siamo avvicinati troppo a persone infette o focolai d'infezione. Un sistema simile potrebbe essere usato per filtrare l'accesso anche ad altri luoghi pubblici. Oggi i nightclub chiedono di dimostrare la maggiore età, domani potrebbero chiedere una prova di immunizzazione, e finiremo con l'adattarci anche a tali misure come ci siamo abituati ai controlli antiterrorismo in aeroporto.
Da qui a immaginare un mondo in cui le persone con accesso limitato al sistema sanitario e/o che vivono in aree a maggiore rischio di contagio (probabilmente le più povere) sono sistematicamente discriminate il passo è breve.
In ogni caso, sembra chiaro che il costo più duro dell'epidemia lo pagheranno i più deboli. I lavoratori precari potrebbero diventare ancora più precari. Gli immigrati, i rifugiati e gli ex detenuti troverebbero un nuovo ostacolo all'integrazione in una società sempre più stratificata e segregata. I criteri di discriminazione potrebbero allargarsi, per esempio a chi percepisce un reddito inferiore a una certa soglia o vive in certe aree di un paese. Quello immaginato da Lichfield è solo uno dei tanti scenari possibili (uno dei peggiori). E può sempre darsi che a migliorare la situazione intervengano fattori esogeni (il tempo, una mutazione del virus) o endogeni (una cura, un vaccino). Ma è chiaro che la normalità in cui siamo cresciuti non tornerà tanto presto e che dobbiamo affrettarci a interiorizzare tale cambiamento radicale. E a contrastare il virus con strategie quanto meno più "aggressive". Nel farlo, dovremo tenere conto anche dell'effetto dell'epidemia sulle disuguaglianze.
2. IL PAPER INGLESE È STATO ''CORRETTO'' DA ALTRI RICERCATORI: INTRODUCENDO IL TRACCIAMENTO DEI CONTATTI E IL MONITORAGGIO PORTA A PORTA, SI PUÒ RIDURRE L'ESIGENZA DELLE QUARANTENE
Quel paper è già stato efficacemente smontato pezzo per pezzo, luckily. Per citare solo due delle innumerevoli problematiche: "They ignore Contact Tracing, door-to-door monitoring...".
Where lives are at stake, it's essential for science to adhere to higher standards. pic.twitter.com/l6ty6Gesep — Federico Baggi (@Federico_Baggi) March 19, 2020
3. NON TORNEREMO PIÙ ALLA NORMALITÀ. ECCO COME SARÀ LA VITA DOPO LA PANDEMIA Gabriele Capolino per ''Milano Finanza''
“Per fermare il coronavirus dovremo cambiare radicalmente quasi tutto quello che facciamo: come lavoriamo, facciamo esercizio fisico, socializziamo, facciamo shopping, gestiamo la nostra salute, educhiamo i nostri figli, ci prendiamo cura dei nostri familiari”. Così comincia un’analisi di Gordon Lichfield, direttore di MIT Technology Review (il magazine della prestigiosa università americana) dedicato ai cambiamenti nella vita personale e nel mondo del business che la pandemia finirà per cristallizzare anche dopo che sarà attenuata. “La maggior parte di noi probabilmente non ha ancora capito, e lo farà presto, che le cose non torneranno alla normalità dopo qualche settimana, o addirittura dopo qualche mese. Alcune cose non torneranno mai più”.
Lichfield parte dalla constatazione, a cui si è arreso anche il governo inglese, che ogni Paese abbia bisogno di fare come l’Italia, cioè appiattire la curva dei contagi: imporre un distanziamento sociale per rallentare la diffusione del virus per evitare il collasso del sistema sanitario. Ciò implica che la pandemia deve durare, attenuata, fino a quando non ci sarà un numero sufficiente di persone che hanno avuto il Covid-19 in modo da lasciare la maggior parte degli altri immuni (supponendo che l'immunità duri per anni, cosa che non sappiamo) o che nel frattempo non si trovi un vaccino.
Quanto tempo ci vorrebbe e quanto devono essere draconiane queste restrizioni sociali? Trump ha detto che "con diverse settimane di azione mirata, possiamo svoltare l'angolo e capovolgere la situazione in fretta". In Cina, sei settimane di isolamento cominciano ad alleggerire la situazione, ora che i nuovi casi sono caduti in prescrizione.
Ma non finirà qui. Finché qualcuno nel mondo avrà il virus, le epidemie continueranno a ripetersi, senza controlli rigorosi per contenerle. In un rapporto di martedì 17, i ricercatori dell'Imperial College di Londra hanno proposto un metodo di controllo: imporre misure di distanziamento sociale più estreme ogni volta che i ricoveri nei reparti di terapia intensiva (ICU) iniziano ad aumentare, e rilassarli ogni volta che i ricoveri diminuiscono.
