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 2019  marzo 27 Mercoledì calendario

Lucetta Scaraffia spiega perché lascia l’Osservatore Romano

«Me ne vado insieme alla redazione dell’inserto femminile. Sul quotidiano siamo scomparse e ci hanno delegittimato. Evidentemente, la nostra linea dà fastidio. Per questo ci facciamo da parte». Femminista, docente di Storia contemporanea alla Sapienza di Roma, Lucetta Scaraffia lascia il mensile femminile dell’Osservatore Romano che ha inventato e guidato dal 2012, una delle novità editoriali più importanti della Santa Sede, dopo che sul quotidiano un articolo dedicato a un documentario francese sugli abusi subìti in tutto il mondo dalle suore si è mostrato non del tutto in sintonia con l’inserto stesso.
Scaraffia, cosa succede?
«Accade che gettiamo la spugna, basta. Abbiamo intorno a noi un clima di delegittimazione e sfiducia».
Le suore sono abusate dai preti?
«In alcune parti del mondo sì. E su questo scandalo il silenzio è ancora troppo pesante, anche se Francesco ha avuto il coraggio di ammetterlo e di promettere che si sarebbero avviate iniziative volte a punire queste violenze».
E invece?
«E invece nulla. Questa situazione è la punta di diamante, drammatica e troppo a lungo ignorata, di una condizione femminile gravemente subalterna: nella Chiesa le donne, e in primo luogo le religiose, sono considerate membri di seconda classe, non vengono mai ascoltate né consultate, devono solo obbedire. E tacere. Una condizione molto più simile alla servitù che al servizio».
Lei ha subito delle sopraffazioni in questi anni?
«Mi limito a ricordare la mia esperienza al Sinodo dei vescovi. Invitata, non potevo parlare né votare. Se volevo fare qualche proposta dovevo scriverla e passarla a un ecclesiastico che la faceva sua».
Alcune suore abusate si sono confidate con lei?
«Tante. In un monastero del Sud Italia una monaca novantenne mi ha detto in dialetto stretto che non aveva mai pensato che le donne potessero essere sacerdoti, ma che vedendo certi preti aveva cambiato parere».
È ancora favorevole alle donne cardinale.
«Sì. Il cardinalato non c’entra col sacerdozio, ma le donne cardinale potrebbero giovare».
Come avete lavorato in questi anni?
«Ci siamo sentite come minatori che scoprivano filoni metalliferi preziosi e li portavano alla luce: una vera ricchezza umana e universale, e in questo senso "cattolica", la presenza delle donne nella Chiesa. Ma il nostro lavoro è adesso "scartato". La nostra iniziativa vitale è di fatto ridotta al silenzio. Preferiscono tornare all’antiquato costume della scelta dall’alto, sotto il diretto controllo maschile, di donne ritenute affidabili. Questa è la verità».
Ne ha parlato al Papa?
«Gli ho scritto una lettera che verrà pubblicata sul prossimo inserto. Ma intorno ha uomini che mi sembra siano per una visione delle donne di fronte alla quale non posso tacere. Alcune gerarchie ecclesiastiche sono convinte che le donne non contino niente».