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 2019  marzo 30 Sabato calendario

Calcio, una donna italiana a capo del Maccabi Tel Aviv

«Essere italiana, avere una consolidata esperienza nel marketing e non essere tifosa. Questo mi ha aiutato nel Maccabi Tel Aviv.»
Con il ruolo di Direttore operativo e vice Ceo, Sharon Tamman è la dirigente donna più alta in grado del calcio israeliano. «Quando sono arrivata, il Maccabi era una grande squadra, la più antica e titolata di Israele, ma una piccola società che il proprietario, l’imprenditore Mitchell Goldhar, voleva trasformare in un brand di successo. Ho iniziato con un team di due persone. Oggi, tra digital, marketing, merchandising e media, lavorano una ventina di professionisti. Il fatto di non essere tifosa, all’inizio, è stato un vantaggio perché troppo coinvolgimento non sempre è positivo. Però, a lungo andare, oltre alla competenza nel marketing, ci vuole la comprensione del sentimento del tifoso.»
Quanto conta essere italiana?
«Essere una donna italiana mi ha aiutato. Un’israeliana non capisce che cos’è il calcio come posso capirlo io, anche senza essere un’esperta. Non si tratta solo di familiarità con le regole del gioco. È la sensibilità rispetto all’importanza del calcio. E poi, in contesti europei, essere italiana facilita le relazioni.» 
Il Maccabi sta vivendo una stagione d’oro: è in testa alla classifica, non ha mai perso in campionato e, in più, l’ultima campagna di marketing è stata un successo senza precedenti. Il segreto?
«Stiamo lavorando sul concetto “100% Maccabi”. In squadra ci sono tanti giocatori cresciuti nel dipartimento giovani e non succedeva da tempo. Abbiamo celebrato il leggendario Avi Cohen, il primo calciatore israeliano a giocare nella massima divisione inglese, nel Liverpool, all’inizio degli anni ’80. Nel 2010 è morto in un incidente stradale e gli abbiamo dedicato una maglia e varie iniziative, un progetto emozionante per i tifosi e la famiglia. Dal punto di vista commerciale è stato il più grande successo da quando sono qui: in tre giorni abbiamo realizzato le vendite di un mese.» 
Quali sono i modelli di riferimento?
«Le più forti squadre europee e i più importanti club al mondo. Seguiamo molto la Juve ma anche la Roma da quando è arrivato Pallotta. E poi Arsenal, Manchester, Chelsea, Bayer. Prendiamo idee da loro continuamente» 
Oggi è diventata tifosa dei giallo-blu ma che cosa l’ha aiutata a stabilire un legame con il calcio e con il Maccabi?
«Per la mia prima presentazione a uno sponsor ho fatto alcune ricerche e ho scoperto che fino agli inizi degli anni ‘40 il Maccabi giocava in uniformi bianche e blu. Nel 1942, quando gli ebrei in Europa dovevano appuntarsi la stella gialla sul petto, il giocatore Yosef Merimovich propose di aggiungere alla maglia il colore giallo in segno di solidarietà. Inoltre lo spirito del Maccabi, basato su valori di eccellenza e voglia di successo, si rispecchia nelle parole dell’inno “Zaov olè” (il giallo si alza, in ebraico). In tutto questo ho subito trovato il simbolo di Israele, della diaspora, di tutto.»