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 2019  aprile 02 Martedì calendario

Sorpresa: c’è un Mezzogiorno che traina

Mentre l’economia segna il passo è il Sud, a sorpresa, a trainare l’export. Prometeia svela che le percentuali di export delle regioni meridionali hanno performance superiori a quelle del tanto acclamato Nord Est e quindi della media nazionale. Non solo. L’aumento dell’export in un settore a forte valore aggiunto come l’elettronica è stato in media del 6,7% in Italia e questo buon risultato si deve in gran parte alla produzione elettronica nel Meridione, che raggiunge il +10,3% rispetto all’anno precedente. La società di ricerche economiche a suo tempo fondata da Beniamino Andreatta ha raffrontato l’export regionale, questo il responso: «Le esportazioni italiane (nel 2018) hanno rallentato al 3,1%. Questa tendenza, diffusa a tutte le aree, è più accentuata nelle regioni del Nord Ovest (3,4%) e del Centro (1%) rispetto a quelle del Nord Est (4,3%) e del Mezzogiorno (5,5%). In particolare, rallentano le regioni che esportano di più. Le vendite all’estero della Lombardia, che fornisce il maggior contributo alla crescita a livello nazionale, registrano un aumento del 5,2% (contro il 7,9% del 2017) grazie alle buone performance nei settori di punta, in particolare metallurgia, tessile-abbigliamento e farmaceutica».
Solo l’Emilia-Romagna cresce più del Meridione (5,7%) mentre Veneto (2,8%) e Piemonte (0,4%) volano basso. Per trovare exploit significativi bisogna quindi guardare al Sud. Ovviamente l’export in quantità è ancora assai inferiore rispetto a quello, tradizionale, del Nord. Ma la crescita spesso a due cifre indica una tendenza che sembra sfatare il cliché di questa parte d’Italia seduta su se stessa. Annota Prometeia: «Le migliori performance di vendita all’estero avvengono in Molise, Calabria, Sicilia e Sardegna. L’aumento del 46% delle esportazioni molisane, pur caratterizzate da volumi relativamente ridotti, ha beneficiato dell’andamento dei mezzi di trasporto e del particolare successo nei mercati di Stati Uniti, Cina e Turchia. Anche la Calabria è cresciuta molto (15,9%) grazie al settore chimico, alla meccanica e all’alimentare. Gli incrementi in Sicilia (15,3%) e Sardegna (6,8%) hanno riguardato in prevalenza i prodotti petroliferi e il settore chimico, ma in Sicilia sono andati molto bene anche i mezzi di trasporto e l’elettronica. Le esportazioni sarde hanno avuto ottimi risultati sul mercato Usa, quelle siciliane hanno intercettato in particolare la domanda dell’area europea». Maglia nera sono Lazio (-4,3%) e Puglia (-2,2%): «Nel Lazio», spiega il rapporto, «la contrazione delle vendite estere è stata determinata in particolare dai mezzi di trasporto e dal chimico-farmaceutico e ha evidenziato risultati molto negativi nei mercati nordamericani e asiatici, in Puglia la dinamica positiva dei mezzi di trasporto non è riuscita a compensare il forte calo del farmaceutico, della metallurgia e dei prodotti agricoli. Andando alla composizione geografica, l’Ue ha trainato tutto l’export italiano mentre quello extra-Ue è diminuito al Nord mentre ha segnato un’espansione nel Mezzogiorno».
Si attende una riconferma in questo 2019. Ci sono le condizioni, secondo gli economisti, perché il trend positivo del Sud continui, però vi è ovviamente da rilevare che, per quanto riguarda i volumi, ci sono ancora circa 180 miliardi di distanza tra i valori del Sud e quelli generati dal Centro-Nord.
Il rallentamento globale delle economie genera qualche ansia ma il Sud ha preso la rincorsa e non sembra avere intenzione di fermarsi. Del resto l’ultimo rapporto Confindustria-Cerved sul Mezzogiorno identifica circa mille imprese con caratteristiche compatibili con l’ingresso da parte di un fondo di private equity o con una possibile quotazione a Piazza Affari: si tratta di un numero rilevante d’imprese, la cui apertura potrebbe avere un impatto davvero significativo sull’economia del Sud, quantificabile nel medio periodo in oltre 3 punti di pil in più.
Un altro rapporto è quello dello Svimez (Agenzia per lo sviluppo dell’industria del Mezzogiorno) che dedica un capitolo a dimostrare che il Sud si sta emancipando dal Nord: «La teoria che il Sud drena risorse dal Nord frenando lo slancio della locomotiva italiana rappresenta un comodo alibi, con il quale la parte più ricca del Paese tende sostanzialmente ad autoassolversi dalle proprie responsabilità, nell’illusione che, liberandosi della «zavorra», possa tornata a crescere».
Il Nord, avverte lo Svimez, ha tutto l’interesse a fare il tifo affinché la crescita dell’export e quindi dell’economia meridionale non si interrompa: «Inevitabilmente i risultati economici e il progresso sociale del Nord e del Sud dipendono dal destino comune dell’uno e dell’altro. La nozione di dipendenza del Sud andrebbe perciò più correttamente sostituita con quella di interdipendenza (mutuamente benefica) tra due territori che non sono sistemi a parte, ma aree strutturalmente differenti per diverse ragioni però strettamente integrate e interdipendenti che, necessariamente, tendono a crescere (e arretrare) insieme».
Il primo a gioire dell’inversione di tendenza dell’economia meridionale è il governatore della Campania, Vincenzo De Luca, che non solo sottolinea come «bisogna finirla con questa storia del Meridione sottosviluppato» ma che «la vivacità della sua economia dev’essere tenuta in debito conto dalla politica» e quindi altolà alle fughe in avanti di talune regioni del Nord: «Piuttosto che all’autonomia differenziata», dice De Luca, «bisogna pensare a un progetto comune. Ne parlerò con i governatori di Veneto e Lombardia ai quali proporrò di lavorare insieme per ottenere nuove deleghe di funzioni dallo Stato alle Regioni e velocizzare così investimenti, nuova occupazione e sviluppo. Adesso abbiamo le carte in regola per farlo».