Il Post, 29 marzo 2019
L’ascesa del Vissel Kobe
Con il gol segnato a inizio marzo nella seconda giornata del campionato di calcio giapponese, l’attaccante spagnolo David Villa può dire di avere realizzato almeno un gol in cinque continenti. L’ex attaccante di Valencia e Barcellona aveva infatti già segnato in Oceania con il Melbourne, in America con il New York City e in Africa con la nazionale spagnola ai Mondiali vinti nel 2010. Il primo gol in Asia lo ha segnato invece con il Vissel Kobe, l’ambiziosa squadra giapponese in cui si è trasferito lo scorso dicembre e dove ha trovato i connazionali spagnoli Andres Iniesta e Sergi Samper, più un altro campione del mondo come lui, il tedesco Lukas Podolski.
Villa si è potuto trasferire al Vissel Kobe grazie alla rimozione dei limiti sul numero di giocatori stranieri utilizzabili in campionato stabiliti dalla federazione giapponese. Si ritiene che la decisione della federazione sia stata influenzata dall’arrivo a Kobe di un altro grande straniero, Iniesta, fra i più forti calciatori spagnoli di sempre. Nonostante si sia trasferito a 34 anni compiuti – quindi a fine carriera – Iniesta è stato il primo giocatore di fama mondiale ingaggiato da una squadra giapponese dopo molto tempo. Dopo aver constatato l’apporto che un solo calciatore europeo ha saputo dare alla qualità del Vissel Kobe e all’immagine di tutto il movimento, la federazione ha ritenuto opportuno aumentare il numero di stranieri permettendo alle squadre l’utilizzo di cinque giocatori non giapponesi a partita come incentivo alla crescita dei giocatori locali.
L’ingaggio di Iniesta e i benefici che pare abbia portato al campionato giapponese sono un successo per la proprietà del Vissel Kobe, il gruppo Rakuten fondato dal miliardario Hiroshi Mikitani, il quale ritiene che l’apertura verso l’estero delle sue attività sia indispensabile per raggiungere il successo e tornerebbe utile anche alle altre maggiori aziende giapponesi.
Mikitani è il settimo uomo più ricco del Giappone e probabilmente il più influente in questo momento. Viene da una delle famiglie più in vista della città di Kobe, ma le attività di cui è proprietario le ha create da solo, dal nulla, e scommettendoci molto. Il padre fu un economista e insegnò a Yale, in Connecticut, dove si stabilì con tutta la famiglia negli Settanta. Il nonno paterno fu tra i fondatori della multinazionale giapponese Konica, ora conosciuta come Konica-Minolta. Dopo essersi laureato a Tokyo e aver studiato ad Harvard, negli anni Ottanta Mikitani lavorò all’Industrial Bank of Japan, impiego che lasciò per fondare una sua società di consulenza.
Nel 1997 istituì il gruppo da cui poi nacque Rakuten, azienda di commercio elettronico il cui modello di business fu sviluppato unendo quelli delle aziende statunitensi eBay e Amazon. Nel corso degli anni Rakuten ha ampliato continuamente i suoi servizi online fino a diventare l’equivalente giapponese di Amazon e il primo portale e-commerce del paese per volume di affari.
Nel 2010 Rakuten ha attraversato un grande processo di rinnovamento interno, quando Mikitani diede inizio all’espansione delle attività all’estero e contemporaneamente promosse l’inglesizzazione dell’azienda. Ritenendo alcuni aspetti culturali e linguistici giapponesi una sorta di limite all’efficienza e al successo globale, stabilì che in due anni l’inglese sarebbe dovuto diventare la prima lingua tra dirigenti e impiegati di alto livello. Contemporaneamente favorì le assunzioni di lavoratori stranieri, non solo per i reparti dedicati alle attività estere, ma anche per quelle rivolte al mercato interno e con sede in Giappone.
In un paese divenuto fra i più sviluppati al mondo pur mantenendo sempre la centralità delle proprie antiche tradizioni, l’inglesizzazione di Rakuten imposta da Mikitani ricevette inevitabilmente molte critiche, come quelle dell’ex presidente del gruppo Honda, che senza tanti giri di parole la definì una cosa stupida. Ma anche grazie all’apertura dell’azienda a dipendenti stranieri e mercati esteri, in breve tempo Rakuten è riuscita a proporre i suoi servizi in altri ventotto paesi. Mikitani si è inoltre guadagnato un posto nel gruppo di consulenti economici che riferiscono direttamente al primo ministro Shinzo Abe.
Le acquisizioni estere che fecero da apripista all’espansione nel resto del mondo furono quelle della compagnia digitale canadese Kobo – il cui nome ora è Rakuten Kobo – dei portali di commercio elettronico Buy, Ebates e Priceminister e dell’applicazione di messaggistica instantanea Viber (ora Rakuten Viber). Il gruppo di Mikitani detiene inoltre una posizione di minoranza nel social network Pinterest e ha investito in Lyft, principale competitor di Uber, la cui valutazione dopo il collocamento a Wall Street in corso in questi giorni potrebbe arrivare ai 25 miliardi di dollari. In Italia, invece, Rakuten è presente al momento con la sua piattaforma di streaming a pagamento, oltre che con i lettori Kobo.
