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 2019  marzo 28 Giovedì calendario

Annalisa Chirico: «Porto Matteo Salvini in cella. A veder com’è»

Annalisa Chirico, giornalista, è nata a Cisternino (Brindisi).
Soltanto una donna poteva trascinare Matteo Salvini in galera. È Annalisa Chirico, giornalista al Foglio, fondatrice e presidente dell’associazione “Fino a prova contraria”. Insieme con il vicepremier e ministro dell’Interno, stasera a Bollate entreranno don Gino Rigoldi, cappellano del carcere minorile Cesare Beccaria, e Giovanna Di Rosa, presidente del Tribunale di sorveglianza di Milano. Pochi mesi fa l’hai portato a cena, fra gli altri, con Maria Elena Boschi a parlare di giustizia. Ora te lo porti direttamente al gabbio. Stai diventando il punto debole di Salvini. «Entriamo in carcere con l’augurio di uscirne…». Ma per fare cosa? «Andiamo a omaggiare il ristorante “InGalera” di Bollate, che è un carcere-comunità modello. Qui gli ergastolani stanno in camere singole, si fa l’ortocoltura e c’è appunto un ristorante affidato a una cooperativa di detenuti aperto al pubblico e con camerieri assunti e pagati. La nostra sarà una cena con dibattito sul tema del lavoro per i detenuti». E Salvini che c’entra? «Fino a prova contraria chiederà pubblicamente a Salvini di non usare più espressioni come “marcire in galera”: non si addicono a un uomo di Stato». Se è per questo c’è anche la castrazione chimica per gli stupratori catanesi. «Una persona non è il reato che ha commesso». Altri commensali? «Hanno annunciato la loro partecipazione il presidente di Rcs Urbano Cairo, quello del Milan Paolo Scaroni, quello di Enel Patrizia Grieco. E poi magistrati, avvocati e accademici». Una retata. «Leonardo Sciascia suggeriva ai magistrati freschi di concorso di trascorrere almeno tre notti in galera, tra i comuni detenuti, un’esperienza necessaria per comprendere l’onore e l’onere insiti nella loro funzione. Penso che anche ai politici farebbe bene qualche giorno dietro le sbarre». Capita spesso. «Non da galeotti ma da uomini liberi impegnati a comprendere una realtà negletta. Il carcere in Italia è oggetto di una rimozione collettiva: una discarica sociale, come diceva Marco Pannella, per immigrati e tossicodipendenti. Un terzo dei detenuti è ancora in attesa di giudizio definitivo, si tratta di presunti innocenti». Ecco la pannelliana. «Ho visitato una dozzina di carceri come militante radicale, e ho capito che non è importante perché uno è entrato in galera ma come ne uscirà una volta scontata la pena». Salvini è per la certezza della pena: se sei colpevole la galera te la fai tutta. «Continuo a ritenere che la pena debba essere certa e in Italia molto spesso non lo è. Ma serve un contesto compatibile con il percorso riabilitativo previsto dalla Costituzione. Chi sbaglia deve pagare ma ha diritto a una pena che non lo annichilisca». Facile fare i garantisti a Bollate. «È vero. Nelle carceri italiane ci sono oltre 60mila detenuti, rispetto a una capienza di 45mila. La recidiva, in media, è pari al 70 per cento. A Bollate è al 17 per cento. In Italia soltanto 3 detenuti su 100 hanno un lavoro esterno. Tutto questo avviene a oltre 30 anni dall’entrata in vigore della Gozzini, nel 1986, che ha trasformato in legge la filosofia della Costituzione. Oggi la galera è ancora una stigma sociale che ti rimane addosso, una politica illuminata dovrebbe porre al centro il tema di come incentivare le imprese ad assumere i detenuti». Vai a dirlo al governo che ha approvato il cosiddetto “Spazzacorrotti”… «Questo governo commette gravi errori nel campo della giustizia. L’abolizione della prescrizione dopo il primo grado ci condanna ai processi infiniti in un Paese dove sono già troppo lunghi. La prescrizione serve a tutelare il cittadino dall’inefficienza dello Stato: rinunciarvi è una vittoria per il colpevole che resta a piede libero e una sconfitta per la vittima che attende una sentenza per anni». Insisto: sicura che Salvini sia la persona migliore con la quale parlarne? «Salvini è il vicepresidente del Consiglio: se presta ascolto alle istanze di Fino a prova contraria, per noi è un onore. Io penso che lui abbia compiuto un’evoluzione. Il Salvini 1 che parlava di uscita dall’Unione europea e dall’euro non esiste più. Il sovranismo folcloristico e arruffone è archiviato». E il Salvini 2? «Mi riconosco nella politica del buon senso. Quando Salvini parla di riformare l’Europa dall’interno, è difficile dargli torto». È diventato un vincente. «Ciascuno di noi cambia nel tempo, anch’io sono diversa da quella di due anni fa. Le prime volte che incontravo Salvini negli studi televisivi, detestavo il suo tintinnare di manette come mezzo facile di propaganda. Nell’ultimo anno ho osservato un cambiamento che definirei promettente». Sembra la relazione di un’assistente sociale. «Io assisto a malapena me stessa, figuriamoci un altro. Chi cambia idea mostra umiltà e l’umiltà a Salvini non manca. Da quando abbiamo preso a confrontarci, le nostre posizioni non sono più così distanti. Il garantismo è diventato impopolare fra i cittadini anche perché talvolta ha peccato di eccessiva indulgenza verso il reato». Si parla spesso dei reati commessi dagli stranieri. «Il tasso di criminalità degli immigrati è sei volte più alto di quello degli italiani. Questo è un fatto, e con i fatti bisogna fare i conti, al riparo dall’ideologia». Lo schema salviniano è elementare: sei straniero, vieni da noi a chiedere asilo, intanto delinqui e vai in galera ma appena possibile te ne torni al tuo paese d’origine. Sbaglia? «No, ma sappiamo tutti che i rimpatri non sono facili da eseguire. La soluzione, nell’immediato, non è costruire più carceri. È occuparsi di quelle attuali». Non ce lo vedo Salvini che rinuncia al suo giustizialismo. «Matteo non è giustizialista, il giustizialismo è una specialità grillina». Il M5S ti fa venire l’orticaria. «Diffido di chi si pretende immacolato e infallibile. Per fortuna questo governo ha una scadenza, come lo yogurt». E poi? «Salvini diventa premier, e si apre una fase nuova». Stai diventando la sua intellettuale di riferimento? «Sarebbe la sua fortuna... scherzo». Le donne che leggono sono pericolose. Tu hai i paparazzi sotto casa a caccia di fidanzati. «Provo a convincerli che la loro è una ricerca inutile. Ma non si rassegnano». Basta fidanzati. «Sono tecnicamente una zitella. Io perseguo l’autarchia esistenziale, esattamente come Salvini deve raggiungere l’autosufficienza politica».