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 2019  marzo 28 Giovedì calendario

Il calcio secondo Ancelotti. Intervista

Elementare, Watson. La visione del calcio (e non solo) di Carlo Ancelotti è un cocktail ben miscelato di semplicità e realismo, disarmante come un’indagine di Sherlock Holmes. «Meno 15 dalla Juve? Noi abbiamo lasciato per strada 4-5 punti, il peso dei nostri errori è stato inferiore rispetto ai loro meriti», riconosce il tecnico del Napoli, prendendo atto di un’evidenza sotto gli occhi di tutti. Proprio come il gap economico altrettanto lampante nei confronti dei bianconeri. «Ho sposato e condivido il progetto di un club che è ai vertici in Italia ed è protagonista in Europa, ma che allo stesso tempo non può pagare 10 milioni d’ingaggio a un giocatore. De Laurentiis tiene sempre i conti a posto e non gli chiederò di far saltare il banco.
Ci sono altri modi per vincere: possiamo dimostrarlo».
Intanto una certezza c’è già: Ancelotti ha preso a cuore la causa del Napoli...
«Mi trovo molto bene, per ora è la soddisfazione più grande. Il feeling reciproco non era scontato: con la società sto lavorando in sintonia, la città mi ha subito conquistato».
La sua Napoli: la racconti.
«Non avevo mai vissuto in una città di mare. Di Napoli si ha una immagine parziale, bellissima cartolina, con i suoi problemi. La sto scoprendo abbastanza funzionale, sarò fortunato ma non vedo mai tanto traffico. E la gente mi rispetta, non è invadente se mi incontra in strada o al ristorante, a dispetto dei luoghi comuni».
C’è anche Gomorra, però.
«Seguo la serie in tv, ma a Napoli non respiro questa atmosfera. In Italia c’è la tendenza a enfatizzare i personaggi negativi, come il Padrino. Gli americani esportano i loro eroi, invece: Superman, Batman. Siamo sempre il Paese più bello del mondo, con troppe contraddizioni. Non riusciamo a sviluppare il nostro potenziale e c’è poco senso civico. La scarsa cultura può essere concausa delle discriminazioni. Siamo più maleducati che razzisti».
A Napoli Ancelotti sta diventando un totem...
«De Laurentiis mi vorrebbe qui a vita, ma posso dargli garanzie psicofisiche per 8 anni al massimo. Il tempo passa e da rimbambito in panchina non mi ci vedo...».
Otto anni basteranno per vincere con il Napoli?
«Meno, siamo più vicini. Ho una squadra già ben strutturata e con margini di crescita, anche se giovane. Nei ruoli cardine siamo a posto, la spina dorsale è robusta: due portieri di valore, una difesa affidabile con un fenomeno come Koulibaly, il centrocampo ben strutturato con Allan, Zielinski e Fabian, pedine di spessore in attacco. Siamo destinati a crescere, con investimenti mirati e fatti in sintonia col club».
I big resteranno tutti?
«Certo, il Napoli non è costretto a vendere e tanto meno a realizzare plusvalenze».
Vale anche per Koulibaly?
«Koulibaly da qui non si muove».
Pensa davvero che si possa vincere con i giovani e senza acquistare top player?
«Sicuro, se ne trovi altri come Meret e Fabian. Nel mondo ci sono molti giovani top player.
Conta la loro personalità, il carattere di un giocatore prescinde dalla sua età».
A De Laurentiis rimproverano anche di non investire nelle strutture.
«Uno stadio di proprietà ti dà dei vantaggi, ovvio. Ma non è un problema solo di Napoli, anche se nel calcio italiano qualcosa si muove ed è pronto ad agire pure De Laurentiis. Per un privato da solo è difficile, però. Il presidente ha bisogno dell’appoggio delle istituzioni e della città. Sul resto il club è a posto. Il nostro centro sportivo è funzionale e il settore giovanile ben strutturato: intorno a noi c’è un bacino importante, lo sfrutteremo sempre meglio».
