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 2019  marzo 30 Sabato calendario

Il record di Macron

Il 7 maggio 2017, ha battuto il primo record, diventando il presidente più giovane della storia della Quinta Repubblica francese a soli 39 anni. Due giorni fa, ne ha polverizzato un altro, molto meno piacevole: il record di ministri che lo hanno abbandonato, dieci da quando è salito all’Eliseo. «Du jamais vu», scrive Bfm.tv dando la notizia, un’ondata di partenze che non era mai stata così travolgente in meno di due anni di esercizio. Con l’addio della ministra per gli Affari europei, Nathalie Loiseau, scelta come capolista di Lrem alle elezioni di maggio, quello di Benjamin Griveaux, portavoce dell’esecutivo, e quello di Mounir Mahjoubi, segretario di Stato per l’Economia digitale, Macron ha stracciato tutti suoi predecessori. A titolo comparativo, dopo 675 giorni di mandato, Jacques Chirac e François Hollande avevano registrato soltanto una partenza. Nicolas Sarkozy, nello stesso periodo, ne poteva contare già tre: quisquilie, comunque, a confronto del nuovo record battuto da Macron. Come sottolineato da Bfm.tv, il dato peggiore è che l’attuale inquilino dell’Eliseo, prima ancora della metà del quinquennio, si sta avvicinando a grandi passi al record di dodici partenze in 5 anni, raggiunto tre volte su quattro dal 1995 in avanti. È forse il risultato di quell’«esercizio solitario del potere» di cui parlava Valéry Giscard d’Estaing? Di certo, prima del liberale di Amiens, nessun presidente era mai stato lasciato così solo e azzoppato da una raffica di addii figli di ambizioni personali. Perché è vero che Nathalie Loiseau era destinata a prendere il ruolo di capolista di Lrem per le europee, e questo scelta può essere vista come una continuazione del suo ruolo di ministro, ma Griveaux e Mahjoubi hanno deciso di scendere dalla nave governativa perché vogliono diventare sindaci di Parigi, prendere il controllo della capitale che, si sa, è il trampolino più concupito dai politici transalpini (i due, tra l’altro, si detestano, e sono pronti a spennarsi per le primarie di partito). I primi a dimettersi dalle loro funzioni, in seguito a uno scandalo sull’uso improprio dei fondi dell’Europarlamento, furono tre pezzi da novanta del partito centrista MoDem: Sylvie Goulard, allora ministra della Difesa, Marielle de Sarnez, che era stata delegata agli Affari europei, e François Bayrou, l’artefice dell’alleanza MoDem-Lrem, che aveva chiesto e ottenuto il ministero della Giustizia. Pochi giorni dopo, fu costretto a lasciare il suo posto anche Richard Ferrand, ministro della Coesione territoriale, accusato di aver favorito sua moglie in un’operazione immobiliare. Erano già quattro in 38 giorni. La seconda ondata è arrivata lo scorso autunno, dopo l’estate dell’affaire Benalla. Nicolas Hulot, ministro dell’Ecologia e santino degli ambientalisti, annunciò in diretta su France Inter che non aveva più intenzione di stare al governo con un presidente complice dei «disordini climatici». Seguirono le dimissioni polemiche di Gérard Collomb, il padre politico di Macron, e quelle di Laura Flessel, ministra dello Sport, sullo sfondo di un’inchiesta per frode fiscale che la vedeva coinvolta. Chi sarà il prossimo? Voci insistenti dicono che potrebbe lasciare anche Marlène Schiappa, attuale segretaria di Stato per le Pari opportunità, decisa a correre per diventare sindaca di Marsiglia nel 2020.