Giancarlo Dotto per il Corriere dello Sport, 26 marzo 2019
LA BUONA NOVELLA DI PRANDELLI - ''DOPO LA MORTE DI MIA MOGLIE MAI AVREI PENSATO DI PROVARE UN SENTIMENTO FORTE VERSO UN’ALTRA DONNA. UNA COME NOVELLA BENINI SI AMA O SI ODIA. LA PRIMA SERA MI HA PRESO PER IL CULO TUTTO IL TEMPO. VIENE ALLA PRIMA PARTITA E MI PARLA DI JORGENSEN. UNA VOLTA MI HA PORTATO A VEDERE UN FILM PALESTINESE SOTTOTITOLATO IN INGLESE...” - E POI LA NAZIONALE, CASSANO & BALO, L’HEYSEL, ICARDI, LOTITO, PREZIOSI, IL RIMPIANTO ROMA – “HO RIFIUTATO LA JUVE, MA LA FIORENTINA MI HA TRADITO…” - VIDEO -
Appuntamento a metà strada tra Roma e Genova in un albergo di Firenze, la sua città di adozione, a pochi metri da Santa Maria Novella, ovunque baciati dal sole migliaia di turisti propensi a spogliarsi e venditori di souvenir propensi a spennarli. C’è anche l’altra di Novella, la compagna di Cesare, non saprei dire se santa ma decisamente lieta all’apparenza.
Alzo la mano e giuro, i due mi sembrano molto sintonici, il 61enne ragazzo di Orzinuovi e la nobildonna fiorentina. Si scambiano a più non posso sguardi d’amorosa complicità, lo dico a tutti quelli che dubitano e mormorano di una coppia in crisi d’usura. Novella fa per appartarsi con discrezione (“Mai messo bocca nel lavoro di Cesare, io sono un fantasma nella sua esistenza”), ma la invito a stare con noi. A una condizione, che Cesare non si faccia condizionare.
Ti fai condizionare? “Penso di no…Cerca di capire, la voglio con me questi due giorni e mezzo, Novella. Ci vediamo così poco di questi tempi…”. Libero se vuoi, Cesare, di parlare slang fiorentino. “Al massimo, ti posso parlare in slang bresciano”. Legatissimo a questa città? “Molto. All’inizio, non lo capivo lo spiritaccio fiorentino. Non capivo se scherzavano o mi provocavano quando mi fermavano per strada: “Te, tu, qui devi vincere tutto...Io sono un tipo basico, da noi sarebbe ”.
E poi? “Ho conosciuto la generosità di questa gente. Sapevi che l’espressione “ridotti al lumicino” nasce qui, a Firenze? C’era un oratorio con una cassetta delle offerte, dove accendevano un lumicino per i “poveri vergognosi”. Quando uno cadeva in disgrazia e non aveva il coraggio di chiedere l’elemosina”. Generosi anche nel lutto. Lo si è visto con Astori e, prima ancora, il tuo. Tua moglie Manuela. “Ricorderò sempre quel minuto di silenzio, prima di Fiorentina-Inter. Mi ha sconvolto. Silenzio vero, profondo. E poi le manifestazioni di affetto, ai funerali, per strada”. Dal 2007 al 2014. I sette anni che hanno terremotato la tua vita. A cominciare dalla morte di Manuela. Vivere l’agonia della propria donna. “Ho avuto una fortuna straordinaria, l’incontro in Umbria con Fra’ Elia. Ci ha aiutato a vivere quel dramma con serenità. Manuela era come San Tommaso, credeva solo a quello che toccava, ma con lui s’instaurò un rapporto spirituale profondo. Le avevano dato pochi mesi e invece ha vissuto anni. Un miracolo. Prima di ogni seduta di chemio, le parlava e la confortava”.
Quel giorno… “C’eravamo tutti, io, i miei cognati, le sorelle, la mamma. Quella domenica lei si era svegliata tutta agitata, aveva fatto un brutto sogno…”. Ti ritrovi solo, padre di due figli. “Per mesi abbiamo parlato solo di lei. C’era questa necessità morbosa dei figli di riportarla in vita con il ricordo”. E poi la vita continua, s’impone. “Per anni mai avrei pensato di provare un sentimento forte verso un’altra donna, ma la vita è così, non puoi dire di no all’amore quando si presenta”. Si presenta Novella Benini. “Era il 2010, il mio ultimo anno alla Fiorentina. M’ero messo in testa di far fidanzare un mio amico. Una sera, in un locale, vedo questa ragazza. Bellissima. Molto scomposta ma, allo stesso tempo, molto elegante. Se lo poteva permettere d’essere così scomposta. Faccio al mio amico: “Ecco la fidanzata per te”.
