Corriere della Sera, 2 aprile 2019
La felicità? In Finlandia
«La felicità non è l’assenza di problemi, ma la capacità di affrontarli», diceva Montesquieu nel diciottesimo secolo. Ma già per i grandi poeti tragici la felicità era un vero e proprio «viaggio filosofico», direbbe oggi Frédéric Lenoir. Che arriva fino ai giorni nostri tanto da essere ormai argomento di discussione in azienda, sul lavoro, oltreché nella vita privata e in famiglia.
Le Nazioni Unite, da otto anni a questa parte, pubblicano un report sui Paesi più felici al mondo che tiene conto di fattori come prosperità economica, aspettativa di vita, stato del welfare e libertà individuale. Il risultato? Chi cerca la felicità dovrebbe pensare a trasferirsi in Finlandia o comunque in Nord Europa. Perché in testa alla classifica ci sono tre Paesi scandinavi: oltre alla Finlandia, al primo posto, si piazzano sul podio Danimarca e Norvegia. E l’Italia? Sebbene sia lontana dalla vetta, è più felice che in passato, risalita dal 47esimo posto dell’anno scorso al 36esimo. Vale però la pena notare che nella classifica che valuta le differenze tra i rapporti del 2005-08 e quello del 2016-18, il nostro Paese è uno dei venti più grandi, insieme alla Spagna, a registrare un calo di livelli di felicità rispetto ai livelli pre-crisi. Anche se non mancano altri aspetti positivi, primo fra tutti la speranza di vita in buona salute (per cui risultiamo settimi in classifica), insieme al sostegno sociale grazie alla famiglia e agli amici (23esimo posto).
«Due terzi dell’economia proviene dal settore privato, se si vuole cambiare la società bisogna cambiare le imprese» ha detto ieri Andrea Illy all’Università Bocconi di Milano dove si è tenuta la presentazione italiana del report delle Nazioni Unite, realizzato in partnership con la Fondazione Ernesto Illy. All’incontro hanno partecipato, tra gli altri, gli economisti Jeffrey D. Sachs, John F.Helliwell, Jan-Emmanuel De Neve insieme al demografo Francesco Billari. «Bisogna diffondere la consapevolezza che le aziende sono istituzioni sociali, con il fine di creare progresso e sviluppo – ha precisato Illy —. È il modello della stakeholder company che dobbiamo far crescere in Italia. Questa nuova edizione del rapporto arriva in un momento di transizione verso una nuova di deglobalizzazione di fondo. Questo genera un senso di incertezza e la felicità sociale è sempre più rilevante. Per la nostra azienda di famiglia la felicità e la sostenibilità sono centrali: vediamo il caffè come un generatore di un circolo virtuoso che porta benessere a chi lo consuma e sviluppo sociale nei Paesi in cui è prodotto. È la bevanda della felicità». D’accordo l’economista americano Jeffrey D. Sachs, che si è concesso il lusso di una battuta: «Il concetto stesso di felicità, come sappiamo, è soggettivo. Ma volete sapere come la penso io? A me basta essere in Italia davanti a una tazzina di caffè e sono felice».