Sta di fatto che il termine "crescita zero" ha un suono sinistro. Dobbiamo essere spaventati?
«Beh, il Pil è la somma del valore di tutti i beni e servizi prodotti nel Paese, nonché dei redditi individuali. Se la crescita è zero vuol dire che i redditi non aumentano. In media, però: purtroppo significa anche che c’è chi guadagna meno e chi perde addirittura il posto. E trovarne uno nuovo in questo momento è una fatica proibitiva».
Però l’idea che chi lavora, mettiamo, in banca e abbia sentore che il suo posto è destinato a essere superato dalla tecnologia, si metta in fretta a cercare un’alternativa più sicura prima ancora di essere licenziato, è sbagliata?
«Certo che no, diciamo che quello è un comportamento saggio e razionale in ogni circostanza e qualsiasi sia la situazione congiunturale. Purtroppo le speranze che tutto vada in porto nei termini desiderati, decrescono con il diminuire della crescita. E diventano scarsissime sia con un aumento del Pil a zero sia poco sopra o poco sotto. Vanno intensificati gli sforzi di informazione alla popolazione sulle vere variabili in gioco: bisogna tenere sotto controllo i conti pubblici e lo spread non perché lo chiede l’Europa o bisogna salvare le banche, ma perché se c’è una crisi del debito come nel 2011 mercati non ci finanziano più se non a costi altissimi che tutti saremo chiamati a pagare».
Come se ne esce e quanto durerà?
«È difficile fare previsioni perché non dipende solo da noi. Il fattore spiazzante è la frenata della Germania: se Berlino va in recessione, per l’Italia sono veramente guai seri, e non si può più escludere. Il governo deve usare lo stesso buon senso del cittadino di cui parlavamo, evitando di far salire lo spread, il che avrebbe conseguenze rovinose a catena per la popolazione. Le banche, che pure sono più solide che negli anni più bui della crisi, ne risentirebbero pesantemente perché hanno in pancia moltissimi titoli di Stato. Con un nuovo brusco rialzo degli interessi e dello spread i titoli perdono valore e alla fine si riduce il credito: chi ci va di mezzo sono ancora una volta le aziende e i cittadini».
Ha letto le stime di Prometeia che indicano un risultato positivo in termini di domanda interna, e quindi di Pil, per il reddito di cittadinanza, addirittura dello 0,2-0,3%?
«È possibile, ma non vuol dire che sia un buon provvedimento. Che si dovesse intervenire a favore delle fasce più povere era un dovere ma lo si è fatto in modo caotico, dilettantesco e confuso. Era meglio valorizzare il reddito di inclusione dei governi precedenti addestrando adeguatamente i centri per l’impiego, cosa che inspiegabilmente i governi di centrosinistra non hanno fatto, anziché riempirli di improvvisati "navigator". Si seminano illusioni attribuendo cifre sproporzionate, al di sopra di qualsiasi media europea, che hanno il solo risultato di scoraggiare dalla ricerca di un lavoro, ancora di più mentre l’economia peggiora».