il Fatto Quotidiano, 31 marzo 2019
Michelle Obama e l’autobiografia più di successo della storia
Lasciata la Casa Bianca insieme al consorte, Michelle Obama non ha mai smesso di avere quel tocco di eccezionalità che l’ha trasformata in uno dei più potenti modelli di ruolo in circolazione nel XXI secolo. La nuova dimostrazione di questa esemplare persistenza è coincisa con la pubblicazione e l’esplosivo successo della sua biografia. Becoming: la mia storia, uscita sei mesi fa, è già approdata in questi giorni ai 10 milioni di copie vendute in tutto il mondo, secondo i dati diffusi da Bertelsmann, l’editore tedesco che detiene il controllo della casa che ha pubblicato il volume nel mercato anglosassone, la Penguin Random House (in Italia è edito da Garzanti). Cifre impressionanti che motivano l’anticipo sbalorditivo versato alla firma del contratto ai coniugi Obama: 60 milioni di dollari per le rispettive autobiografie (siamo ancora in attesa di leggere quella di Barack, per vedere se saprà fare meglio della moglie). Becoming è già salito all’11° posto nella classifica di tutte le biografie pubblicate dagli anni Novanta a oggi, ovvero da quando la graduatoria è stata istituita, e l’impressione è che approderà perlomeno al podio.
Ma al di là di queste cifre, la riflessione più interessante riguarda le modalità con cui Michelle Obama ha affrontato quello che è un passaggio obbligato nella vita di una first lady, per non parlare del consorte presidente: raccontare la sua versione dei fatti, nell’esperienza eccezionale di occupare la posizione di maggior prestigio, visibilità e responsabilità del pianeta. Nella maggior parte dei casi, il cimento viene affrontato in modo scolastico e studiato, allo scopo di affermare – o in certi casi restaurare – il valore, la rispettabilità e gli effetti del proprio operato. Si consegna ai posteri una memoria in cui successi e insuccessi, vittorie e sconfitte finiscono iscritte alla dignità dello sforzo, dell’impegno, dell’abnegazione e del prestigio, sorvolando, o nascondendo sotto il tappeto le imperfezioni o, nello strano ruolo di una first lady, l’efficacia della propria presenza al fianco dell’uomo più importante del mondo.
Con lo stile semplice e diretto che ha contraddistinto la sua presenza pubblica (che non va confuso con la semplice istintività, ma è il frutto di una strategia di comunicazione determinata), Michelle è andata in una direzione ben diversa, e il pubblico ha dato segno di accorgersene, se quelle vendite stratosferiche coincidono col giudizio che Becoming sia una lettura che vale la pena intraprendere.
Michelle ha scelto di dire la verità – anche se ci sarà sempre qualcuno autorizzato a dubitarne – e di non nascondere il suo percorso dietro il velo del perbenismo e del politicamente corretto. La sua autobiografia esplora con toni appassionati, credibili e spesso ironici, la sua infanzia, l’entrata nel mondo del lavoro, il suo problematico rapporto con la maternità (che la l’ha portata a optare per due fecondazioni in vitro), gli alti e bassi del suo matrimonio, le sue rinunce e i dubbi che hanno fiancheggiato le sue soddisfazioni. Pagine che danno la sensazione di ascoltare un racconto carico di passione e di emotività, come quando la 54enne ex-first lady racconta di non aver mai perdonato Donald Trump per aver esposto la sua famiglia a seri rischi, propugnando la fantasiosa tesi dei natali di Barack al di fuori degli Stati Uniti e quindi l’illegittimità della sua presidenza.
D’altronde Michelle ha sempre dato l’impressione di possedere una capacità pressoché naturale di gestire la scena pubblica e di rapportarsi con credibilità con le persone al cospetto delle quali si presenta. La dimostrazione di questa sua prerogativa è lo straordinario tour promozionale affrontato al lancio di Becoming, un evento a metà tra il megaconcerto pop, la celebrazione e un grande caso di autocoscienza collettiva. Accompagnata da dive come Oprah Winfrey, Sarah Jessica Parker, Reese Witherspoon, affiancata dall’inseparabile amica e mentore Valerie Jarrett che la “scoprì” ai tempi di Chicago, Michelle si è raccontata davanti a platee oceaniche: 18mila persone al palasport di Seattle, con biglietti da 30 dollari in su (e artisti come Eddie Vedder e Ciara a offrire un inconsueto contrappunto musicale, e conduttori tv come Jimmie Kimmel e Stephen Colbert a condurre le danze). Al centro, la vocazione confessionale ma mai autopromozionale di Michelle, la sua concezione di far propri i compiti da svolgere, prima di sospingere gli altri ad affrontarli: “Per otto anni ho trattenuto il respiro, perché ogni gesto che compivo aveva importanza: non ci era consentito alcun inciampo”, ha ripetuto tutte le volte, per restituire il gusto dominante della sua esperienza a Washington.
Poi sono fioriti i ragionamenti attorno a un evento come questo, il libro, il tour, la reazione del pubblico, il successo: cosa c’è nel futuro di questa donna che non ha mai ammesso effettive aspirazioni politiche, ma che pure mostra tutte le qualità e gli aspetti carismatici utili a creare a una credibile figura leaderistica? Becoming in questo senso diventa il breviario per la formazione di un memorabile protagonista, non solo delle emozioni del pubblico che si identifica in lei e la ama, ma anche di un’interpretazione del potere in chiave davvero contemporanea. Nel solco di imprevedibilità e acume che ha già contraddistinto la presidenza di Barack, Michelle dà l’impressione di avere gli strumenti necessari a plasmare e proporre una credibile figura di capo a cui affidare con fiducia un compito di tale responsabilità. E questo perché Becoming rivela come, nella scala di valori di Michelle, gli essenziali temi sociali del suo Paese e dei suoi connazionali arrivino ben prima dei disegni della strategia politica: la questione razziale e il peso della sua soluzione che tarda ad arrivare; la differenza tra realtà e apparenza nelle procedure educative delle famiglie e delle istituzioni americane; il rapporto col denaro, il valore della reciprocità, l’affermazione femminile. Tutti argomenti che in queste pagine Michelle mostra di conoscere e trattare con la maturità, l’esperienza, l’intelligenza, la volontà innovatrice di una persona che potrebbe assumere su di sé enormi responsabilità. Senza paura di sbagliare, esporsi, rischiare.
Dunque una lezione di umanità, da parte della donna ufficialmente più ammirata d’America. La sensazione è che questo libro sia un mattone importante nella costruzione di un edificio del quale solo tra qualche tempo conosceremo la destinazione. Stiamo parlando di corsa presidenziale? Forse. Ma non nel 2020, e in ogni caso a seconda di quali saranno gli esiti della prossima elezione. Michelle potrebbe guardare oltre un traguardo che ha già tagliato al fianco del marito, ricoprendo il compito di principale “consulente” di Barack, durante i suoi due mandati. L’idea potrebbe forse essere ancora più inattesa, ricca e non ristretta dai confini nazionali: inventare un valore inedito per concetti come “modello” e “ispirazione”. Una visione originale per l’amministrazione del potere nel XXI secolo inoltrato, un’intuizione di comunicazione affascinante. Vedremo dove si dirigerà Michelle: in Becoming a più riprese rassicura il lettore di non sentirsi una “persona politica”. Ma la sensazione è che la sua performance sia appena cominciata.