La Stampa, 30 marzo 2019
Manca la terra, Hong Kong la strappa al mare
Con quasi 7 milioni e mezzo di abitanti, Hong Kong è uno dei luoghi più densamente popolati del pianeta e una città dove i prezzi delle case sono talmente alti che - secondo una recente indagine - un hongkonghese medio deve risparmiare l’intero stipendio per 21 anni senza spendere un centesimo prima di potersi permettere di comprare casa.
Per far fronte alla cronica carenza abitativa della regione amministrativa speciale, il governo di Hong Kong ha annunciato i dettagli di un mastodontico progetto per la costruzione di isole artificiali: l’infrastruttura più imponente nella storia della città, con un costo stimato di 80 miliardi di dollari. Nei piani dell’amministrazione dell’ex-colonia britannica si prevede di strappare al mare mille ettari di terra - tre volte le dimensioni di Central Park a New York - nelle Central Water davanti Lantau, l’isola più grande di Hong Kong su cui già sorge anche l’aeroporto internazionale di questo importante hub finanziario. Sempre a Lantau, lo scorso anno è stato inaugurato il ponte sul mare più lungo del mondo che collega Hong Kong con Macao e la città cinese di Zhuhai: una mossa che era stata interpretata come la volontà di Pechino riaffermare il controllo su due regioni della Repubblica Popolare che godono di ampia autonomia.
Svelando i dettagli del «Lantau Tomorrow Vision», il segretario allo Sviluppo Michael Wong ha detto che il piano è necessario «per la grave carenza di terra» che c’è a Hong Kong, mentre sulle isole artificiali - che promettono di essere tra le più grandi al mondo - potranno essere costruite 260mila unità residenziali, per il 70% di edilizia popolare. Stando ai piani del governo dell’ex-colonia britannica, i lavori di realizzazione delle isole artificiali inizieranno nel 2025, mentre i primi residenti saranno accolti a partire dal 2032. Secondo Wong, le isole saranno progettate per far fronte all’innalzamento del livello del mare e ai super-tifoni che colpiscono la città. Lo scorso anno le autorità di Hong Kong avevano già annunciato l’intenzione di strappare al mare altri 700 ettari, anche se di questa seconda fase del progetto non si conoscono ancora costi e dettagli concreti.
Nei prossimi vent’anni l’amministrazione di Hong Kong vuole trasformare le isole artificiali nel terzo hub economico della città: in grado di ospitare oltre un milione di persone, aprendo shopping mall e costruendo una capillare rete di trasporti per collegare le isole con il resto della regione amministrativa speciale. Molti però mettono in dubbio la sostenibilità finanziaria dell’opera: la stima di 80 miliardi di dollari è pari alla metà delle riserve fiscali di Hong Kong, oltre che circa sei volte quanto speso da Dubai per sottrarre al mare 560 ettari per la realizzazione di Palm Jumeirah. Calcolatrice alla mano, la stampa di Hong Kong nota che con quella cifra sarebbe possibile costruire 160 ospedali o acquistare 85mila appartamenti da 50 metri quadri.
Le proteste
L’opposizione e diversi analisti ritengono inoltre che la stima iniziale dei costi sicuramente lieviterà, come già avvenuto per diversi progetti infrastrutturali realizzati in città negli ultimi anni. Migliaia di persone sono scese in piazza contro il progetto, mentre critiche sono arrivate anche da Greenpeace che ha accusato le autorità di di aver ignorato soluzioni più economiche e di minore impatto ambientale. Anche secondo il WWF, nella regione amministrativa speciale ci sono 1.200 ettari di ex-aree industriali concentrate nella zona dei New Territories che potrebbero essere bonificati e riconvertiti per costruire case popolari. Tra gli ambientalisti c’è anche chi teme che i lavori per la costruzione di isole artificiali possano avere un forte impatto sulla popolazione del delfino bianco del Delta del Fiume delle Perle. È stato proprio per rispondere alle critiche - comprese quelle di uno scarso coinvolgimento dell’opinione pubblica - che le autorità di Hong Kong hanno deciso di rivelare i dettagli dell’opera. «Solitamente il governo non rivela le stime dei costi prima di aver eseguito studi su un progetto», ha detto Michael Wong. «Il pubblico è però preoccupato che il piano possa svuotare le nostre casse, ma questo non succederà».