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 2019  aprile 02 Martedì calendario

Così 12 operai hanno salvato la fabbrica di Acerra

napoli Il miracolo operaio ha il volto di dodici uomini del Sud. Dodici metalmeccanici dell’hinterland napoletano tra Acerra e Nola, comuni a nord Est di Napoli, capaci di lanciarsi in una sfida impossibile: creare una cooperativa per salvare il posto di lavoro. Dopo 6 anni tra cassa integrazione e mobilità, hanno comprato l’azienda fallita di cui erano dipendenti con il proprio Tfr e il contributo di Legacoop. «È stato come scalare le montagne», raccontano. Ora la Screen Sud è di loro proprietà, fattura 2 milioni all’anno, produce 3mila metri quadri al mese di telai in acciaio per le industrie estrattive e l’edilizia, esporta in Nord Africa, Australia, Europa. Un miracolo che ha il sapore di una rivincita per un’area deindustrializzata, dove non si contano più i capannoni abbandonati. «È un’esperienza unica venire qui ogni mattina e sentirsi a casa propria – racconta Raffaele Silvestro, presidente della cooperativa ed ex responsabile commerciale della vecchia società –. Ho avuto l’idea in quei giorni bui, quando non dormivo mai. Come un capitano, ho dovuto scegliere se vivere o morire e ho chiamato sulla scialuppa di salvataggio i colleghi con cui potevo collaborare. So che posso chiedere ai miei soci di rinviare lo stipendio per pagare un fornitore. Gli screzi ci sono ma si superano. È come un matrimonio a 12». «È stata una gioia condivisa quando hanno riacceso le macchine», spiega Rosario Florio, direttore Legacoop Napoli. Qui, nel capannone di 1.800 metri quadri nella zona industriale di Acerra, le luci sono accese dalle 6 alle 22. Due turni, le mani annerite dal lavoro ma il sorriso facile. Agostino, Nicola, Carmine, Michele hanno dai 36 ai 50 anni. Ognuno di loro ha investito dai 7 ai 25 mila euro di Tfr, più la mobilità. Non che sia bastato, dare del proprio. Presa la decisione, la sfida si fa aspra. Arriva il giorno dell’asta per riacquistare macchine e magazzino ma a sorpresa, trovano ad affrontarli l’avversario più temuto, un’azienda concorrente venuta apposta da Torino. Due, tre rilanci, il cuore in gola e alla fine gli operai napoletani vincono. Stappano due bottiglie di spumante. Ma l’odissea non è finita. I soldi del Tfr non arrivano: gli uffici locali dell’Inps ritardano. E i 12 soci restano senza risorse. In un momento cruciale. «Eravamo a 60 giorni dalle scadenze, non potevamo pagare le prime forniture raccontano Nicola Sodano e Agostino De Luca – non c’era scampo, siamo andati a protestare ogni mattina fuori agli uffici dell’Inps». A pochi giorni dall’inaugurazione, la fabbrica prende fuoco. «Quelle fiamme le sogno ancora – ricorda Antonio Cimmino – pensavamo di aver perso tutto. Abbiamo pianto. Poi però siamo ripartiti».