Il Sole 24 Ore, 25 marzo 2019
L’Italia sempre più calda: record nel 2018
Sono passati dieci giorni dallo sciopero globale per il futuro della terra, la primavera è appena iniziata e il mese scorso si è chiuso con un record: in base alle statistiche in tempo reale sui cambiamenti climatici, l’ultimo febbraio è stato uno dei più caldi di sempre per l’Italia, nel dettaglio dal 1800 a oggi.
Il grido di allarme delle migliaia di studenti, scesi in piazza il 15 marzo, trova riscontro nei risultati di una ricerca che Il Sole 24 Ore è in grado di rappresentare nella sua interezza in occasione di questa prima tappa di «Qualità della vita. Progetto 2019». La ricerca (si veda il grande grafico storico) è stata avviata alla fine degli anni 90 dall’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima (Isac) del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) in collaborazione con l’università di Milano (UmiMi): rispetto all’anno 1800 l’Italia oggi è più calda di 2,3 gradi in media. La temperatura è salita soprattutto d’estate, la stagione che ha risentito maggiormente del riscaldamento climatico.
In particolare, l’impennata si concentra perlopiù dopo il 1980. Da questa data in poi i termometri hanno segnato in media mezzo grado in più per ogni decennio. Dalle serie climatiche rilevate e analizzate emerge che, anche in Italia, il 2018 è stato l’anno più caldo mai registrato dal 1800. L’anomalia è stata di 1,58 °C sopra la media del periodo di riferimento 1971-2000 (media di lungo periodo utilizzata per calcolare in modo scientifico le variazioni).
«Il trend italiano – afferma Michele Brunetti, responsabile della Banca dati di climatologia storica dell’Istituto – rispecchia un fenomeno globale». La causa principale è la concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera, in continua crescita e impennata negli ultimi quarant’anni: se negli anni 50 aumentava dello 0,8% all’anno, ora l’aumento è molto più rapido, intorno al 2% annuo. In pratica il ritmo di crescita è più che raddoppiato. Tanto che lo scorso gennaio siamo arrivati a circa 410 parti per milione di CO2 nell’atmosfera. Essendo un gas a effetto serra, interagisce con la radiazione infrarossa emessa dalla superficie terrestre, alterando il bilancio energetico e spingendo il pianeta a riscaldarsi maggiormente. «Si tratta – aggiunge Brunetti – di un processo inarrestabile se continuiamo a produrre questi gas, attraverso l’uso di combustibili fossili».
La timeline delle anomalie climatiche dal 1800 al 2018 è frutto del lavoro di ricerca del team Isac-Cnr/Unimi che continua ancora oggi, con aggiornamenti in tempo reale: mentre gennaio 2019 è stato più freddo (-0,9 °C rispetto alla media), il recente febbraio sarà ricordato come uno dei più caldi di sempre (+1,4% °C). «Le anomalie, come una specie di ranking, vengono calcolate rispetto a un valore medio trentennale scelto in modo arbitrario per poter confrontare tra loro gli anni, disegnando una curva di valori relativi», spiega il ricercatore del Cnr.
In particolare l’area del Mediterraneo è una delle zone terrestri che patisce di più il global warming, complici il mare chiuso, che tende a scaldarsi più degli oceani, e la particolare collocazione geografica, unita alla presenza di importanti catene montuose che rendono il bacino sensibile alle variazioni della circolazione atmosferica su larga scala. Tra il nord e il sud del Paese, però, non ci sono grosse differenze: alcuni recenti fenomeni (come le piogge più elevate e gli inverni di gelo al Sud) fanno parte della variabilità del sistema, ma sul lungo periodo la geografia delle anomalie risulta uniforme.
Negli ultimi decenni si riscontrano alcune evidenze legate alle politiche di contenimento di emissioni dannose per la nostra salute: «La presenza di aerosol in atmosfera – spiega Brunetti – tende a riflettere la radiazione solare. Così il loro aumento fino ai primi anni 80 ha parzialmente mascherato l’andamento delle temperature. Oggi, invece, la progressiva riduzione di aerosol determina un aumento delle radiazioni che giungono a terra. Così come aumenta la visibilità media per l’aria più pulita e diminuiscono le nebbie, essendoci meno particelle sospese su cui tendono a condensare le goccioline».
Il surriscaldamento del clima in Italia ha quasi “cancellato” primavera e autunno: l’aumento più pronunciato intorno all’estate ha reso più volatili queste stagioni, durante le quali ormai si raggiungono temperature tipicamente estive. Nei mesi caldi, infatti, «l’aumento di radiazione solare dovuto a un’atmosfera più limpida che in passato spiegherebbe i maggiori aumenti di temperatura registrati tra marzo e settembre», aggiunge Brunetti.
Studi scientifici basati sul carotaggio della calotta antartica hanno permesso di ricostruire la composizione chimica dell’atmosfera fino a 800mila anni fa, certificando che livelli così alti di anidride carbonica non erano mai stati raggiunti. «Solo puntare su tecnolgie carbon free e procedimenti di carbon sequestration per sottrarre co2 dall’atmosfera può mitigare gli effetti climatici», conclude Brunetti.