Il Sole 24 Ore, 28 marzo 2019
Medici stranieri per gli ospedali italiani
Puglia chiama Romania. Obiettivo: tamponare l’emergenza medici. Corre ai ripari così, l’Asl di Foggia. Dopo la scelta del Molise prima e del Veneto poi, di richiamare in servizio medici pensionati, l’azienda sanitaria foggiana cerca una sua via per tappare i buchi di medici specialisti. Una carenza che il direttore generale Vito Piazzolla definisce drammatica, tanto da aver costituito un nucleo di crisi alla ricerca di una possibile soluzione. «Le nostre strutture sono in ginocchio, non vogliamo lasciare nulla d’intentato – ha dichiarato a Radio24 Piazzolla –. Abbiamo lanciato un “mayday” cui hanno risposto i colleghi rumeni e i nostri uffici risorse umane stanno studiando questa possibilità. In un primo momento suonava quasi come una provocazione, ma ci mancano 135 professionisti tra anestesisti rianimatori, ortopedici, pediatri e medici del pronto soccorso. Potremmo assumerli, ma il punto è che per queste specialità non si trovano».
Un gap che a livello nazionale, lo ricordiamo, ammonterà nel complesso a 16.500 dottori specialisti da qui al 2025 e che è attribuibile al doppio impatto della gobba pensionistica – accelerata da “quota 100” – e dell’imbuto formativo tra la laurea in Medicina e la formazione specialistica. Le borse disponibili non bastano e anche ieri la Federazione dei medici ha rilanciato la richiesta di 10mila contratti di formazione (tanti quanti sono i medici in attesa) da finanziare subito per sbloccare l’impasse.
Nel frattempo, tutti alla ricerca di soluzioni alternative. Camici bianchi già pensionati (ma in Veneto il sindacato Anaao Assomed ha fatto ricorso al Tar), professionisti stranieri, medici a gettone. Palliativi alla vera carenza: la mancata programmazione che ha afflitto il settore per anni. Ora si cercano rimedi. E anche ieri la ministra della Salute Giulia Grillo ha rilanciato una possibile scorciatoia: «I tanti medici che rimangono bloccati tra la laurea e la scuola di specializzazione bisogna iniziare a farli lavorare prima, con mansioni magari inferiori, però cominciare a inserirli nel circuito del mondo del lavoro». Pollice verso invece sulle richieste spot: «Vorrei vietare la pratica dei medici che lavorano a gettone o su chiamata – ha affermato ancora Grillo – perché non dà al cittadino la garanzia che la qualità del servizio sia adeguata. Abbiamo tolto i voucher e abbiamo i gettoni per i medici? Una follia».
Eppure la tendenza è pure quella: medici, anche stranieri, arruolati pro tempore dalle strutture magari aspettando di bandire un concorso e poi congedati, talvolta non pagati o con contratti capestro. E anche se sindacato e Federazione medici parlano di un «fenomeno residuale» – ai dottori e agli infermieri stranieri che vivono da anni in Italia, si ricorre e come. «Da inizio 2018 a oggi ci è arrivata una richiesta di almeno mille medici – afferma Foad Aodi, presidente dell’Amsi, Associazione medici di origine straniera in Italia e consigliere dell’Ordine di Roma -. Le offerte arrivano soprattutto dal Nord Italia e riguardano le maggiori carenze: ortopedici, anestesisti, medici dell’emergenza, neonatologi, pediatri e chirurghi generali. Noi le smistiamo ai nostri iscritti che valutano se accettarle o meno». Non sempre sono proposte interessanti: «Ospedali, cliniche o centri di fisioterapia propongono contratti a termine – spiega il presidente Amsi – che svaniscono quando si bandisce un concorso. Perché i professionisti stranieri cui manca la cittadinanza, pur avendo ottenuto l’equiparazione dei titoli, ai concorsi pubblici per legge non sono ammessi». Tra accesso a ostacoli e stipendi bassi – da noi uno specialista di prima nomina guadagna la metà circa di un collega europeo – il paradosso è che anche i medici stranieri, arrivati negli anni scorsi dall’Est europeo, a partire da Albania e Moldavia, e oggi sempre più da Siria, Egitto e Tunisia a cercare lavoro in Italia, cominciano ad abbandonare il campo. «I vuoti su alcune specialità contribuiscono ad aumentare la chiamata di medici stranieri – sintetizza Foad Aodi – ma allo stesso tempo l’Italia è sempre meno attrattiva: registriamo un +20% di medici intenzionati a tornare a casa».
E gli infermieri? Qui sembra tornare in auge il fattore Romania, da cui proviene oltre la metà dei 20mila nurse stranieri iscritti all’Ordine nel 2018.