La Stampa, 26 marzo 2019
Comprare con le parole un quadro di Picasso
Per avere un Picasso in casa non serve essere milionari, basta desiderarlo ardentemente e riuscire a spiegare perché guardare quell’opera cambia la vita. O almeno la giornata.
Si può effettivamente meritare il capolavoro di un artista universalmente conosciuto e vincerlo, piazzarlo al posto della tv e passarci la serata davanti, appenderlo all’ingresso e invitare gli amici a vederlo, chiuderlo in camera e goderselo in morbosa solitudine, ci potete fare quasi tutto quello che volete purché siate disposti a dichiararlo. La Fondazione Beyeler, un’istituzione dell’arte contemporanea, lo ha messo in palio. L’offerta vale solo per le 24 ore del 16 aprile e serve un indirizzo svizzero, anche da ospiti, per completare la richiesta. Questioni assicurative, in futuro ci si attrezzerà per consegne meno vincolate.
Il formulario pretende i dettagli, la dimensione e il colore della parete e una foto della stanza prescelta, banditi solo bagni e cucine: acque e vapori rovinerebbero la tela. Va dichiarato tutto compreso il programma minuto per minuto in compagnia di «Buste de femme au chapeau (Dora)», l’opera prescelta. Il primo aprile scadono i termini per la domanda, quindi forse è uno scherzo, ma la lotteria ha una regolare giuria, una finale a venti prima della telefonata al fortunato prescelto. C’è pure lo sponsor, la Swisscom che si occupa di monitorare Dora perché non sparisca. Vogliono «avvicinare la cultura alle persone» e la consegnano a domicilio, un pezzo della collezione fotografato sul sito ufficiale in un salotto che cambia lo sfondo perché potrebbe essere quello di chiunque.
Picasso va all’asta temporanea e si compra con le parole, il che rende l’operazione giocattolo molto più intrigante. Il capolavoro scende dal muro selezionato per lui, con la luce giusta e il livello di umidità perfetto e si mescola a librerie e poster in un’abitazione qualsiasi a cui è richiesto l’unico requisito di essere pronta ad accoglierlo. Di essere all’altezza. «Vorrei avere Dora scomposta per regalarle un giorno lontano dai cliché, per guardare lei, artista, fotografa, donna creativa e autolesionista e non la musa, la ex, l’amante tormentata di Picasso». Oppure «Ci terrei a stare di fronte a un quadro da 25 milioni per vedere se ti fa sentire diverso, se il genio è contagioso». Sono gradite le storie personali. Ma prima di pensare a come averlo bisogna subito essere disposti a spartirlo. Il Picasso e la propria intimità perché gli esperti verranno a valutare la sistemazione e l’iniziativa dovrà circolare su ogni social del pianeta. Del resto arriva con un hashtag: #myprivatepicasso, il simbolo della condivisione vicino alla parola «privato». Il sacro e il profano, il sublime e il raccapricciante. Attento a quello che desideri.