Corriere della Sera, 28 marzo 2019
Tra le carte di Eugenio Montale
«Ecco la casa di Montale in via Bigli, lui nella poltrona dall’alta spalliera che chiama la Gina, governante di casa: – Apri quel cassetto e da’ alla signorina Maria tutti i fogli che ci trovi». La signorina Maria è Maria Corti, la scrittrice e filologa. È lei che nel 1997 ricordò, in Ombre dal Fondo , quell’incontro del settembre 1968 con il vecchio poeta. I bloc notes del futuro premio Nobel insieme con i manoscritti della raccolta poetica Satura ; molti autografi di Romano Bilenchi; una stesura della Madonna dei filosofi di Carlo Emilio Gadda: è su questi preziosi materiali che nacque, cinquant’anni fa, il Fondo manoscritti dell’Università di Pavia, destinato a diventare uno dei centri di studi di letteratura otto-novecentesca più importanti d’Italia. Il «vero prodigio», per Maria Corti, fu che Montale continuò negli anni a consegnare manoscritti: fogli sparsi, un quaderno, un articolo postillato, nuovi testi annotati a margine. Li consegnava a lei o alla sua allieva, poi docente e a sua volta direttrice del Fondo, Maria Antonietta Grignani. Racconta la Corti che un giorno, nell’autunno 1973, fu chiamata dalla Gina perché il senatore voleva vederla con urgenza. Corse in via Bigli. Montale «aveva tra le mani leggermente tremanti per via del morbo di Parkinson un involto in raso di seta rosso». L’indomani sarebbe stato ricoverato a Padova per un intervento chirurgico e prima di partire voleva consegnare al Fondo gli autografi degli Ossi di seppia.
Altre donazioni montaliane sarebbero state fatte, negli anni, dalla stessa Gina Tiossi, la governante-assistente alla quale il poeta aveva regalato prime edizioni, opere grafiche, lettere, oggetti personali, tra cui la macchina per scrivere. Con una raccomandazione: «Se hai bisogno vendili, altrimenti dalli a Pavia»: lei diede tutto al Fondo, nonostante le difficoltà economiche.
La governante
Molti materiali li aveva affidati all’assistente Gina: «Se hai bisogno, vendili». Lei donò tutto
E così ora a Pavia si celebrano i cinquant’anni dalla prima donazione con due giornate di convegno (3 e 4 aprile) dedicate agli archivi montaliani. Quali archivi? Intanto i due maggiori e cioè, oltre a quello pavese (di cui parlerà la stessa Grignani), il fiorentino Gabinetto Vieusseux, che Montale diresse dal 1929 al 1938 e dove si conservano, tra l’altro, le famose lettere a Clizia, l’italianista Irma Brandeis, la musa americana di tante poesie delle Occasioni. Franco Contorbia, studioso principe del Novecento italiano, che ricostruirà la militanza di Montale nel Partito d’Azione (dalla fine del 1944 alla scissione del febbraio 1946), segnala due delle maggiori novità che verranno proposte a Pavia. La prima riguarda l’archivio di Giorgio Zampa, giornalista (anche del «Corriere») e critico letterario (soprattutto di area germanistica) nato nel 1921 a San Severino Marche, il quale diciassettenne conobbe Montale al caffè delle Giubbe Rosse di Firenze guadagnandone subito la fiducia fino a diventarne l’archivista e il collaboratore più stretto: a lui verrà affidata la cura delle opere complete nei Meridiani. Un altro intervento che promette sorprese riguarda il corpus di carte (e di carteggi) conservato dal poeta Sergio Solmi, critico acuto e fedelissimo amico di una vita, cui Montale attribuiva il dono della «chiaroveggenza» («il vedere prima degli altri e meglio degli altri ciò che si nasconde nelle molte nebulose che ci hanno oscurato lo sguardo»): frammenti delle lettere di Montale a Solmi, del resto, sono citate dallo stesso Zampa nella Cronologia, ma rimangono ancora ignote nel loro complesso. Anche dall’indagine di Carla Riccardi nel Centro Apice di Milano si annunciano novità di rilievo: nel fondo milanese si trova l’archivio della Ricciardi, la casa editrice gestita da Raffaele Mattioli a partire dal 1938, presso cui uscirono le prose di Fuori di casa. E sempre ad Apice ci sono le carte dell’editore Vanni Scheiwiller e quelle di Mario Soldati, che per numerose ragioni ebbero a che fare con il poeta. Se si aggiungono i materiali conservati nell’archivio del «Corriere», dove Montale fu assunto come redattore e critico dal gennaio 1948 (ne parlerà Andrea Moroni) e i documenti detenuti dalla filologa Rosanna Bettarini (cui si deve nel 1980 l’edizione, con Gianfranco Contini, dell’Opera in versi di Montale); e se si pensa che ancora restano da studiare le carte dell’archivio Einaudi e le lettere indirizzate al poeta Pietro Mastri tra il 1927 e il 1930 e acquisite di recente dalla Biblioteca Nazionale di Roma, risulterà evidente che un grande autore non esaurisce mai il suo potenziale di fascino e l’irradiazione di interesse. Insomma, non si finisce mai di studiare anche le cose e i personaggi più studiati.
Va ricordato che Gianfranca Lavezzi, nuova direttrice del Fondo pavese, raccoglie l’eredità di Clelia Martignoni, alla quale si deve, tra l’altro, l’acquisizione in comodato dell’archivio di uno dei maggiori poeti del Novecento, il dialettale (di Santarcangelo di Romagna) Raffaello Baldini. Ultimissime donazioni sono le carte della illustratrice e fumettista Grazia Nidasio, madre della famosa Stefi; il manoscritto di Orfeo in paradiso, il romanzo di Luigi Santucci (1967); quello del Sipario ducale di Paolo Volponi regalato dall’autore ad Agnese Incisa al tempo della ristampa einaudiana (1982). È il mondo delle ombre viventi che, grazie alla lungimiranza di Maria Corti, ci regalano ancora infinite, luminose, sorprese.