2 aprile 2019
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Biografia di Doris Day
Doris Day (Doris Mary Anne Kappelhoff), nata a Cincinnati (Ohio, Stati Uniti) il 3 aprile 1922 (97 anni). Attrice • Nipote di immigrati tedeschi sia per parte materna sia per parte paterna • «Con un genitore insegnante di musica (solo classica, però) che, quando lei era bambina, scappò con la migliore amica della moglie, e una madre che da quel momento le si dedicò totalmente, l’adolescente Doris si esercitava come ballerina quando la frattura di una gamba la indirizzò invece al canto (molto tempo dopo, il fatto che sapesse anche ballare fu una lieta scoperta). Si distinse subito alla radio, anche a fianco di un quasi adolescente Frank Sinatra, al pari del quale non sapeva la musica ma aveva una straordinaria capacità di interpretarla, facendo sentire bene anche le parole delle canzoni» (Masolino D’Amico). «Ben presto si fa strada alla radio e poi in tournée con l’orchestra di Barney Rapp. Allo scoppiare del secondo conflitto mondiale è già una star e un’icona popolare. […] Negli ultimi mesi della guerra, dopo una lunga serie di concerti con Les Brown, interpreta Sentimental Journey e il motivo diventa una sorta di inno per tutti i soldati americani che ormai sognano il ritorno a casa» (Giorgio Gosetti). «Notata nei night, per quanto esecrasse esibirsi dal vivo (una volta famosa, non lo avrebbe fatto mai più), la “biondina con la mascella da bulldog” approdò presto nella Mecca del cinema e fu infilata in qualche pellicola canora; reduce da una di queste, il pianista Oscar Levant avrebbe detto poi: “Io l’ho conosciuta quando non era ancora vergine”» (D’Amico). «Bionda, minuta all’apparenza, viso cosparso di efelidi ma simpatico, la “fidanzatina d’America” […] nel 1948 viene scritturata dalla Warner e debutta sullo schermo in Amore sotto coperta di M. Curtiz. È l’inizio di una luminosa carriera» (Gianni Canova). All’epoca Doris Day aveva però già divorziato dal primo marito, il trombettista Al Jorden, da cui aveva avuto il figlio Terence Paul, e stava per divorziare anche dal secondo, il sassofonista George William Wilder, insofferente della sua crescente notorietà, che seppe invece abilmente sfruttare il terzo marito, il produttore Martin Melcher, sposato nel 1951. «Il contratto con la Warner ne fa una vedette dei musical della casa, concedendole alcune incursioni in film di maggiore spessore drammatico. La si vedrà quindi – sempre sotto la direzione di Michael Curtiz – al fianco di Lauren Bacall e Kirk Douglas nell’eccellente Chimere (1950), ma anche nel molto convenzionale La ninna nanna di Broadway (1951) di David Butler, con il quale, l’anno successivo, girerà Aprile a Parigi e, nel 1953, Non sparare, baciami!, che le dà finalmente la possibilità di esprimersi pienamente e di cantare Secret Love, uno dei suoi più grandi successi. Diventa quindi una delle più popolari vedette dello schermo, l’archetipo ideale dell’americana bionda, dinamica e senza complessi. Charles Vidor la mette al fianco di James Cagney nella sua "tragedia musicale" Amami o lasciami (1955). Doris Day vi si distingue nel ruolo della cantante Ruth Etting. L’anno dopo Alfred Hitchcock le farà cantare l’indimenticabile Que sera sera in L’uomo che sapeva troppo, dove è la sposa di James Stewart. Poi, nel 1957 Stanley Donen e George Abbott le offrono i migliori numeri della sua carriera in una delle ultime grandi commedie musicali hollywoodiane: Il gioco del pigiama. Al vertice della popolarità, ma prigioniera della propria immagine, ormai Doris Day interpreta commedie anodine con Cary Grant e Rock Hudson come partner privilegiati. Il letto racconta (M. Gordon, 1959) e Il visone sulla pelle (Delbert Mann, 1962) riscuotono enorme successo. Il