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 2019  aprile 01 Lunedì calendario

Giù la fiducia nella Chiesa

Il Congresso Mondiale delle Famiglie che si è svolto a Verona, nei giorni scorsi, ha suscitato polemiche, in ambito pubblico. La presenza del ministro Fontana e, prima ancora, del vice-premier Salvini, peraltro, ha marcato il segno “politico” assunto dalla manifestazione. Al di là di altre valutazioni. E delle intenzioni. Ma, soprattutto, ha alimentato il dibattito dentro – e “intorno” – al mondo cattolico. Quindi: nella Chiesa. La famiglia, infatti, è al centro della società, in Italia e non solo. Ma è anche un riferimento essenziale dell’etica cristiana. E cattolica.
Così è significativo che il card. Pietro Parolin, Segretario di Stato del Vaticano, si sia detto «d’accordo sulla sostanza ma non sulla modalità». Prendendo, dunque, le distanze dal significato assunto dalla – e attribuito alla -manifestazione. Che rischia (com’è puntualmente avvenuto) di “politicizzare” l’argomento. Papa Francesco, a sua volta, ha condiviso questa posizione, definendola «giusta ed equilibrata». È, quindi, utile ragionare sul rilievo che caratterizza ancora la presenza cattolica in Italia. Non tanto per entrare nel merito della questione – la famiglia -, ma per riflettere su quale influenza abbia ancora la Chiesa sulla morale e sui comportamenti.
In Italia, anzitutto, la grandissima maggioranza della popolazione si definisce “cattolica": il 75%, secondo il Rapporto Eurispes del 2016. Tuttavia, solo una minoranza, il 25%, afferma di recarsi a messa con frequenza e regolarità. Ma in misura molto diversa, in base al genere (le donne sono più assidue) e, soprattutto, all’età.
Come ha osservato il sociologo Franco Garelli, fra i più accreditati studiosi del fenomeno religioso: “I luoghi di culto sono sempre più frequentati da persone con i capelli bianchi, e meno da giovani e da adulti”. Anche se il declino della pratica religiosa, negli ultimi anni, si è stabilizzato e non si è tradotto in un tracollo.
Quanto all’autorevolezza “pubblica”, l’ultima indagine di Demos dedicata agli orientamenti degli italiani verso lo Stato e le istituzioni (dicembre 2018) valuta il grado di fiducia verso Chiesa intorno al 38%. Sensibilmente in calo (20 punti in meno) durante gli ultimi dieci anni. Ma, comunque, ancora elevato, rispetto alle istituzioni pubbliche e allo Stato. Tanto più che il riferimento privilegiato dai cittadini resta, di gran lunga, il Papa. Che riscuote un elevato grado di fiducia presso oltre il 70% dei cittadini.
Ma l’influenza della Chiesa risulta significativa anche sul piano degli orientamenti personali. Delle opinioni e dei valori della società. È ciò che pensano oltre 2 persone su 10, secondo un recente sondaggio condotto da Demos per Repubblica. Per la precisione, il 22%: 4 punti in più rispetto a quanto emergeva da un’indagine realizzata nel 2005.
Quasi 15 anni fa. Nello stesso periodo, peraltro, è calata la quota di italiani che riconoscono alla coscienza personale il ruolo prioritario nel guidare le scelte personali. Nei primi anni 2000, questa componente superava i due terzi della popolazione. Ora risulta sempre ampia, ma si ferma al 41%. Tuttavia, un ulteriore 20% contesta e rifiuta questa possibilità. Ritiene, cioè, che la Chiesa dovrebbe limitare il proprio intervento all’ambito della fede. In definitiva, il credito della Chiesa continua ad essere elevato. Oltre il 60%, però, va “oltre”. Dà maggiore importanza alla coscienza personale. All’autonomia di scelta e di valutazione degli individui. Oppure nega ogni interferenza fra questi piani. Fra religione e politica. Fra religione ed etica civile.
Il ruolo riconosciuto alla Chiesa sul piano della morale, com’era prevedibile, cresce soprattutto in base alla pratica religiosa. In particolare, è considerato “molto importante” da circa la metà fra coloro che vanno a messa con frequenza elevata e costante. Ma il grado di considerazione dell’influenza ecclesiale sul piano etico scende sensibilmente e, quasi, crolla quando la pratica religiosa diventa “saltuaria”. E scompare fra i non praticanti.
Il messaggio della Chiesa appare meno incisivo fra i più giovani, che hanno meno di 30 anni. E viene riconosciuto importante soprattutto fra i più anziani (con più di 65 anni).
È, invece, interessante osservare come la pratica religiosa sia ancora collegata con l’orientamento politico. E favorisca maggiormente Forza Italia, il partito che, negli anni Novanta, ha occupato lo spazio sociale e territoriale della DC. Insieme alla Lega. Che, però, oggi non è più nordista e padana. E ha perduto il “legame” con la rete associativa del mondo cattolico e imprenditoriale, di un tempo. Questo retroterra, piuttosto, fa emergere tracce ancora visibili nella base del PD. Confluenza di esperienze post-comuniste e post-democristiane. Radicate nel territorio e nella società.
Al contrario, la minore incidenza di praticanti si osserva fra i due partiti attualmente al governo. I protagonisti dell’ultima stagione politica, successiva alle elezioni del 2018. La Lega (nazionale) di Salvini, appunto. E soprattutto il M5s. Fra gli elettori a 5s, infatti, i cattolici praticanti sono una frazione. Il 15%.
Così, anche simbolicamente, si evidenzia il distacco, potremmo dire: la frattura, che si è determinata in questa fase. Tra nuove vecchie e vecchie formazioni politiche. Un passaggio che riflette la fine un’epoca. Segnata, prima, dall’anti-comunismo. Quindi, dall’anti-berlusconismo. Oggi, è cresciuto un nuovo muro: giallo-verde. Meglio: verde-giallo. Che supera il rapporto – storico – fra politica e territorio. Fra politica e società. Fra politica e tradizione. Fra politica e religione. Perché, come ha osservato il sociologo Enzo Pace, “in un mondo globalizzato non vi sono più confini certi. E viene meno la stretta identificazione fra una religione e un territorio”.
È significativo che il laboratorio di questo cambiamento, in questi giorni, sia stato posto – e proposto – proprio a Verona. Cuore del Nord Est, “un tempo” bianco. Democristiano. Terra di campanili. E di piccole imprese. Familiari. Appunto. Segno in-discutibile che siamo entrati in “un altro tempo”.