Libero, 28 marzo 2019
Heddi Goodrich, l’americana che scrive in italiano
Perduti nei quartieri spagnoli (Giunti, pagg 459, euro 19) è un libro che rapisce e stupisce. È scritto in un italiano potente ed elegante che raramente si incontra nei romanzi contemporanei e che impressiona perché, a padroneggiare tanto bene la nostra lingua, è un’americana di Washington: Heddi Goodrich. A sedici anni è approdata a Napoli per uno scambio culturale e poi ha deciso di fermarsi per studiare all’Università Orientale. Gli anni da studentessa li ha passati ai quartieri spagnoli, una città nella città, una ragnatela di vicoli e palazzi dietro il centro storico. Al Vomero non ci sale quasi mai se non per fare qualche lezione privata di inglese, vive con i suoi amici ai quartieri. Qui ai piani bassi il sole arriva a spicchi mentre sulle terrazze deflagra violento sin dalle prime ore della mattina. Heddi è follemente innamorata di questo pezzo di città. Passeggia tra i vicoli ed è come incantata perché tutto è troppo. Ubriaca di sole, crede di possedere pienamente la città. Si sente parte di questo mondo. Nella sua vita arriva Pietro, un ragazzo che è già un uomo. Lui la chiama per nome, dice: «Heddi» e l’americana capisce di non avere via di fuga. «Sentii il suono del mio nome come non lo sentivo da anni, come il nome di una specie esotica. Pronunciato con tono interrogativo ma perfezionato, come se fosse stato recitato più e più volte fino a scivolargli di bocca con una disinvoltura stupefacente». L’amore per Pietro è come quello per Napoli: un’esplosione lavica che brucia e la travolge.
VITA CONTADINA
Ma Pietro a Napoli è straniero almeno quanto Heddi. Lui è della provincia di Avellino, di Vallesaccarda, un paese dell’entroterra irpino. Famiglia contadina. Il papà di poche parole e la fatica scritta nelle rughe della faccia e nei calli delle mani. La mamma, Lidia, è un muro che Heddi cerca di abbattere con i sorrisi e la gentilezza. Ma Lidia è ruvida, chiama Heddi «idda», che non è un modo sbagliato per pronunciare il nome della ragazza, ma vuol dire «lei», con tutto il distaccato disprezzo. Per lei Heddi è sempre e solo «straniera». Pietro le promette la felicità di una vita insieme in giro per il mondo, ma non trova mai la forza per strappare le radici, deludere la mamma e lasciare Vallesaccarda. Heddi capisce che il loro grande amore non basta. Pietro è Terra, lei è Acqua. Lui è ancorato al suo paese, Heddi prende la forma che le si dà, si accomoda, riesce a contenersi quando serve e ad espandersi se viene accolta. La ragazza fa fatica a capire quell’attaccamento al paese e quella madre feroce che non le permette di dormire nello stesso letto di Pietro e continua a riempirle piatti di cibo che lei non riesce a mangiare. «È troppo secca», dice sprezzante come a segnare ancora una volta la distanza. Lidia vuole per Pietro una donna del suo paese. La ragazza che a sedici anni aveva salutato mamma e papà e se n’era andata in un altro continente, pensava che l’amore riuscisse a spezzare il cordone ombelicale che legava Pietro alla madre. Ma lui resta diviso tra gli obblighi ancestrali che gli erano stati buttati addosso dalla famiglia e l’amore per Heddi così emancipata ed aperta al mondo.
LO STRAPPO
Quando la ragazza realizza che Pietro non sarà mai suo, improvvisamente si sente straniera pure a Napoli. Anzi, si accorge che lei non è mai davvero appartenuta alla città. La vede con occhi nuovi e le diventa improvvisamente estranea. Napoli come Pietro. L’abbraccia, ma non l’accoglie fino in fondo. Il libro è un viaggio nel cuore di Napoli e in quello di due giovani travolti da un sentimento forse anche più grande di loro. Heddi, dopo aver lasciato Napoli e Pietro, scappa lontanissimo. Si trasferisce in un altro mondo. «Sono andata in Nuova Zelanda, mi sono sposata e ho avuto due figli», dice in un italiano con un delizioso accento partenopeo. «Dopo molti anni ho cominciato a scrivere perché mi mancava Napoli», ma forse la storia con Pietro era sepolta sotto la lava dei ricordi ed è bastato spostare un po’ di cenere per farla riemergere ancora bruciante. Per anni Heddi non ha parlato italiano, per seppellire tutto, perché anche le parole sono fili che legano vite. Dieci anni fa le è nato il primo figlio (che ha un nome italiano) e la tempesta emotiva della maternità l’ha riportata a Napoli. «Con i miei bimbi parlo solo italiano, che è la lingua del cuore. Se devo raccontare qualcosa di me, mi viene meglio in italiano. Quando scrivevo e non ricordavo più una parola o un verbo, mi fermavo, bevevo un tè e il termine che cercavo riaffiorava all’improvviso. Ho scritto con molta fatica. Ci ho impiegato una decina di anni. Ma non avrei potuto che scriverlo nella vostra lingua». E Pietro? Non ha ancora letto il romanzo ma lei è certa che rimanendo attaccato alla sua terra, in fondo, le ha lasciato la sua libertà. Le ha fatto un dono. Non c’è rancore. Anzi, si sente il calore di una fiamma mai spenta. E Napoli? «Napoli resterà un mistero e per sempre mi mancherà». Come Pietro. Perché tempo e distanza non possono riempire i vuoti. Stasera alle 18,30 la Goodrich presenta Perduti nei quartieri spagnoli a Milano (Circolo dei lettori a Casa Manzoni, via Moroni).