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 2019  marzo 31 Domenica calendario

L’assedio ai 95 mila lingotti di Bankitalia

Un piroscafo. La stazza di un’imbarcazione di medie dimensioni si avvicina al numero di tonnellate di oro custodite nei sotterranei della Banca d’Italia. In tutto 2.452 tonnellate, una moltitudine di lingotti, oltre 95 mila, e poi tante monete. Il valore complessivo lo ha indicato il governatore di Bankitalia durante la sua relazione all’assemblea dei partecipanti: il totale raggiunge 91 miliardi di euro, circa 3 miliardi in più dello scorso anno. Merito dell’andamento del prezzo dell’oro che è aumentato. Lo stockdetenuto in Via Nazionale, del resto, è pressoché lo stesso da quando, negli anni Sessanta, l’allora governatore Guido Carli decise, dopo lo spoglio subito durante la guerra, di ricostituirlo. L’obiettivo era, e resta, dare solidità a quella garanzia di ultima istanza della solvibilità del Paese, che in definitiva rappresenta la ragione granitica per imbottire di oro il caveau di una banca centrale. A segnalarlo è stato tre giorni fa un altro ex governatore di Bankitalia, Mario Draghi. Che nella sua veste di attuale guida della Banca centrale europea, rispondendo a un’interrogazione di due parlamentari europei, Marco Zanni (Lega) e Marco Valli, ha ricordato il trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Una normativa che assegna come compito dell’Eurosistema «detenere e gestire le riserve ufficiali in valuta estera degli Stati membri». Lo statuto del sistema europeo nell’articolo 31 specifica che «la Bce approva le operazioni aventi per oggetto attività di riserva in valuta, che restano alle banche centrali nazionali». Un corredo di paletti che tuttavia non basta a frenare le periodiche tentazioni della politica per un utilizzo più o meno diretto dell’oro, dirottandolo sulla spesa pubblica. 
Questa stagione è la volta del governo gialloverde, che da mesi si affida a uno slogan immaginifico quanto ingenuo «l’oro appartiene agli italiani». Trascurando che Banca d’Italia è il quarto detentore al mondo di riserve auree, dopo gli Stati Uniti, la Germania e il Fondo Monetario, anche perché la stessa Italia è uno dei Paesi con il più alto debito al mondo. Ecco, dunque, la necessità di dotarsi di una robusta dote come garanzia di ultima istanza e affidarla alla custodia della banca centrale, blindandone la titolarità. «In ogni caso quell’oro è poco, e non risolverebbe certo i problemi degli italiani, sui cui grava un debito di oltre 2 mila miliardi di euro», spiega Gianni Toniolo, che insegna Storia dell’economia alla Luiss. La rivendicazione sulla titolarità dell’oro è ciclica e non lo sorprende. «Non si capisce poi perché si punti sempre all’oro e non, per esempio, alle riserve monetarie di cui dispone Bankitalia. Forse perché – continua – solletica di più l’immaginazione degli italiani. Per restare in tema direi che venderselo figurerebbe come la cessione dei gioielli della nonna per andare a cena fuori. Non scherziamo, quello è un patrimonio a presidio della stabilità dell’euro e del nostro sistema paese».