30 marzo 2019
Cronache dal Congresso delle Famiglie di Verona
Virginia Piccolillo per il Corriere della Sera
Dentro i relatori utilizzano parole misurate sui diritti delle famiglie tradizionali, dei bambini, delle soluzioni concrete a sostegno della vita. Sulle scale gli «esternatori» alzano i toni. Come Massimo Gandolfini, leader Pro Life, che snocciola numeri sull’aborto: «Sei milioni di bambini sono stati uccisi dal ‘76 ad oggi. L’aborto è l’omicidio di un bambino in utero, e la legge 194 è stata applicata soltanto negli articoli che permettono la soppressione di una vita e non in quelli aiutano la maternità». E più in là, oltre la fila di Suv neri che hanno accompagnato al Congresso gli ospiti illustri venuti dall’est, la protesta.
Tra chi si oppone e scenderà in piazza anche Maria Gandolfini, che dell’organizzatore è la figlia, ma dice: «L’amore non ha colore, non ha razza e non ha sesso. Perché non si deve dare un figlio a una coppia che si ama veramente, anche se di sesso diverso? Io mi sono sposata in chiesa come voleva mio padre e mi sono separata. Perché dovrei morire tra le fiamme dell’inferno? È una cosa inconcepibile nel 2019».
Non è cominciato sotto un buon auspicio l’evento che nelle intenzioni dichiarate degli organizzatori dovrebbe alimentare il dialogo. Il nervosismo è salito già dalle prime ore della mattina con la distribuzione del feto chiamato Michele e del foglietto con l’appello «per salvarlo». E quando si è scoperto che tra i gadget c’era anche la pezzetta per pulire gli occhiali con una foto di papa Francesco e la scritta: «Fede e terapia. Ferite dell’anima, genitori in cerca di guarigione», sono scattate le accuse di «oscurantismo». Perché c’era anche annotato il «numero verde» per avere «un sostegno spirituale, medico, psicologico e pedagogico» e i consigli: «Bambini non nati, nulla è perduto se...». E se hai avuto un «aborto spontaneo o uno procurato, cosa puoi fare? Un gesto d’amore. Onora il tuo bambino col seppellimento. La Chiesa lo insegna, la legge italiana lo prevede».
Sparita la pezzetta, la tensione è rimasta comunque alta anche perché c’è il divieto alla stampa di entrare ai lavori del Congresso. E tanto è bastato per scatenare quasi una rissa tra la vigilanza e una troupe di «Piazza Pulita», programma de La7. A sera altro «incidente» con un personaggio molto amato in città, Giorgio Bertani, editore che per primo stampò Mistero Buffo e molte opere del premio Nobel, Dario Fo. «Ma come non posso entrare? Non mi sono accreditato perché ero in ospedale, ma io sono un consigliere comunale emerito. Condivido questi temi e sono interessato», si é accalorato. Basco e gilet rosso, barba garibaldina, é riuscito a ottenere solo una piccola sedia fuori dell’evento, sorvegliato a vista dalla vigilanza. Alla fine, sconsolato, ha commentato: «Il fascismo é iniziato così».
Lui e tanti altri sono rimasti fuori, dentro relatori italiani e stranieri. Folta la rappresentanza di Paesi dell’est europei. Dalla Russia è arrivato il parlamentare Viktor Subarev, di Russia Unita e ha portato il saluto della Duma. Madrina dell’evento la giornalista Eva Crosetta, volto di Unomattina e Linea Verde, che il direttore di Raidue, Carlo Freccero, ha voluto al posto di Monsignor d’Ercole, alla guida di Sulla via di Damasco per «svecchiare i programmi religiosi».