E invece? “La invitiamo al tavolo. Non sapeva chi fossi. Allegra, ironica, solare. Mi ha preso per il culo tutta la serata. La salutai con la voglia di rivederla quanto prima. Mesi dopo scoprimmo d’avere due Bull Terrier presi dieci anni prima dallo stesso allevatore”. Galeotti furono i cani. “Non volevo accettare l’idea all’inizio. È stato l’unico amore dopo mia moglie, mi auguro sia l’ultimo. Anche perché molto impegnativo… Del resto, quando vuoi un fuoriclasse in squadra, poi lo devi gestire”.
Ci riesci con lei? “Quasi mai. I fuoriclasse puoi solo illuderti di gestirli. Novella è una donna dirompente, una provocatrice nata. Con lei non ci si annoia mai”. Vedi la storia di Icardi e Wanda Nara, dove la fuoriclasse è lei. “Hanno sbagliato tutti. Lei. Sei la moglie del capitano dell’Inter, devi saperlo quando parli in tivù. Lui. Doveva dissociarsi da certe sue dichiarazioni. La società. Quel comunicato stampa. La cosa andava gestita diversamente”. Casi simili, tu allenatore? “La donna è sempre determinante nella vita dei calciatori. Una notte mi bussa sconvolto un ragazzo. Aveva capito che la moglie lo tradiva. Abbiamo parlato un’ora e l’ho convinto a scendere il campo il giorno dopo. Un altro aveva messo incinta una donna, dopo avere appena avuto un figlio da un’altra”. Ha imparato a interessarsi di calcio Novella? “È un po’ autistica. Non lo vede il calcio, ma ha dei flash. Viene alla sua prima partita e mi parla di Jorgensen. “È il più importante che hai”, mi fa. La guardo allibito. C’erano tanti campioni in quella Fiorentina, Mutu, Toni, Montolivo..”. Ci aveva azzeccato? “In pieno. Un ragazzo straordinario per la serietà, la capacita di aggregazione. Uscivo dallo spogliatoio, ma era come se restassi lui. C’era lui”. Altri giocatori che sono stati una tua emanazione? “Colucci nel Verona, Benarrivo a fine carriera al Parma, un riferimento per tutti. A Genova ho trovato Pandev. A 36 anni stimato e amato da tutti. Persone serie. Da loro ho sempre cercato le critiche oltre che l’appoggio”. In Nazionale? “Lì era diverso, C’erano i giocatori totem, i Buffon, i Pirlo, i De Rossi, i Chiellini”.
Donna così anomala e straripante nel mondo del calcio, Novella. Ti ha creato imbarazzi? “Molto imbarazzo. Una così si ama o si odia. E poi io non sono un tipo da vetrina. Paparazzi ovunque a fotografarci. Sapevano sempre dove trovarci. E poi c’era questo entourage dei suoi pseudo amici…”. Il tuo e il suo, mondi difficili da incrociare? “Lei è molto social, io sono l’opposto. Mi trascina a volte in situazioni con cento persone. A volte divertenti, altre di una pallosità pazzesca, a parlare del nulla in modo enfatico. Una volta mi ha portato a vedere un film palestinese sottotitolato in inglese”. Questa non glie l’hai perdonata. “Assolutamente no”. Un giorno, dopo cinque anni e quattro qualificazioni Champions, lasci la Fiorentina. “Chiariamo: non lascio la Fiorentina, sono lasciato. Avevo ancora un anno di contratto. Mi dissero che avrebbero ridimensionato e che io, allenatore ambizioso, potevo andare dove volessi. Due giorni dopo leggo un’intervista di Diego Della Valle che mi dà del traditore perché volevo andare alla Juve”.
Era vero? “Era vero che la Juve mi voleva, ma io amavo la Fiorentina, volevo portare un titolo in bacheca. Chiamai Bettega e gli dissi che non se ne faceva più niente. Traditore? Quello tradito ero io. Forse ero diventato troppo popolare, davo fastidio”. Una storia che non meritava di finire così. “Loro avevano necessità di tesserare Mihajlovic in tempi brevi, sono andato in società e ho rinunciato al mio anno di contratto per rispetto della città”. La Nazionale. Quattro anni. Dall’Euro 2012 al mondiale 2014. Emozioni forti. “L’Europeo. Partiamo con zero aspettative. Non avevamo programmato la finale. Succede che facciamo la spola tra Ucraina e Polonia. A Kiev battiamo la Germania in semifinale, torniamo nel nostro albergo in Polonia all’alba. Senza aver dormito. La gente ci accoglie come idoli. Non è molto amata la Germania da quelle parti”. Non stavate in piedi la sera della finale. “Un solo allenamento. Chiedo ai giocatori: “Stiamo tutti bene?”. “Sì”, mi rispondono. Mi fido. E sbaglio. Quattro di loro avevano problemi. Contro una Spagna che andava a mille. Siamo arrivati scarichi alla finale. E, comunque, sarò sempre grato a quel gruppo, soprattutto i due matti là davanti”.
