Libero, 28 marzo 2019
Confessioni di Massimiliano Mirabelli: «Solo io ho beffato Raiola»
Massimiliano Mirabelli, direttore sportivo, è nato a Rende (Cosenza).
Massimiliano Mirabelli, un bravo direttore sportivo lo si capisce da quanto sappia raccontare mezze verità. O mezze bugie. Risposta secca: andrà al Bologna? «Bologna è una bellissima città e una grande piazza, c’è una storia calcistica importante. Per risultati e progetti, i rossoblù possono diventare la nuova Atalanta della serie A». Da bravo direttore sportivo, ovviamente, non ha risposto alla domanda. «Ahahaha. Diciamo che mi fa piacere essere stato accostato a questo club, anche se per ora non c’è stato nulla di concreto». Continuiamo a fare il mercato di chi fa mercato. Si è parlato molto anche di Mirabelli alla Roma. «In questo caso siamo di fronte a una società che ha anche un presente importante, oltre al passato. Alla Roma ci andrei anche a piedi, ma...». Basta giri di parole: oggi firmerebbe per i giallorossi oppure no? «No perché in questo momento non vedo trasparenza, c’è troppa sovrapposizione di ruoli. I tifosi giallorossi meritano di più: cose chiare e incarichi definiti. Capisce cosa intendo? Io ora non cerco un contratto, ma un progetto». E mentre attende la proposta giusto che fa? Come è la vita da disoccupato? «Faticosa, nel senso che in realtà lavoro più di prima. Mi tengo aggiornato, vado in giro a vedere partite e giocatori in prima persona». All’estero? «Soprattutto Belgio, Olanda e Polonia. Il livello di gioco è basso, ma ci sono dei talenti pazzeschi». Come si lavora fuori dall’Italia? «In modo più intelligente: lo scouting è fondamentale e i dirigenti hanno cultura calcistica, non si fanno abbindolare dai procuratori». In che senso, scusi? «Beh, da noi il 70 per cento dei calciatori acquistati sono degli sconosciuti, per i club. Ci si fida troppo delle dritte degli agenti». Affari e trattative. La più curiosa che le è capitata? «Ai tempi dell’Inter vado a vedere di persona un certo Gabriel Jesus del Palmeiras, uno che avevo già scoperto a video. Lo seguo in un paio di gare e capisco che merita di essere osservato in allenamento. E inizia il difficile». Perché? «È tempo di derby e la stracittadina Palmeiras-San Paolo è sentitissima. I due club si allenano in campi divisi solo da una siepe: qualsiasi estraneo viene considerato una spia». Quindi che fa? «Mi presento spiegando che sono un italiano che vuole visionare la struttura e mentre mi mostrano tutto spio Jesus. Poi chiedo dell’acqua e riesco a incrociarlo. Gli stringo la mano e gli do appuntamento». Poi? «Torno in Italia, l’acquisto è praticamente chiuso per 20 milioni. Però si intromette un agente legato all’Inter e fa perdere tempo. Così il City chiude prima». Scusi, perché ride? «Per rifarsi i nerazzurri mi chiedono che ne penso di Gabigol. Risposta: “Ve lo sconsiglio nettamente”. Il risultato lo sapete tutti». Altre situazioni in cui l’Inter non le ha dato retta? «Casemiro l’avevo concluso per 5 milioni. Hanno preferito M’Vila». In qualche cosa però le avranno dato retta... «Murillo, Brozovic e Perisic, per esempio. Perisic lo conoscevo bene, giocava al Wolfsburg: aveva accettato la mia proposta, ma i tedeschi non volevano cederlo». Come è finita? «È andato in sede, si è seduto e ha detto: finché non mi date all’Inter non mi alleno più. Ha vinto lui, abbiamo vinto noi». Mirabelli, torniamo a lei. Il calcio italiano lo sta seguendo? La Nazionale le piace? «Mancini sta ridando entusiasmo e appartenenza a tutto l’ambiente azzurro. Ma non avevo dubbi: lui è l’incarnazione del talento. Lo è stato da calciatore e lo è in panchina». Avete lavorato insieme all’Inter: che sguardo fa? «Le racconto questa. Ritiro a Brunico, prendiamo la funivia e andiamo a fare un incontro di rappresentanza in una baita. Ci fanno mangiare wurstel e altre cose buonissime, ma poco leggere. Al momento di tornare allora lo provoco: “Mister, ce la facciamo a piedi così smaltiamo?”