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 2019  marzo 29 Venerdì calendario

Intervista a Maria De Filippi

Filippa dorme nella cuccia, il vecchio Ugo, il muso imbiancato, sonnecchia sul divano. Nell’ufficio di Maria De Filippi i padroni sono gli amati bassotti. Skinny jeans, maglioncino con pupazza bionda ricamata, la nemica dei carboidrati ogni tanto allunga la mano verso la scatola di plexiglass piena di orsetti gommosi: «È un regalo della mia redazione, ‘sti orsetti sono una tentazione» dice ridendo. Da domani debutta su Canale 5 con Amici, diciottesima edizione, tutto rinnovato (unico giudice la grande Loredana Bertè, capisquadra Ricky Martin e il tenore Vittorio Grigolo, torna il coreografo Giuliano Peparini) dopo una stagione in cui ha toccato il 30% di share con C’è posta per te, Temptation island e
Uomini e donne.
Può succedere qualunque cosa, lei non fa mai un plissé.
«Sono così. Quando vedo gli altri in tv mi rendo conto di come sono diversa. Forse loro non saprebbero muoversi come me, ma io non potrei essere diversa da quello che sono. Vede i jeans che porto adesso? C’è una buona possibilità che li indosserò anche a Uomini e donne: mi piace stare comoda».
È andata a pranzo con Marina Berlusconi. Che sta succedendo?
(Ride) «Proprio niente. Marina voleva conoscermi, in questi anni l’ho vista solo una volta. È spiritosa, ha cinque cani fantastici. Abbiamo chiacchierato del più e del meno. A un certo punto i cani abbaiano, bussano alla porta: Pier Silvio era passato a salutare. Sono persone semplici».
Semplici e di potere. Come lei, che è considerata la donna più potente di Mediaset.
«Sfatiamola una volta per tutte, questa storia che “Maria ha potere” è una cavolata. Nonostante i risultati che porto, quando Pier Silvio mi ha chiesto qualcosa ho sempre detto sì».
Però è vero che da anni chiede di spostare “Amici” dal sabato?
«Non l’ho chiesto per Ballando con le stelle. A me non interessa la guerra degli ascolti, mi preme di non fare brutta figura. Curo tutto nei minimi dettagli, dietro i programmi ci sono ore di lavoro. Amici è un talent speciale, c’è dietro una scuola; oggi è un lusso».
Ma sabato i giovani, pubblico di riferimento, vedono la tv?
«Nel momento in cui la rete colloca gli altri show, Amici resta al sabato. E Publitalia sceglie: è il programma con più pubblicità».
Milly Carlucci vuole invitarla a “Ballando”: l’ha chiamata?
«No. Prima l’ha detto in tv, e pensavo che fosse una strategia di comunicazione. Invece è vero. Se mi telefona vediamo come superare il piccolo problema della contemporaneità della diretta. Ho detto sì a Raffaella Carrà che mi intervisterà nel nuovo programma di Rai3 A raccontare comincia tu».
Canale 5 ha avuto difficoltà con gli ascolti.
«Quando è partito Celentano c’erano grosse aspettative, deluse dal dato d’ascolto. Se fosse andato come doveva andare, non avrebbe spiccato solo C’è posta per te. Imprevedibile il personaggio, imprevedibile il risultato».
Da "Uomini e donne" a "C’è posta per te" rivendica di fare "la tv della gente comune".
«Le facce della gente comune sono interessanti. Le mie trasmissioni di maggior successo sono quelle con persone sconosciute. Porto in tv storie che interessano a casa. La televisione non la fai per te, per sembrare bella e acculturata, la fai per tutti».
Con la tv pop cos’è cambiato?
«Il conduttore egocentrico è andato in disuso con i cento canali. Il telespettatore, che riconosce l’autorevolezza di chi gli dà fiducia, ha capito: “Questo è un elettrodomestico a cui posso accedere”».
“Temptation” ha fagocitato anche i reality?
«Il linguaggio di Temptation non ha tolto niente all’Isola dei famosi. Ma se in un programma sulla sopravvivenza infili altre cose, tutto cambia. Se seguo L’isola voglio vedere Robinson Crusoe o il conte di Montecristo, non mi interessano gli amorazzi. Ad Amici voglio seguire i ragazzini che ballano e cantano».
C’è un grande alibi per il trash: “Lo vuole la gente”. “L’isola” ha dimostrato che non è vero.
«La gente non vuole gli insulti. Quando parlo di quello che vuole la gente mi riferisco all’ identificazione tra chi sta a casa e chi sta in televisione. E a casa nessuno s’identifica se dai del vecchio a Riccardo Fogli. Un attacco così non paga, né a livello di immagine né di ascolto. Lo stesso principio per cui quando entra Pippo Baudo sono tutti in piedi, perché c’è il rispetto».
Lei pensa di non aver mai superato i limiti?
«Tante cose non le porto in televisione, anche se farebbero sensazione. Quando montavamo Temptation ho fatto togliere i rumori dietro la porta chiusa di un bagno. Il linciaggio è sbagliato».
Le critiche non mancano, continuano a chiamarla "Maria la sanguinaria". Che effetto le fa?
«All’inizio le vivevo male. Ma ho capito che è normale, se fai trasmissioni che vanno bene qualche botta te la prendi».
Cosa chiederebbe a Mediaset?
«Di accorciare i programmi. Ho fatto una proposta: perché non li chiudiamo tutti a mezzanotte meno un quarto? Questo consentirebbe la messa in onda di più trasmissioni. Manca un programma sui libri in seconda serata, Pickwick di Baricco su Rai3 era bellissimo. C’è un pubblico: quando Roberto Saviano parlò de Le notti bianche di Dostoevskij ad Amici, schizzò in classifica».
Che rapporto ha con l’età?
«Non ti può non rodere per gli anni che passano. Non per l’età in sé, ma perché pensi a quante cose vorresti ancora fare».
Cosa serve per durare?
«Il talento senza disciplina lo butti. Devi avere le antenne dritte e coltivare il rapporto con quelli anagraficamente più giovani di te. Ascoltare i millennials è basilare».
Ha incontrato la direttrice di Rai1 Teresa De Santis: che farà?
«Ci siamo conosciute, pensava a un evento per le donne. Lavoro volentieri a Mediaset perché c’è Pier Silvio che mi dà assoluta libertà. Devo avere un legame di stima e di fiducia. Quando Saviano è venuto ad Amici aveva un rapporto difficile con la Mondadori, ma non ho mai ricevuto una telefonata. Chi va in Rai dopo sei mesi si trova senza interlocutori, cambiano i punti di riferimento: come si fa?».
Fa programmi inclusivi: le piace dove sta andando il Paese? Che pensa dello ius soli?
«Penso che fortunatamente certi atteggiamenti non appartengano ai più. Lo ius soli è un diritto. Se adotto un bambino nato in Brasile è mio figlio, diventa della patria che lo accoglie. Se nasce qui perché non è italiano? Mi sembra contradditorio».