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 2019  marzo 29 Venerdì calendario

Standard&Poor e l’Italia

Un decimale. La crescita italiana nel 2019 sarà di appena un decimale. Per capire quanto rapido è stato il crollo dell’economia occorre leggere l’ultimo rapporto di Standard and Poor’s. Tre mesi fa – era dicembre – quella stima era più alta di sei decimali. Non solo: la più grande delle agenzie di rating smonta la tesi per la quale a rallentare è tutto il Continente. «L’economia dell’area si sta scuotendo di dosso la debolezza dovuta a un calo della domanda esterna» e i problemi che hanno pesato sul finire del 2018. Gli scandali delle emissioni in Germania, i gilet gialli, le tensioni commerciali con Stati Uniti e Cina. Gli analisti americani pensano che il peggio è alle spalle. «Se gli investitori si sono calmati è perché la debolezza economica è stata temporanea». Il problema quest’anno si concentra in due Paesi, S&P li chiama i due grandi hub industriali: «Ci aspettiamo che la domanda esterna resti modesta e che l’economia tedesca e italiana abbiano risultati significativamente peggiori degli altri». Nella classifica a diciannove la penultima per aumento del Pil sarà proprio la Germania: appena +0,5 per cento. La debolezza delle due più grandi manifatture avrà effetti sul risultato complessivo dell’area: +1,1 per cento, mezzo punto in meno di dicembre.
Con questi numeri è pressoché impossibile che l’Italia possa rispettare gli impegni sul deficit presi con l’Unione. Secondo le stime che arrivano da fonti politiche, l’Italia ha già un buco certificato nei conti di otto miliardi di euro, in parte a causa delle stime troppo ottimistiche sui costi della manovra di quest’anno, in parte per il peggioramento del deficit causato dalla minor crescita. Se i vertici della Commissione europea uscente non fossero già con gli scatoloni in mano, quel buco si tramuterebbe nella richiesta di una manovra correttiva in corso d’anno. A maggio la Commissione farà notare l’esistenza dello scostamento, ma si tratterà di una notazione quasi burocratica. La manovra non ci sarà: almeno fino all’insediamento del nuovo governo comunitario nessuno avrà la forza politica di chiedere alcunché all’Italia. Se il governo avrà retto le conseguenze delle elezioni europee, i dolori arriveranno in autunno. Lega e M5S credono che il nuovo esecutivo dell’Ue sarà più indulgente con l’Italia, senza però tenere conto del fatto che la nuova maggioranza a Strasburgo dovrà avere al suo interno i liberali, forti nei paesi nordici e tendenzialmente conservatori sui temi di finanza pubblica. «Temo che qualcuno a Roma si stia illudendo», spiega un alto funzionario internazionale con frequenti contatti nelle stanze dell’Unione. «Probabilmente la nuova Commissione dovrà tenere conto del clima politico continentale, ma immaginare che l’Italia possa ottenere più flessibilità di quella già ottenuta è lunare».
Le voci che circolano nelle stanze europee dicono che la Francia di Emmanuel Macron abbia già puntato la poltrona di Jean Claude Juncker. E che il candidato più accreditato oggi sia il direttore del Fondo monetario Christine Lagarde, la quale ieri ha messo le mani avanti dalle conseguenze di una nuova crisi: «L’area euro non è pronta per la prossima crisi: è più preparata per una tempesta economica perché più resistente di dieci anni fa. Ma non lo è abbastanza. Il sistema bancario è più sicuro, ma non abbastanza sicuro». La somma delle dieci più grandi banche del Continente in Borsa non vale quanto la più grande delle americane. Due sono italiane, e possiedono molti titoli pubblici italiani. Dettagli che la politica spesso dimentica.