suo ultimo film interessante è un musical di Charles Walters, La ragazza più bella del mondo (1962). Meglio dimenticare il resto» (Dominique Rabourdin). «Dopo la morte del terzo marito (1968), si eclissa dal grande schermo, ma per cinque anni ottiene un grande successo televisivo con un suo show» (Canova). «Affiliatosi il bambino di Doris, Melcher gestì capillarmente la carriera della moglie dandosi arie di proprietario che lo resero universalmente inviso. Quando morì, peraltro, venne fuori che a sua volta era stato sistematicamente derubato dal suo avvocato. Dopo un lunghissimo processo la vedova ebbe soddisfazioni morali, ma scarso risarcimento. […] Melcher, prepotente quanto si vuole – la stessa Doris avrebbe detto in seguito di non sapere se lo aveva mai amato davvero, ma che aveva avuto bisogno di un padre –, sapeva come conservarsi la gallina dalle uova d’oro. Doris si era imposta come la quintessenza della ragazza americana acqua e sapone: bastava mantenere quella maschera il più a lungo possibile. […] Era […] come ingenua che il pubblico la voleva, e finché i gusti non cambiarono – suo marito le fece rifiutare con sdegno la parte di seduttrice di uno studentello che andò poi ad Anne Bancroft nel Laureato – ingenua restò, accanto a partner talvolta incongruamente più anziani (Clark Gable, Cary Grant) o più giovani (Rod Taylor, James Garner). Come però avrebbe dimostrato non appena si emancipò dal cinema, detestava essere Doris Day. Anche ai bei tempi, gli amici l’avevano sempre chiamata con dei nomignoli; dopo, allontanò anche il cognome-pseudonimo, e non volle più sentir parlare dei suoi vecchi successi. Si fece tirare su la faccia e ingrossare il seno, non per il pubblico ma per sé, per sentirsi sexy. Indossò vestiti scollati, fece vita mondana, si mise anche a bere, moderatamente si capisce. Ebbe dei flirt non troppo segreti. Trovò un quarto marito, un bellone proprietario di un ristorante, ma lo accantonò quando costui entrò in conflitto con la sua vera passione, ossia […] gli animali. Tenne infatti fino a dodici cani, e si adoperò indefessamente per salvarne altri fondando movimenti, associazioni, istituti. Il quarto compagno la convinse a metter su una linea di cibi per animali, subito entrata in crisi per l’incontentabilità della non più diva quanto alla qualità dei prodotti. Liquidati impresa e ultimo marito, la bambolina cresciuta fu infine padrona di se stessa e di un mondo ora tutto quadrupede» (D’Amico) • Nel 2017, in occasione del suo compleanno, l’Associated Press, dopo un’accurata ricerca, le ha «regalato» il suo certificato di nascita: la Day ha così constatato di essere nata nel 1922, e non nel 1924, come a suo dire aveva sempre creduto. «“Ho sempre detto che l’età è solo un numero e non ho mai prestato molta attenzione ai miei compleanni, ma è bello sapere finalmente quanti anni ho in realtà”, ha detto in un comunicato l’attrice. […] La “leggenda” è nata, come spiega il suo portavoce Charley Cullen Walters, nei primi anni di vita dell’attrice. “Se ne è parlato per tanto tempo, e ci siamo chiesti tante volte da dove fosse nato tutto. […] Ci sono diverse versioni sul momento in cui è sorto l’equivoco, ma la storia che ho sentito più spesso risale a tanti anni fa: Doris si era presentata a un provino per un ruolo, e sul modulo dell’audizione è stata sbagliata la data di nascita. Da quel momento, per tutti ha sempre avuto due anni in meno rispetto a quelli che aveva realmente”» (Federica Macagnone) • «Nei film era esuberante, allegra, attiva, spiritosa, soprattutto fedele. […] Se si sposava non tradiva mai il marito, se si fidanzava per la seduzione occorreva aspettare il matrimonio. Cary Grant e Rock Hudson, i suoi partner più assidui, impazzivano prima di riuscire a venirne a