Nel grafico 1 all'inizio di questa pagina, la linea arancione è quella dei ricoveri in terapia intensiva. Ogni volta che superano una soglia, per esempio, 100 alla settimana, il paese dovrebbe chiudere tutte le scuole e la maggior parte delle università, adottando il distanziamento sociale. Quando scendono sotto i 50 ricoveri, queste misure verrebbero revocate, ma le persone con sintomi o i cui familiari hanno sintomi rimarrebbero comunque confinate a casa.
Come si misura la "distanza sociale"? I ricercatori la definiscono così: "Tutte le famiglie riducono del 75% i contatti al di fuori della famiglia, della scuola o del posto di lavoro". Significa che ognuno fa tutto il possibile per ridurre al minimo i contatti sociali e, nel complesso, il numero di contatti diminuisce del 75%.
Secondo questo modello, concludono i ricercatori, il distanziamento sociale e la chiusura delle scuole dovrebbero essere in vigore per circa due terzi del tempo, attivo due mesi e un mese in pausa, fino a quando non sarà disponibile un vaccino, il che richiederà almeno 18 mesi (se funziona).
Diciotto mesi !? Sicuramente ci devono essere altre soluzioni. Perché non costruire più unità di terapia intensiva e trattare più persone contemporaneamente, per esempio? Beh, nella simulazione dei ricercatori, non risolve il problema. Senza il distanziamento sociale dell'intera popolazione, anche la migliore strategia di mitigazione (che significa isolamento o quarantena dei malati, dei vecchi e di coloro che sono stati esposti, più la chiusura delle scuole) porterebbe comunque a un'ondata di malati gravi otto volte superiore a quella che il sistema statunitense o britannico possono affrontare (nel grafico 2 è la curva blu più bassa; la linea rossa piatta è il numero attuale di posti letto in terapia intensiva).
Anche se si impostassero fabbriche per sfornare letti e ventilatori e tutte le altre strutture e forniture, si avrebbe comunque bisogno di molti più infermieri e medici per prendersi cura di tutti.
Si potrebbe allora imporre restrizioni per un solo lungo periodo di cinque mesi? Non va bene neanche così: una volta eliminate le misure di distanziamento, la pandemia scoppierebbe di nuovo, solo che questa volta sarebbe in inverno, il momento peggiore per sistemi sanitari già troppo tesi.
E se si decidesse di essere brutali, fissando una soglia molto più alta del numero di ricoveri in terapia intensiva oltre la quale innescare il distanziamento sociale, accettando quindi che molti più pazienti muoiano? A quanto pare non fa molta differenza. Anche negli scenari meno restrittivi dell'Imperial College, saremmo nel sacco in più della metà del tempo.
Quindi, sostiene Lichfield, non si sta parlando di un'interruzione temporanea. È l'inizio di uno stile di vita completamente diverso. Vivere in uno stato di pandemia Secondo Technology Review, a breve termine ciò sarà estremamente dannoso per le imprese che contano su un gran numero di persone che si riuniscono in massa: ristoranti, caffè, bar, discoteche, palestre, hotel, teatri, cinema, gallerie d'arte, centri commerciali, fiere dell'artigianato, musei, musicisti e altri artisti, luoghi sportivi (e squadre sportive), sedi di congressi (e produttori di congressi), compagnie di crociera, compagnie aeree, trasporti pubblici, scuole private, centri diurni.
Per non parlare dello stress dei genitori spinti a far studiare a casa i loro figli, delle persone che cercano di prendersi cura di parenti anziani senza esporli al virus, delle persone intrappolate in relazioni extramatrimoniali, e di chiunque non abbia un ammortizzatore finanziario per affrontare le oscillazioni del reddito.
Ci sarà comunque una stagione di adattamento: le palestre cominceranno a vendere attrezzature per esercizio a casa e fare sessioni online, vedremo un’esplosione di nuovi servizi di quella che si può già definire la Shut-in economy. Ci si può consolare con il fatto che le nuove abitudini diminuiranno l’impatto ambientale dei viaggi, favoriranno il ritorno a filiere produttive locali, a un maggior ricorso al camminare e alla bicicletta. Ma lo sconvolgimento di molte, molte imprese e mezzi di sussistenza sarà impossibile da gestire. Uno stile di vita da recluso non è sostenibile per periodi così lunghi.
