la Repubblica, 28 marzo 2019
Salvate l’ora legale
L’Europa anticipa il crepuscolo: sarebbe forse troppo sentimentale descrivere così l’effetto delle decisioni che si preparano a proposito dell’ora continentale. Ma se l’Europa dovesse davvero abolire la possibilità di cambiare l’ora e l’Italia dovesse scegliere di attestarsi definitivamente sull’ora detta solare anziché su quella detta legale, l’effetto sarà appunto, e alla lettera, quello del crepuscolo anticipato. Nelle stagioni di maggiore luminosità diurna l’alba verrà a orari in cui ben pochi se ne gioveranno; dovremo però accendere i lampadari prima di cena.
Le serate estive: un argomento forse frivolo quanto la dolcezza del clima, i colori dei fiori, i sapori dei prodotti non artefatti o i rumori soffusi di quando tacciono motori, sonerie e amplificatori. I conforti della cosiddetta natura sono in realtà generi sempre più di lusso: per alcuni corrispondono perfettamente all’idea di riposo e vacanza, ma la chiassosità dei divertimenti medi è in aumento e in espansione, segno che il mercato la richiede. Però l’indugio con cui i pomeriggi si evolvono in notte buia è per l’estate italiana uno dei caratteri, assieme ai panorami collinari, alle riviere e ai centri storici: un carattere identitario, oltre che uno dei favoriti da residenti e turisti. Proteggerlo implicherebbe dover mantenere l’ora cosiddetta legale anche d’inverno, accettando così di prolungare il buio mattutino sino a dopo l’ora di apertura di scuole, uffici e attività commerciali. Se la norma europea venisse davvero approvata, l’Italia dovrà appunto scegliere. Vorrà illuminare le mattinate autunnali e invernali o le serate primaverili ed estive? Privilegerà il tempo del lavoro o quello del riposo? Sembra un dilemma fra formiche e cicale e se capiterà di doverselo porre si confermerà un certo tono malinconico e appunto crepuscolare dell’epoca che stiamo vivendo.
Non di soli sentimenti, però, si tratta. Un crudele e fortunatissimo titolo di apertura del settimanale satirico Cuore più di un quarto di secolo fa ha ricordato a tutti gli italiani che la nozione di “ora legale” ha a che fare con la legge, cioè con una convenzione liberamente pattuita dalla società. Là i fini erano satirici e buffoneschi: che si sappia ne risero, sia pure a denti stretti, almeno alcuni fra coloro che ne furono bersaglio. Quello che è ancor più difficile intendere è che anche la cosiddetta “ora solare” è a modo suo un’ora legale. La mappa con cui i fusi orari sono tracciati sul globo non è un’emanazione del dio Crono: è sorta da un’esigenza prometeica, cioè del tutto umana, di dominio della cosiddetta natura. Tanto è vero che tale mappa neppure corrisponde a quella (pure prodotto umano) dei meridiani; non solo: viene continuamente ritoccata, per esigenze puramente politiche. Scarti di un quarto d’ora vengono introdotti o tolti a seconda dei rapporti fra le due Coree. In Europa, la Spagna (ma non il Portogallo) condivide l’ora continentale europea anche se dal punto di vista geografico il suo meridiano è quello di Greenwich. La posizione appartata del Regno Unito rispetto all’Europa è testimoniata, oltre che con la “mano” stradale, le unità di misura e la moneta, anche dalla differenza dell’ora.
Quella della sincronia è un’esigenza che è nata assieme alla prima tecnologia industriale delle comunicazioni terrestri: il treno. Dall’Inghilterra agli Stati Uniti all’Europa continentale, ogni città dovette rinunciare alla sua propria ora, determinata dalla sua posizione e dai tempi d’illuminazione diurna relativi. Per ottimizzare i passaggi di ogni convoglio sulla linea ferrata occorreva sincronia fra le stazioni di partenza e arrivo e si introdussero così convenzioni e tecnologie adeguate, in estensione alla storica funzione svolta localmente da meridiane, campanili, avvisi, orologi. L’Europa che adesso decide di lasciare ogni suo Stato membro libero di scegliere il computo dell’ora, all’interno di un fuso orario che è comune a gran parte del suo territorio, sta dunque rinunciando a un fattore non solo simbolico ma anche pratico di unificazione. Non è un dramma: la società integrata degli Stati Uniti convive disinvoltamente con un’ampia gamma di fusi orari; la Cina invece ha unificato i suoi cinque fusi in uno.
Davvero unita l’Europa non lo è ancora stata mai, ma sinora aveva perlomeno adottato convenzioni che dimostravano la volontà e la tensione verso la meta auspicata nella denominazione di” Unione Europea”. Da tempo la pressione operata sul pedale dell’acceleratore si era affievolita, sino al distacco. La possibilità dell’asincronia è il segno che si è cominciato ad azionare il freno. Bisogna ancora capire se si sta preparando una svolta, e quale, o addirittura un’inversione.