. Ride: “Non vorrei che a metà strada dovesse venirti a prendere un elicottero”. Parte la sfida e ci facciamo quattro ore di cammino su stradine dissestate». Come finisce? «All’arrivo io sono tranquillissimo, mentre Mancio, quello sempre in forma e allenato, ha un ginocchio gonfio che poi sarà costretto a operare. Ogni volta che lo vedo glielo ricordo». Parliamo di campionato. «La Juve fa storia a sé». Alt. Ma in Champions? Lei è esperto di calcio olandese, faccia un pronostico. «L’Ajax è piena di talenti, ma il livello tecnico delle due squadre è troppo differente. Se la Juve è quella vera passa il turno». Restiamo alla serie A. Napoli secondo, e poi? «La corsa Champions è bellissima e velo dico: occhio all’Atalanta. È capace di qualsiasi impresa». L’Inter ha perso punti per il caso Icardi? «Certo. Mauro è un bravissimo ragazzo, ma prima di tutto ci deve essere sempre l’Inter. Io non l’avrei fatto tornare in gruppo e non l’avrei più fatto giocare anche a costo di perdere la qualificazione in Champions. Conta solo l’Inter, non esistono compromessi. Sarebbe stato un segnale forte anche per il futuro». Il Milan, derby a parte, sta disputando una stagione di alto livello. Se togliamo Piatek, Paquetà e Bakayoko è la stessa squadra dello scorso anno. «C’è tanto di mio in questo gruppo e sono orgoglioso. Abbiamo privilegiato la strategia dei giovani e sono stati fondamentali i rinnovi di contratto di Donnarumma, Calabria e Cutrone». Già, parliamone. Con la questione Gigio lei è stato l’unico a battere Raiola. Mirabelli, come mai sta sorridendo? «Non succederà più di vedere sconfitto uno come lui. A meno che non ci si incroci di nuovo...». È stato cosi difficile? «Un capolavoro chiuso senza pagare commissioni. Mino diceva: “Non ho rinnovato con il mio amico Galliani, figurati se lo faccio ora con te e con i cinesi che nemmeno conosco”». Trattativa lunga e faticosa? «Fatta sui minimi dettagli. Vi siete mai chiesti perché ogni giorno Donnarumma pubblicava post sui social che poco dopo venivano tolti? Semplice: Raiola glieli faceva scrivere, io glieli facevo cancellare...». Un momento decisivo? «L’atto finale. Ricorda la storia dell’esame saltato? Fu Raiola che portò Gigio a Ibiza con il suo aereo privato per allontanarlo da noi». Ma non è servito. «Ultimo giorno di trattative, ci troviamo con il portiere, la sua famiglia, i suoi agenti. Raiola si alza e dice: “Non firmare, ce ne andiamo. Seguici”. Appena i manager escono, Gigio prende la biro e prolunga il contratto. Senza la presenza di Mino». Tra le scelte importanti di Mirabelli c’è stata quella di Gattuso. «Non ci conoscevamo, mi ha incuriosito il fatto che un grande campione come lui non ha cercato subito la panchina d’oro, ma è andato in situazioni particolari. Pensavo fosse pazzo. Rino è un innovatore, mica solo grinta: lo metto tra i Guardiola e i Sarri. Per questo l’ho promosso in prima squadra». Come è andata? «Spogliatoi dell’Olimpiakos. Siamo io, Fassone e Han Li. C’è da decidere il futuro di Montella. Dico: «Per me va esonerato». Han Li ribatte: “Sì, ma chi prendiamo? Non pensare al budget, prendi chi vuoi”. Lo guardo: “Io scelgo Gattuso”. Quasi sviene». Galliani un mese fa ha detto: «Il Milan è ritornato ai milanisti, finalmente». «Vero. E aggiungo: infatti lui non ha mai dato la possibilità di rientrare né a Gattuso né a Maldini». Mirabelli, lei come ci è arrivato al Milan? «Lavoravo all’Inter con Fassone, evidentemente bene. Perché quando c’è stata l’occasione mi ha portato con lui in rossonero». Dove ha rifatto la squadra. «Conti, Rodriguez, Musacchio, Biglia, Kessiè, Calhanoglu. Non male. Peccato sia mancata la ciliegina, cioè l’attaccante». Lei voleva Aubameyang. «Era il mio preferito. Non sono riuscito a chiudere e quindi ho accontentato Montella che chiedeva Kalinic». Vero che ha trattato Ronaldo? «Ci fosse stata la proprietà attuale, ora giocherebbe al Milan. CR7 ci aveva detto: “Non siete in Champions, ok, ma io l’Europa League non l’ho mai vinta e vincerò anche quella”. Era convinto: io mi sono seduto con l’agente e la mia parte era finita...». Poi? «I cinesi non hanno tirato fuori i soldi: pensavano che non saremmo mai arrivati a trattare un campione così». Già, i cinesi. Parliamone. «La cosa assurda sono le ultime ore: cordate importanti volevano il Milan e il grande mistero è che la proprietà ha perso tutto quando aveva compratori. Qualcuno un giorno dovrà spiegarmi che è successo». Mirabelli, tra tanti buoni affarI avrà pure fatto qualche errore. «Non dovevo dare la fascia da capitano a Bonucci: è stata una situazione complicata gestita male e mi prendo la responsabilità. Ha creato problemi nello spogliatoio. Poi i fratelli Donnarumma: li ho uniti, ma mi sono pentito. Antonio giocava in Grecia e prendeva due soldi: al Milan gli ho fatto guadagnare un milione netto l’anno. E il padre ha avuto il coraggio di non salutarmi perché giocava poco...». Mirabelli, ultimissima. Alla fine ci va o no al Bologna? «Ahahah. Beh, lì potrebbe esserci un progetto interessante, vedremo. Altrimenti, se non trovo nulla in Italia, faccio un’esperienza all’estero».