Rakuten si sta servendo anche dello sport per diversificare le sue attività e guadagnare popolarità nei paesi esteri. Dal 2017 è lo sponsor principale della squadra di calcio del Barcellona, a cui darà 220 milioni di euro per almeno quattro anni. Sempre nel 2017 è diventato il primo sponsor di maglia nella storia dei Golden State Warriors, la squadra di Oakland vincitrice di tre degli ultimi quattro titoli NBA. Mikitani ha inoltre fondato la società di investimenti sportivi Kosmos assieme a Gerard Piqué, difensore del Barcellona. Di recente il gruppo ha promosso la riforma della Coppa Davis, la principale competizione a squadre del tennis maschile, mentre l’ultimo investimento è stato l’acquisto del Futbol Club Andorra, la più antica squadra di calcio andorrana che gioca però nel campionato spagnolo.
I progetti con il Vissel Kobe, invece, arrivano da più lontano. Nel 1995 la città di Kobe fu duramente colpita da un terremoto che provocò più di 6.400 morti nella regione e oltre 4.000 nella zona urbana della città. La stima dei danni totali provocati dal terremoto alle zone interessate superò i 100 miliardi di dollari. Kobe fu gravemente danneggiata e la sua amministrazione comunale, già impegnata in una difficile ricostruzione, si rivolse agli imprenditori della città per cedere alcune attività laterali, fra le quali il Vissel, la principale squadra di calcio cittadina, fondata nel 1966, di cui Mikitani ne rilevò la proprietà.
All’epoca le attività imprenditoriali di Mikitani erano soltanto all’inizio. Rakuten ancora non esisteva. La gestione del Vissel Kobe iniziò quindi perlopiù come attività di mantenimento e proseguì in questo modo fino ai primi anni Duemila. Ma dopo la spinta data al calcio asiatico dai Mondiali del 2002 in Corea del Sud e Giappone, la proprietà del club passò dalla società di consulenza di Mikitani che la rilevò negli anni Novanta al gruppo Rakuten. Con il nuovo assetto societario la squadra iniziò a ingaggiare i primi noti calciatori stranieri. Il primo fu nel 2004 il turco Ilhan Mansiz, il quale due anni prima era stato fra le rivelazioni dei Mondiali asiatici con la nazionale turca, terza classificata. Seguirono poi diversi giocatori brasiliani di seconda fascia, tuttora molto in voga fra le squadre giapponesi.
L’ultima spinta data alla squadra è coincisa con l’espansione all’estero di Rakuten. Nel 2007 il campione del mondo Lukas Podolski è stato il primo grande giocatore europeo ad essere ingaggiato dal Vissel dopo molto tempo. A Podolski si sono aggiunti Iniesta – il cui impatto è stato più evidente – e Villa. I rapporti privilegiati con il Barcellona hanno poi favorito l’ingaggio del mediano Sergi Samper, uno dei migliori giovani cresciuti nel settore giovanile spagnolo negli ultimi anni. La carriera di Samper, tuttavia, non è andata come previsto a causa dei tanti infortuni che nelle ultime tre stagioni gli hanno praticamente impedito di giocare. A soli 24 anni, dopo aver rescisso il contratto con il Barcellona, ha deciso di rilanciarsi in Giappone, dove oltre ai connazionali in squadra ne avrà uno anche come allenatore, Juan Manuel Lillo, in carica dallo scorso anno.
Il campionato giapponese, come quello sudcoreano, è da sempre considerato il più competitivo del continente asiatico. La tradizione calcistica del paese è molto più sviluppata che altrove, come testimoniano le presenze fisse della nazionale ai Mondiali e i tanti calciatori giapponesi in Europa. Il livello medio della J1 League continua a tenere testa anche alle crescenti ambizioni del campionato cinese, nonostante gli investimenti siano nettamente inferiori. La solidità del calcio giapponese si nota anche dal fatto che l’acquisto di singoli giocatori stranieri a fine carriera raramente si riflette sulle prestazioni delle squadre. Negli ultimi due anni, per esempio, il Kawasaki Frontale ha vinto il titolo con un solo titolare straniero, il terzino brasiliano Elsinho.
Il Vissel Kobe, invece, ha concluso l’ultima stagione al decimo posto e quest’anno, nonostante la qualità dei nuovi arrivati la porti tra le più interessanti del campionato, non è ancora ritenuta tra le favorite. La sua apertura verso l’estero, intanto, ha già iniziato a diffondersi in altri club. Per la stagione appena iniziata il Sagan Tosu ha ingaggiato un altro campione del mondo spagnolo, Fernando Torres, e un altro ex del Barcellona, l’esterno Isaac Cuenca. I campioni in carica del Kawasaki Frontale, invece, si sono rinforzati con il centravanti brasiliano Leandro Damiao.