Corriere della Sera, 23 marzo 2019
Topolino e l’architettura
Piccola grande storia, di design, architettura d’interni e urbanistica, in compagnia di Topolino. Che nasce poco più di 90 anni fa, quando vestivamo alla marinara: un pantaloncino, tanta voglia di divertirsi e vita all’aria aperta.
«Poi, anche il Topo si guarderà intorno, mosso dal sogno americano del progresso e comprerà casa, arredandola ad immagine e somiglianza di un protagonista della classe media: mobili esclusivi, elementi personalizzati e lampade preziose», spiega Giacomo Delbene Guidoni, architetto, collezionista di fumetti, e autore della «piccola grande storia» ovvero, Archi Disney. Architettura, città, design nell’arte di Floyd Gottfredson, appena pubblicato da Odoya edizioni.
Ma chi era Floyd Gottfredson? «È stato il disegnatore-architetto di Mickey Mouse, colui che lo ha trasformato da semplice personaggio dei film d’animazione in un protagonista delle strisce: dal 1930 al 1975», risponde Delbene. E saranno i primi anni ‘50 la vera svolta, sia nella grafica che nei contenuti, per Topolino e le sue vicende. «Con l’arrivo della tv, alla Disney temono che le lunghissime storie a puntate di Floyd possano perdere appeal e gli chiedono di realizzare episodi autoconclusivi: che accade? Quel genio di Gottfredson, che per creatività e plasticità sarebbe potuto diventare un grande designer, rivede l’architettura delle sue tavole; non può più spaziare disegnando grandi agglomerati urbani, allora si trasforma da paesaggista ad architetto d’interni», osserva l’autore.
Ecco, dunque, le strisce nelle quali, l’amico Pippo invita il Topo dalle grandi orecchie a casa sua per mostrargli la «cucina atomica», confidandogli: «L’ho vinta ad un programma a premi! E stasera cucinerò gli spaghetti!». Ma troviamo anche Topolino che si prende gioco della modernista Minnie, dicendole, di fronte ad una cucina talmente spolverata a lucido da potersi specchiare: «Mmm... Ti piace il tuo nuovo forno a vista?».
Minnie è modernista, ama certi lampadari che Mickey Mouse, invece molto tradizionali-sta e prudente nelle scelte, scambia
per degli scarafaggi
Fino ad arrivare alla scenetta in cui Topolino, ospite di Minnie, salito su una scaletta, sta praticamente combattendo contro un grosso «scarafaggio» appeso al soffitto. In realtà, si tratta di un lampadario, di quelli che sarebbero piaciuti a Castiglioni, Ponti e Munari. Ma a Topolino il nuovo piace o lo disprezza? «Tra Minnie e Mickey Mouse c’è una dicotomia di fondo: se la fidanzata è per il design moderno, sinonimo di progresso, Topolino è più tradizionalista, preferendo fare, nelle scelte d’arredamento, un passo alla volta», dice Guidoni.
Il grande Gottfredson – creatore di Eta Beta, il commissario Basettoni e Macchia Nera – in quasi mezzo secolo di storie di Topolino, è come se fosse riuscito a rubare e a riprodurre sedie che ricordano le «Cantilever Chair» di Mies Van Der Rohe o la poltrona «Stelvio» di H.B. Keith. Così come aveva fatto, qualche anno prima, con le grandi architetture. Del resto, i disegnatori, quando sono bravi, possono essere più abili degli architetti. «Negli anni ‘20 del secolo scorso, in occasione del bando di concorso per il grattacielo del Chicago Tribune, il giornale fu sommerso da centinaia di lettere inviate dai sostenitori di Winsor McCay, il fumettista di Little Nemo: chiedevano che fosse lui ad occuparsi del progetto», ricorda l’autore di Archi Disney, il quale ci ha preso gusto a leggere il mondo Disney con occhi da architetto: «Sto scrivendo un altro libro e stavolta ci sarà spazio anche per i disegnatori della scuola italiana». Mai scrivere «The End», quando c’è di mezzo il Topo.