Il Messaggero, 27 marzo 2019
240 mila statali in meno
ROMA L’esercito dei dipendenti pubblici perde pezzi e diventa sempre più anziano. Nell’arco di un decennio, tra il 2008 e il 2017, i lavoratori alle dipendenze della macchina statale hanno perso 257.000 unità. Si è trattato di un calo costante, salvo per alcuni comparti come la scuola che, dopo forti contrazioni, negli ultimi tre anni ha recuperato rimettendosi in pari. Lo rivela la Ragioneria generale dello Stato nel Conto annuale.
Complessivamente i lavoratori pubblici, soprattutto a causa del blocco delle assunzioni, sono passati dagli oltre tre milioni e 436.00 del 2008 a tre milioni e 243.000 del 2017. Al netto degli enti acquisiti nel 2011 e poi ancora nel 2014, la riduzione del personale è ancora più evidente attestandosi a tre milioni e 179.000 (-7,5% rispetto al 2008). E questo nonostante la riforma Fornero introdotta nel 2012 abbia ristretto le maglie dell’accesso alla pensione, costringendo molte persone a restare al loro posto ancora per anni. Da qui il forte invecchiamento della categoria: nel 2017 un terzo dei dipendenti pubblici era over 55. In compenso nel decennio osservato sono aumentati i laureati (+24%).
I RISPARMINel 2017 il costo del personale pubblico è stato di 160,1 miliardi di euro, in leggero aumento rispetto al 2016 (+0,2%), in deciso calo (-4,6%) rispetto al 2008. Anche in questo caso il taglio risulta più consistente se il raffronto si fa a parità di enti (-7%, per una spesa pari a 156,1 miliardi di euro). Il risparmio maggiore lo hanno realizzato gli enti locali (-21,6% nel decennio, -3,2% rispetto al 2016). Il dato non considera le Regioni a Statuto speciale per le quali la spesa è invece aumentata del 26,4% rispetto al 2008. Netto anche il risparmio per il servizio sanitario nazionale (-4,1% rispetto al 2008, -0,1% rispetto al 2016).
Diverso il discorso per il comparto scuola, il più consistente della Pa (con oltre 1, 1 milioni di lavoratori rappresenta il 34,7% di tutti i dipendenti pubblici): rispetto al 2008 la spesa per il personale nel 2017 è calata del 9%, è invece aumentata dell’1,7% rispetto al 2016. Il fatto è che la scuola, dopo le riduzioni di personale avvenute fino al 2012, ha invertito la rotta. Tra il 2013 e il 2017 sono stati assunti 111.300 lavoratori (docente e non): una cifra che ha compensato quasi per intero la contrazione che si è avuta nel periodo che va dal 2008 al 2012 (116.692 unità). La scuola però resta il comparto pubblico con le retribuzioni più basse: a fronte di una media generale di oltre 34.000 euro l’anno, gli stipendi della scuola si fermano a 28.440 euro, con un taglio di 820 euro rispetto al 2008. Un gap recuperato solo in minima parte lo scorso anno con un aumento medio di 170 euro. Al polo opposto ci sono i magistrati che hanno lo stipendio medio più alto tra tutti i pubblici dipendenti (oltre 137.000 euro l’anno), seguiti a ruota da chi intraprende la carriera prefettizia (94.000 euro) e dal personale delle autorità indipendenti (91.000). Sotto la media invece, oltre alla scuola, gli stipendi del personale degli enti locali, dei ministeri e dei vigili del fuoco. Complessivamente la spesa corrente per far funzionare la macchina statale (personale, mutui, affitti, acquisti, manutenzioni) e prestazioni sociali (sanità, previdenza e assistenza) nel 2018 ha raggiunto 850 miliardi di euro (era 819 nel 2012).