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 2019  marzo 25 Lunedì calendario

Perché gli chef si uccidono

Le stelle non danno la felicità, anzi. A riaprire il dibattito sul male di vivere tra i fornelli è stata la morte di Luciano Zazzeri, proprietario del ristorante La Pineta di Bibbona (provincia di Livorno). Lo chef stellato, 63 anni, è stato ritrovato senza vita nel garage dell’abitazione dei suoi genitori dopo essersi suicidato con un fucile da caccia. Nel 2013 il suo ristorante era stato l’unico italiano inserito nella prestigiosa classifica dei migliori locali da provare nel mondo stilata dal Financial Times. Ex cameriere e bagnino, nel 1987 Zazzeri aveva preso in mano il piccolo locale del padre fino a trasformarlo in un punto di riferimento dello star system che vantava tra i clienti più apprezzati persino Mick Jagger o Harrison Ford. La stella Michelin era arrivata a suggellare questa storia di successo nel 2006, ma guardando alla sequela di morti eccellenti degli ultimi tempi si comprende come questo riconoscimento possa diventare un peso ancor più che una gioia.

PENTOLA A PRESSIONE
Depressione, stress, obbligo di mantenere standard altissimi per la critica e di soddisfare ogni giorni i clienti, ma anche quello di far fronte a conti che non tornano mai: il mestiere della cucina è uno dei più stressanti appena dopo quello del chirurgo e del poliziotto, secondo una ricerca condotta da Harvard e dalla Stanford University. Eppure Anthony Bourdain era ormai più che uno chef: viaggiava per il mondo, scriveva sui quotidiani più importanti e aveva una relazione con Asia Argento. Nonostante tutto anche lui si è tolto la vita con la cinta di un accappatoio in una camera d’albergo meno a 61 anni nel giugno 2018. Proprio con Bourdain e il suo libro Kitchen Confidential, edito nel 2000, era iniziata la moda degli chef: i grandi cuochi erano usciti dalle loro cucine per approdare in televisione. Un processo lento che – è il caso di dirlo – come una macchia d’olio ha portato all’invasione del piccolo schermo da parte dei programmi di cucina, dei talent show gastronomici fino a far assurgere i cuochi al nuovo ruolo di sex symbol. Al crescere della fama, sono aumentate anche le tragedie. Nel 2016 era stata la volta di Benoît Violier, 44 anni, che “celebrò” la nomina a miglior chef del mondo sparandosi un colpo di fucile in testa. Lo chef era stat vittima di una truffa sulla compravendita di prestigiose bottiglie di vino francese. Pochi mesi dopo toccò a Beniamino Nespor, chef del milanese Al Mercato. Tre anni prima, invece, Joseph Cerniglia si era buttato dal George Washington Bridge a New York. Suonò funesta a distanza di tempo la critica che gli aveva rivolto Gordon Ramsey durante una puntata del suo celebre Kitchen Nightmares (Cucine da incubo, in Italia): «Il tuo ristorante finirà dentro l’Hudson». Ma tra chi ha avuto a che fare più o meno direttamente con Ramsey si piange anche Rachel Brown (Hell’s Kitchen) e Joshua Marks (Masterchef Usa).

CHIEDERE AIUTO
Eppure c’è chi dice no. Come Daniel Patterson che nel 2017 ha denunciato: «Il 95% degli chef è depresso. Pensiamo: cosa succederà se lo ammetto? La gente smetterà di venire da me? Beh, io me ne son fregato e sono qui a raccontarvi la mia storia. Improvvisamente mi sono sentito giù. In un baratro. Ogni cosa richiedeva uno sforzo enorme. E un giorno ho scoperto che la mia creatività era interrotta. È stato allora che ho capito che era il momento di rivolgermi a un dottore». Nel 2009 era toccato ancora all’Italia piangere Sauro Brunicardi, de La Mora, che si fece scivolare nel fiume Serchio forse per progetti economici finiti male (nel 1996 si era ucciso un altro maestro tricolore, Franco Colombani). L’anno più tragico fu sicuramente il 2003, con il doppio suicidio di Bernard Louiseau e Pierre Jaubert. Se la morte di quest’ultimo è tuttora senza spiegazione, la morte del primo racconta a perfezione il dramma dell’eccellenza (quasi come il leggendario François Vatel, il cuoco di Luigi XIV che si uccise per il ritardo del pesce per il banchetto reale). Louiseau si sparò a 52 anni con un fucile nel suo Côte d’Or a Saulieu, in Borgogna. Sembra che non potesse sopportare la bocciatura del Gault-Millau e le critiche di Le Figaro. Forse temeva anche di perdere la stella Michelin, ma il riconoscimento è ancora lì a 16 anni dalla sua scomparsa.