Quindi come possiamo vivere in questo nuovo mondo? Una parte della risposta , spera Lichfield, sarà nel miglioramento dei sistemi sanitari, con la costituzione di unità di risposta alle pandemie in grado di muoversi rapidamente per identificare e contenere le epidemie prima che comincino a diffondersi. Poi occorre sviluppare la capacità di aumentare rapidamente la produzione di attrezzature mediche, kit di test e farmaci. Sarà troppo tardi per fermare la Covid-19, ma sarà d'aiuto per le future pandemie.
A breve termine, probabilmente troveremo compromessi imbarazzanti che ci permetteranno di mantenere una certa parvenza di vita sociale. Forse le sale cinematografiche toglieranno metà dei loro posti, le riunioni si terranno in sale più grandi con sedie distanziate, e le palestre richiederanno di prenotare gli allenamenti in anticipo, in modo che non si affollino. In definitiva, verrà ripristinata la capacità di socializzare in sicurezza, sviluppando modi più sofisticati per identificare chi sia a rischio di malattia e chi no, e discriminando legalmente chi lo è.
Si possono vedere i primi segnali nelle misure che alcuni paesi stanno prendendo. Israele utilizzerà i dati di localizzazione dei cellulari, con cui i suoi servizi segreti rintracciano i terroristi, per rintracciare le persone che sono state in contatto con i portatori noti del virus. Singapore effettua una ricerca esaustiva dei contatti e pubblica dati dettagliati su ogni caso conosciuto, tutti tranne l'identificazione delle persone per nome.
Naturalmente nessuno sa esattamente come sarà questo nuovo futuro. Ma si può immaginare un mondo in cui, per salire su un volo, forse si dovrà essere iscritti a un servizio che tracci i vostri spostamenti attraverso il vostro telefono. La compagnia aerea non sarebbe in grado di vedere dove siete andati, ma riceverebbe un avviso se foste stati vicini a persone infette o a punti caldi della malattia.
Ci sarebbero requisiti simili all'ingresso di grandi spazi, edifici governativi o snodi di trasporto pubblico. Scanner della temperatura installati ovunque, e il vostro posto di lavoro potrebbe richiedere l'uso di un monitor che misuri la vostra temperatura o altri segni vitali. Dove i locali notturni chiedono una prova dell'età, in futuro potrebbero chiedere una prova di immunità, una carta d'identità o una sorta di verifica digitale tramite il vostro telefono, che dimostri che siete già guariti o che siete stati vaccinati contro gli ultimi ceppi del virus.
Ci si adatterà anche a queste misure, così come ci si è adattati ai sempre più severi controlli di sicurezza aeroportuale in seguito agli attacchi terroristici. La sorveglianza invasiva sarà considerata un piccolo prezzo da pagare per la libertà fondamentale di stare con altre persone.
Come al solito, però, il vero costo sarà sostenuto dai più poveri e dai più deboli. Le persone che hanno meno accesso all'assistenza sanitaria, o che vivono in zone più esposte alle malattie, saranno ora più frequentemente escluse dai luoghi e dalle opportunità aperte a tutti gli altri. I gig-worker, quelli che fanno lavoretti e sono molto in giro, come autisti, idraulici, istruttori di yoga freelance, vedranno il loro lavoro diventare ancora più precario. Gli immigrati, i rifugiati, i clandestini e gli ex detenuti dovranno affrontare l'ennesimo ostacolo all'ingresso nella società, prevede Lichfield.
Inoltre, a meno che non ci siano regole severe su come viene valutato il rischio che possiate ammalarvi, i governi o le aziende potrebbero scegliere qualsiasi criterio: per esempio, siete ad alto rischio se guadagnate meno di 50.000 dollari all'anno, vivete in una famiglia con più di sei persone e in alcune precise parti del Paese. Ciò provocherebbe un margine per la distorsione algoritmica e la implicita discriminazione, come è successo l'anno scorso con un algoritmo utilizzato dalle compagnie di assicurazione sanitaria degli Stati Uniti, che finiva per favorire inavvertitamente i bianchi.
Il mondo è cambiato molte volte, e sta cambiando di nuovo. Tutti noi dovremo adattarci a un nuovo modo di vivere, di lavorare e di creare relazioni. Ma come per tutti i cambiamenti, ci saranno alcuni che ci perderanno più degli altri, e saranno quelli che hanno già perso troppo. Il meglio che possiamo sperare, conclude l’analisi di Lichfield, è che la profondità di questa crisi costringa finalmente i Paesi e gli Stati Uniti in particolare, a porre rimedio alle palesi ingiustizie sociali che rendono così intensamente vulnerabili ampie fasce della loro popolazione.