capo. Erano equivoci, trucchi, tentativi, il tutto quasi sempre corredato da visoni e diamanti che venivano rispediti al mittente come tentativi volgari di comprare delle concessioni. Negli anni Cinquanta quel modello poteva persino essere appropriato, ma eravamo proprio al limite. Quello era il cliché prevalente, ma Doris era troppo brava per fermarsi lì. Così seppe essere credibile in tutti i ruoli, anzi perfetta. È certo intensa nel ruolo della madre del bambino rapito in L’uomo che sapeva troppo. Ma neppure Hitchcock poté prescindere dalla sua voce, e certo lo fece al meglio, se è vero che la canzone Whatever Will Be Will Be (Que sera sera) divenne parte integrante del film e uno dei maggiori successi della musica leggera di ogni tempo. Per la leggenda basterebbe quella sola canzone, ma sono oltre seicento i titoli che la Day ha inciso, e alcune decine fanno parte della memoria e dell’incanto popolare» (Pino Farinotti) • «“Ho resistito a tutto”, ha detto di recente, “come quelle bambole che nei circhi vengono sbattute per terra e poi rimbalzano ritornando in piedi come prima”. […] Il bilancio di ben 4 matrimoni è stato disastroso: tre divorzi, […] e il terzo marito, Marty Melcher (potentissimo agente e padre-padrone puritano) morì nel ’68 lasciandole a sorpresa un mare di debiti. Il figlio Terry, produttore discografico, morto di cancro nel 2004, era proprietario della villa dove fu massacrata Sharon Tate, e doveva essere lui la vittima perché non aveva pubblicato un disco di Manson… Infine, Rock Hudson, partner di tre mitiche commedie degli anni ’60, è stato cancellato dall’Aids, lasciando l’amica sconvolta. Ma la bambola Doris è sempre risorta. […] E a 87 anni [in realtà a 89 anni, nel 2011, in base al recente ricalcolo della sua età – ndr] ha dedicato a Terry un disco, My Heart, schizzato in testa alle classifiche, e per l’occasione, intervistandola a Carmel, sir Paul McCartney le ha confessato di essere un suo ammiratore entusiasta da quando l’ha vista in Calamity Jane. Non era stato da meno Clint Eastwood, allora sindaco di Carmel, che l’ha premiata nell’89 con il Cecil De Mille Award, prima che Doris conquistasse la Medal of Freedom nel 2004 e il Grammy alla carriera nel 2008. Per non parlare di Liza Minnelli, che le ricorda sempre che papà Minnelli e mamma Judy (Garland) erano pazzi di lei» (Massimo Di Forti) • Memorabile la sua partecipazione alla serata degli Oscar del 1989. «Il premio speciale intitolato a Cecil B. De Mille, assegnato come riconoscimento alla carriera, è stato consegnato a Doris Day da Clint Eastwood, suo vicino di casa a Carmel. […] Fino all’ultimo momento c’era stata grande suspense per vedere se l’attrice, che ormai da anni vive in un solitario ritiro a Carmel dove dedica la maggior parte del suo tempo alla sistemazione di cani e gatti randagi, sarebbe venuta. […] Alla fine Doris Day, ancora in ottima forma, ha acconsentito a lasciare i suoi animali e affrontare il breve viaggio. “Sono stata uno straccio per tutta la serata”, dichiarava più tardi l’attrice, che durante la proiezione delle clip dei suoi film ha tenuto la testa china sul tavolo, non rivolgendo mai lo sguardo agli schermi televisivi posti agli angoli della sala. “Non sono più abituata a questo tipo di cose, sono completamente presa dai miei animali, ma non mi ero accorta quanto mi mancasse il lavoro del cinema, l’unico che io abbia sempre amato”. “Sono una perfezionista”, continuava, quando le veniva domandato che effetto le facesse rivedere i suoi vecchi film, “sono molti pochi quelli in cui mi vedo e mi dico: non ero niente male. Per la maggior parte vorrei rifarli tutti daccapo, perché vedo sempre qualcosa che non va”. E poi si allontanava, […] promettendoci che tornerà a fare un film» (Silvia Bizio).