Cassano e Balotelli. Come si gestiscono due così? “In Nazionale è più facile, hanno pochi giorni per fare danni. Mi sono sempre piaciuti quelli fuori dagli schemi. Cassano è il più divertente in assoluto. L’unico calciatore con cui andrei a cena tutta la vita. Mai banale. Certo, la gestione quotidiana è complicata. Non ha il senso del limite”. Tu riuscivi a darglielo? “Hai i suoi codici d’onore. Se ti stringe la mano è fatta, non ti tradisce. Sono i codici della strada da cui proviene”. I compagni di Nazionale non la pensavano come te. “C’era il gruppo della Juve con le sue regole, molto selettivo nei comportamenti. Ma era anche la macchina vincente, il traino di tutto. La sincerità di Cassano è sempre stata lampante. Le cose le diceva nello spogliatoio, non aveva bisogno dell’intervista pubblica”. Balotelli resta un mistero calcistico. “Potenzialità enormi. Ha tutto. Il problema di Mario è che si accontenta, non ha mai dato continuità nell’applicazione di tutti i giorni. Ma è un ragazzo generoso e sensibile. Purtroppo, in lui il personaggio prevale spesso sulla persona”.
I due sono poi gli stessi che ti affondano in Brasile due anni dopo. “Mi hanno contestato anche il ritiro, ma l’avevamo scelto tutti insieme, giocatori inclusi. Una soluzione tranquilla, fuori Rio, dove portare le famiglie ed evitare le situazioni imbarazzanti in cui erano state beccate certe squadre alloggiate in città l’anno prima, alla Confederation Cup”. Resta il fallimento tecnico. “Perdiamo con la Costarica che esce nei quarti con l’Olanda, andando dodici volte fuori gioco. Quattro o cinque giocatori di quella Nazionale ci sono ancora oggi, Verratti, Insigne, Immobile, De Sciglio, segno che non erano poi scelte così sbagliate”. Dimissioni, le tue, rivalutate, alla luce di quello che accadde quattro anni dopo. “In Italia, come fai fai male. Critiche feroci. Lettere minatorie. Ci venivano a minacciare davanti il portone di casa. Il problema di quella Nazionale è che siamo andati oltre, raccoglievamo gli appelli di Don Ciotti, andavamo dai terremotati e forse abbiamo sbagliato. Quando entri troppo nel sociale, tocchi la politica”. Quel codice etico così esibito. Ha finito per intrappolarti. “Mai parlato io di codice etico. Iniziamo a Coverciano e chiamo tutti i giocatori: cosa possiamo fare per migliorare l’immagine della Nazionale? Dai una gomitata a uno e ti becchi tre giornate, puoi il giorno dopo andare in Nazionale? Erano tutti d’accordo”.
Lo sono stati anche in seguito? A me non risulta. “Mai avuto una discussione con un giocatore che ha subito una mia esclusione. Quattro o cinque, non di più. Pesò molto l’atteggiamento di certi giornalisti che nel loro ambito locale sono molto prudenti ma, quando arrivano in Nazionale, si sentono liberi di uccidere. Detto questo, posso riconoscere che è stato un mio errore. Potevo forse farne a meno. E comunque vale sempre la verità del grande, vecchio Trap”. Che dice il Trap? “Che la Nazionale ti dà tanto e ti toglie tutto. E che, da ct azzurro, sei un condannato a morte, ma non sai qual è la tua ora”. Si trattava di rinascere, una volta di più. “Non avevo nessun pensiero di ricominciare. Zero. Mi chiama Rino Foschi e mi parla di emissari del Galatasaray che mi vogliono incontrare. Mi parlano di un grande progetto innovativo, mi lascio tentare. Dopo sei mesi cacciano il presidente e mi danno il benservito. Oscillavamo in campionato tra il primo e il secondo posto. Peccato, Istanbul è una città meravigliosa, Novella ci ha lasciato il cuore”. Arriva il Valencia. “Prima c’era stata la trattativa con Lotito. Parliamo sei, sette ore con lui e Tare. Alla fine mi abbraccia. “Ti preparo il contratto…”. Sparisce. Apprendo poi dai giornali che punta Bielsa e prende Simone Inzaghi”. Storia ancora più breve col Valencia. “Mi promettono mari e monti, un grande mercato a gennaio. Non arriva nessuno. Seguo l’impulso e do le dimissioni, sbagliando. Non avevo letto una clausola del contratto in cui il club poteva chiedere i danni. Sono orgoglioso di aver contribuito con 200 mila euro alla fondazione del Valencia, dove spero siano finiti i miei soldi”. Perché tanta fretta autolesionistica? “Ho sbagliato. Ma non volevo diventare il capopopolo dei tifosi contro la società”. Segue l’esperienza araba, fugace anche quella. “Una farsa. Il mio attaccante segna un rigore decisivo ma l’arbitro annulla e ci dà punizione contro applicando, unico caso al mondo, la regola che punisce chi fa finte considerate derisorie. Lo sceicco decide di tagliare una testa e sceglie la mia”.