Basterà per colmare i 15 punti di distacco dalla Juve?
«Ho già detto che sono troppi: nessuno aveva mai avuto la continuità di questa Juve, perciò siamo stati più competitivi in Europa. Gli 8 scudetti di fila raccontano un dominio assoluto: la A è in linea con Ligue 1 e Bundesliga. Ma quest’egemonia diminuirà, le milanesi verranno fuori».
Ne beneficerà anche il Napoli?
«Per forza. Ad approfittare del calo della Juve dovrà essere in primis il Napoli, altrimenti sarà una nostra grave mancanza».
Come ha ritrovato il calcio italiano dopo 9 anni?
«Tutti cercano di giocare, c’è meno distinzione tra grandi e piccole dal punto di vista tattico.
Va di moda costruire le azioni partendo dal portiere e dalla difesa, come nel resto d’Europa. Non siamo rimasti indietro. Il Mondiale mancato è stato il punto più basso del nostro calcio, ma ora siamo ben rappresentati in Champions e in Europa League e la Nazionale sta aprendo un nuovo ciclo. Mi piace la filosofia di Mancini, la sua voglia di forze fresche. Il campionato sta mostrando ottime individualità: Chiesa, Zaniolo, Barella, il nostro Meret. Il momento difficile è passato».
Tornerà mai di moda il calcio all’italiana?
«Almeno un po’, forse. I passaggi al portiere sono così noiosi...».
Ancelotti sta più dalla parte di Guardiola o di Klopp?
«Mi piacciono tutti e due. Stili diversi, ma molto efficaci».
Le piace anche la Superlega, in prospettiva?
«No, lo sport in Europa è diverso da quello americano, la meritocrazia va mantenuta. Se una squadra vince la B, deve passare in serie A. Bisogna dare questa possibilità a tutti. Il metodo Nba non è praticabile».
Il calcio inglese può essere invece il modello da imitare?
«Ne dubito, anche se la Premier è super. La differenza sono i 3 miliardi che si dividono i club per i diritti tv: cifra inavvicinabile. L’ambiente è straordinario, lì: la gente ama lo show e gli stadi sono sempre pieni. Per questo i più forti giocano da loro, hanno visibilità. Noi ci stiamo riprendendo solo adesso. Che Cristiano sia in Italia non è un caso».
Basterà Ronaldo alla Juve per vincere la Champions?
«Se la giocano in quattro: Barcellona, Juve, Liverpool e City».
L’Europa League, invece?
«Dico Arsenal, Chelsea o Napoli».
Come arrivate alla doppia sfida con l’Arsenal?
«Carichi, questo sorteggio ci ha ridato motivazioni. Sarà un duello incerto e molto equilibrato, dal pronostico difficile. Bisogna orientare la qualificazione all’Emirates Stadium».
Albiol ci sarà?
«Torna in Italia lunedì, già pronto. Potrebbe farcela, insomma, ma non vogliamo forzare. Ci proveremo per il ritorno al San Paolo. L’unico fuori gioco è Diawara».
Tanti piazzamenti, nessuna vittoria: avverte intorno al Napoli un clima strano?
«No, anche se l’anno scorso il Napoli è arrivato molto vicino allo scudetto e serve del tempo per smaltire la delusione. Ma ha pesato di più la qualificazione sfiorata in Champions, dopo il Liverpool a livello mentale c’è stato un periodo difficile anche per la squadra, non solo per i nostri tifosi».
Perché il Napoli ha vinto solo con Maradona?
«Perché il fatturato incide sempre di più e devi trovare strade alternative. Adesso siamo su quella giusta, in base alle nostre possibilità. Il Napoli non sarà mai come la Juve, ma prima o poi potrà batterla...».
Intanto domenica c’è la Roma...
«Possiamo blindare secondo posto e zona Champions, il primo obiettivo della nostra stagione».