Libero, 28 marzo 2019
I furti di api
Scende la sera, nel silenzio dei campi e dei boschi circostanti si aggirano ombre furtive. Una serie di costruzioni, una casa con i cortili aperti, le finestre facilmente violabili, come i pollai e le stalle. Ma le ombre hanno un altro obiettivo, il bottino agognato si trova da tutt’altra parte, e non sarà proprio uno scherzo impossessarsene senza alcun danno. Ma i ladri non falliscono quasi mai. Ed è così che ormai è nato un nuovo giro d’affari lucroso, una nuova frontiera anche per la criminalità organizzata: il furto del miele. Sì, quello che oggi viene definito l’oro giallo nero. Anzi, si ruba all’origine della produzione, si rubano direttamente le arnie e il fenomeno, assommato alla diminuzione drastica di api e al diffondersi di parassiti, ha prodotto un aumento consistente del prodotto e i prezzi del miele sono saliti alle stelle. L’ultimo caso denunciato, qualche giorno fa, è quello di un giovane apicoltore che è stato depredato di ben 34 alveari. Si tratta solo dell’ultimo di una lunga serie di episodi e ormai è allarme conclamato.Se è vero che le piccole, combattive api non si lasciano derubare tanto facilmente, insieme alla loro regina preziosa, è vero però che le arnie sono poco sorvegliate, nelle nostre campagne sempre più flagellate dalla microcriminalità. Ogni alveare significa una famiglia intera di insetti, i più piccoli ne contano 20mila, i più grandi possono contare fino a 80mila esemplari. Altro calcolo che dimostra quanto può essere vantaggioso inserirsi nel giro: un alveare in media costa tra i 150 e i 200 euro, ma i più grandi arrivano a costare 300 euro. Ogni alveare può produrre dai 20 ai 30 chili di miele, e il prezzo di mercato per un chilo è di circa 10 euro. Oggi in Italia si contano un milione e 250mila alveari, allevati da circa 50mila apicoltori. Che sono riuniti nella Fai, Federazione apicoltori italiani. Per contrastare il fenomeno dei furti in crescita, è stata costituita un’anagrafe degli alveari, dove vengono registrate tutte le colonie allevate. Ogni alveare iscritto è così dotato di una targa. Poi si è pensato anche ad assicurazioni ad hoc, con premi annuali che variano a seconda della classe degli alveari (da 1 a 100, da 101 a 300 e così via). Ma secondo gli esperti, quello che potrebbe realmente funzionare sarebbe un adeguato sistema di videosorveglianza, che comunque comporta costi piuttosto elevati. Insomma, una stangata per i poveri produttori, che rischia di minare proprio la basi dell’attività stessa.Un fenomeno, quello dei furti in crescita di alveari, che «sa di criminalità organizzata», ha dichiarato senza mezzi termini il presidente della Fai, Raffaele Cirone, «e perciò deve essere contrastato con strumenti adatti, oltre a quelli già disponibili, come ad esempio videosorveglianza, arnie con antifurto e tracciamento satellitare, polizze assicurative». Si chiede che le forze dell’ordine non sottovalutino questo reato, che, secondo il presidente Cirone, rientra a pieno titolo nel reato di abigeato, e si configura come furto aggravato, con gli alveari rubati e poi oggetto di ricettazione. Il fenomeno non è solo nostrano. In Spagna, ad esempio, solo nel 2017 i furti hanno provocato danni per un milione di euro, e quindi sono corsi ai ripari grazie appunto a sistemi di videosorveglianza e tracciabilità satellitare. In Italia ci si sta adeguando: negli ultimi tempi sono sorte diverse aziende e operatori vari si sono attivati per offrire dispositivi satellitari che fanno la guardia alle arnie in pericolo. Tra le tante, una start up romagnola, che si chiama Beeing e produce il marchio AntifurtoArnia, in grado di monitorare in tempo reale dove si trova l’arnia i suoi eventuali “spostamenti”.Povere api, e poveri apicoltori. Oltre a queste tribolazioni, in agguato ci sono le decimazioni dovute a concimi e pesticidi. Qualche giorno fa a Udine, dopo aver preso atto dello sterminio degli insetti verificatosi negli ultimi mesi, e dopo le denunce degli allevatori, il gip ha fatto sequestrare alcuni terreni, con la proibizione, per tutto il 2019, di coltivare il mais con qualsiasi principio attivo tossico per le perseguitate api.