Maria Novella De Luca per la Repubblica
Si chiama Michele, ha dieci settimane, il ditino in bocca, la testa grande, braccia e gambe che avvolgono il suo corpo microscopico di feto di plastica morbida. Da ieri è diventato il simbolo del vero volto del Congresso mondiale delle famiglie, al di là delle rassicurazioni istituzionali, un gadget atroce, venduto in bustine sigillate, un bambolotto che racconta quanto il summit di Verona sia, di fatto, il lancio di una violenta e planetaria campagna antiaborto. Erano un po’ nascoste nell’area off limits ai giornalisti le bustine con Michele dentro, provocazione che dovrebbe indurre le donne che vogliono interrompere una gravidanza a fermarsi in tempo, dicono le istruzioni, «prima di uccidere Michele». E Michele è andato esaurito in poco tempo, così come la spilletta con due piedini dorati «riproduzione esatta di una gestazione di 12 settimane», ossia il termine ultimo previsto dalla legge 194 per poter abortire. Tutti gadget (horror) firmati Pro Vita, una delle associazioni che insieme a Citizen Go, Generazione Famiglia e Family Day, ha organizzato il summit di Verona, e il cui presidente, Antonio Brandi, è un vero ultrà dei movimenti per la vita. Oltre la patina di "matrimonio, amore e bellezza", ieri il popolo della famiglia ha iniziato a sbandierare i simboli delle marce per la vita, madonne brandite come scudi e atroci dichiarazioni sull’omosessualità, vista come peccato mortale se non addirittura reato.
Un’anteprima di quella simbologia fatta di croci e di feti che sfilerà domenica per le strade di Verona, come marcia delle famiglie. Sugli scaloni del palazzo della Gran Guardia in piazza Bra si raduna una piccola folla oltranzista. «I gay? Bisogna correggerli». «Il divorzio? Un delitto». «L’aborto? Incarcerare le donne che lo scelgono e i medici che lo fanno». Posizioni da cui gli organizzatori prendono le distanze, eppure, ieri mattina, l’arciprete Maxim Obukhov, ospite illustre della folta rappresentanza dell’Est, Russia-Ungheria-Moldavia, nell’asse cattolico oltranzista così vicino alla Lega, faceva capire quanto invece le posizioni (scomposte) della folla siano vicine a quelle dei relatori. «Penso che con la fede i gay possano redimersi e tornare normali. Per fortuna in Russia sono pochissimi. Io li accetto nella mia chiesa soltanto se decidono di curarsi. Per colpa dell’aborto non nascono più bambini, gli Stati dovrebbero vietarlo». Si chiamano terapie riparative, un film appena uscito, Vite cancellate, racconta la devastazione per chi vi è sottoposto.
Del resto, al di là dell’aspetto compassato da convegno di studi, bastava ascoltare, ieri, alcuni interventi per sentire il senso di "crociata" che parte dalla città di Giulietta. «Lascerò le bustine con questi feti nell’atrio del reparto di interruzione di gravidanza della mia città», afferma sicura un’attivista di Padova, «affinché le donne guardandoli capiscano che stanno uccidendo un bambino».
Niente pietas, niente compassione. Eppure quando non era legale le donne morivano di aborto clandestino. Dal palco lo spagnolo Ignacio Arsuaga, nipote di un generale franchista e presidente della potente Citizen Go (sua la campagna dei bus anti-gender), invita a combattere duramente e a creare alleanze «per la famiglia naturale», facendo un’opera di deciso proselitismo culturale. Silvana De Mari, scrittrice nota per le sue posizioni violentemente omofobiche, attacca i libri che spiegano il sesso ai ragazzini e la pillola che blocca la pubertà per gli adolescenti transgender, bocciandola come «mostruosa».