Sembri entrato in un tunnel senza fine. Arriva la telefonata di Preziosi. “La possibilità di rimettermi in gioco, di fare quello che più mi piace nel calcio che meglio conosco, in una piazza eccitante. Ringrazierò sempre Preziosi per questo”. Il tuo Preziosi. “Un uomo viscerale, una forza d’animo straordinaria, irrefrenabile nella sconfitta e nella vittoria. Mi ripete sempre che vuole fare una grande squadra, vincere la sfida di lasciare Genova con un ricordo importante, nello stadio in cui oggi non può andare perché lo insultano”. Arrivi e perdi quasi subito il pezzo più importante. Preoccupato per la bulimia di mercato da Preziosi? “Pensavo di perderlo a fine stagione, Piantek. Poi è arrivata quell’offerta, pazienza. Non sono preoccupato. Se accetto di andare in una situazione che conosco, poi non posso permettermi di criticare. Ho firmato in bianco con Preziosi”.
Ritrovi Criscito che, all’epoca, era stato costretto ad abbandonare la tua Nazionale alla vigilia dell’Europeo. “Non potevamo partire con un ragazzo che, da un momento all’altro poteva essere convocato dai giudici. Criscito è un ragazzo eccezionale, molto serio, e gli ho chiesto scusa della battuta infelice che feci all’epoca, quando dissi che in fin dei conti non era Cabrini o Maldini”. Un piacere speciale battere la Juve? “Te lo giuro, l’unico piacere erano i tre punti di cui avevamo un gran bisogno”. Juve e Roma restano i tuoi due appuntamenti mancati. “Il rammarico è più per la Roma. Sarebbe stata una sfida importante”. Lasciasti dopo il ritiro per la malattia di tua moglie, ma dissero che l’impatto con la città e lo spogliatoio non era stato dei migliori. “Fu esaltante. Il ritiro in Austria andò alla grande. La gente ci seguiva. Ho un magnifico ricordo della famiglia Sensi, di Rosella in particolare che mi fu molto vicina. Mia moglie doveva fare delle terapie intensive e non se la sentiva di curarsi in una città dove non conosceva nessuno. Volle restare a Cremona, dalle sorelle, la mamma, gli amici”.
“Si parlò di problemi con Cassano. “Si disse anche che litigai con Totti. Non esiste. Quattro giornalisti di Roma sono venuti al funerale di Manuela e mi hanno chiesto scusa per quello che avevano scritto. Ho apprezzato molto”. Eri in campo, nel finale, quella sera all’Heysel, con la maglia della Juve. “Otto minuti. Ricordo uomini, donne, bambini che correvano terrorizzati in campo. Li facemmo passare da dentro il nostro spogliatoio. Scappavano passando davanti ai loro idoli, Platini, Boniek, senza nemmeno guardarli”. E voi giocatori? “Non avevamo visto niente, solo la folla che ondeggiava. Poi, arriva Boniperti e dice: “Ci sono due morti là fuori, non permetterò alla mia squadra di giocare questa partita”.
Invece avete giocato e qualcuno ha pure esultato. “Fu il delegato Uefa a imporcelo per motivi di sicurezza. Pensavamo che la partita sarebbe stata interrotta a fine primo tempo. Ci dissero invece che doveva finire e che non ce ne sarebbe stata un’altra. Io non ho esultato per la vittoria e posso garantirti che nessuno di quella Juve vuole quella Coppa. I premi partita li abbiamo devoluti alle famiglie”. Ti piace la Nazionale di Mancini? “Molto. Le sue scelte sembravano una provocazione all’inizio, ma ora lo stanno premiando, inclusa l’ultima di Kean. Mancini riconosce il talento e sa guidarlo”. Da dove ripartire, reparto per reparto? “Donnarumma in porta, senza dubbio. Difensore Romagnoli, centrocampista Barella, attaccante Chiesa”. Hai manifestato solidarietà a Ventura? “Assolutamente sì. L’ho chiamato subito dopo. Sono sempre stato dalla parte delle minoranze e degli offesi. Sarà masochismo, ma sono nato così”. Il tuo assoluto calcistico? “Guardiola e il suo Barcellona, ma ho amato molto anche il Milan di Sacchi e la Juve di Lippi”.