Già, perché il terzo nemico dichiarato del "popolo della famiglia", oltre alla legge 194 e all’omosessualità, è il gender. Accanto ai feti in bustina, alle magliette con i feti che si succhiano il dito, alle spillette con i piedi di 12 settimane, ai dvd che raccontano la mirabolante storia di Hannah, sopravvissuta a un aborto, una ricchissima produzione editoriale attacca frontalmente il tema dell’identità di genere. "Emergenza gender a scuola". "Gender e femminismo: l’ideologia della nuova sinistra mondiale". "Sarà ancora possibile dire mamma e papà?". "Ecco il legame tra aborto e cancro al seno". "Adozione e coppie gay: perché bisogna crescere con mamma e papà". Una pubblicistica dove, in un modo o nell’altro, è sempre la donna (e il suo utero) al centro del problema.
E alla fine della prima giornata del convegno mondiale delle famiglie, la scatola con i feti è vuota. Michele è scomparso. Simbolo grottesco di una crociata, appunto, tutta sulla pelle delle donne.
Fabrizio Boschi per il Giornale
Le zanzare quest’anno sono arrivate presto. Una ronzava sul palco del congresso delle famiglie di Verona. Il provocatore Giuseppe Cruciani, conduttore radiofonico della trasmissione La Zanzara su Radio24 ha preso la parola, sbalordendo la platea. «Io che non sono come voi, oggi mi sento uno di voi - ha detto - perché molti vorrebbero spegnere questo microfono da cui sto parlando adesso». Proprio a lui che «non ho una famiglia tradizionale, o meglio ce l’ho avuta, e che penso esistano tanti tipi di famiglie».
Cruciani, quali famiglie?
«Almeno tre tipi. L’amore è l’elemento fondamentale che può unire coppie di uomini, di donne e coppie etero».
Ti batti da anni per matrimoni e adozioni gay, aborto, divorzio e pure per l’utero in affitto.
«Sì certo, tutte cose che ho ribadito anche qui, proprio perché non si può pensare tutti allo stesso modo, ma tutti hanno il diritto di esprimere il proprio pensiero».
È questo che volevi dire?
«Volevo ribadire che la libertà di parola va difesa sempre, anche quella di persone che hanno idee diametralmente opposte alle tue».
Chi ti ha invitato a Verona?
«Mi sono invitato da solo. Ho chiamato gli organizzatori dicendo loro che mi avrebbe fatto piacere fare un intervento. Non mi hanno nemmeno chiesto di cosa avrei parlato».
Nei giorni scorsi c’è stata una vera e propria campagna di criminalizzazione.
«Infatti, è inaccettabile cercare di far passare per criminali persone che esprimono semplicemente il loro pensiero. Si è cercato di negare la legittimità ad organizzare un congresso di questo tipo, domandando la ragione per la quale il Comune abbia concesso il patrocinio. Danno il patrocino al gay pride, perché non dovrebbero darlo a un convegno che parla di famiglie?».
Di chi parli?
«Le associazioni gay e lgbt di Verona hanno compilato una black list degli hotel dove alloggiano i partecipanti per boicottarli. E il traduttore ufficiale di Fabio Fazio, Paolo Maria Noseda, ha chiesto che si rendesse nota la lista dei traduttori del congresso, non so per farci che cosa».
Un clima d’altri tempi.
«Ma infatti, io non capisco. Gente che si dichiara antifascista e poi vorrebbe che esistesse un pensiero unico su certi temi. Il pensiero unico è una cosa aberrante, è bello dividersi su tutto, pensarla in maniera diversa, confrontarsi nel dibattito pubblico. Anche gli antiabortisti hanno ragione di esistere».
A proposito, tra i gadget del congresso c’è anche un feto di gomma.
«Non sono certo io che ho portato animali morti in studio a fare la morale, è ovvio che se uno è antiabortista cerca di scioccare il pubblico con gli strumenti di propaganda che ha. Tanto la legge 194 non verrà mai cambiata, come è giusto che sia. Io sono contro i medici obiettori di coscienza che, secondo me, violano qualcosa che è previsto dalla legge».
E della famiglia tradizionale Lega-M5s che ne pensi?
«È un matrimonio d’interesse che potrebbe anche rompersi ma ricordo che spesso sono più duraturi questi di quelli d’amore».