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 2019  marzo 25 Lunedì calendario

Le donne salveranno il calcio

Tra i 40 mila dello Stadium che hanno guardato la Juve vincere 1-0 contro la Fiorentina c’è il ct della nazionale Milena Bertolini, la donna che ha riportato l’Italia ai Mondiali e che pesca gran parte della rosa proprio dall’incrocio di queste due squadre di vertice.
Una partita così è un poster o sposta gli equilibri?
«È un inizio, solo qualche mese fa non si sarebbe mai pensato di poter coinvolgere tanta gente. Bisogna ripetere l’esperienza. Questa volta è stato il destino: sfida scudetto, pausa della nazionale, Allianz Stadium libero, ora bisogna ricreare le condizioni ottimali».
E come si forza il destino?
«L’anno prossimo anche Milan e Inter avranno un lato femminile. Bisogna incastrare questo calendario con quello maschile e ricavare degli spazi così. Costruire degli eventi».
Anche la sua Nazionale è figlia del destino, attesa ai Mondiali dopo il flop maschile. Ora che succede?
«Abbiamo fatto conoscere le donne agli italiani, adesso abbiamo il dovere di mostrare un bel calcio».
Juve-Fiorentina l’ha mostrato?
«No. Giornata da ricordare, però partita non all’altezza. Troppe emozioni e questo stadio può essere la spinta, la dodicesima donna in campo o un avversario».
Dodicesima donna?
«Sì, le parole sono importanti. Il pubblico, maschi e femmine ovviamente, rappresenta la donna in più. Non dico mai marcatura a uomo, le ragazze sì, io evito, meglio marcatura individuale».
Allenatrice o allenatore?
«Allenatrice, mi pare il minimo».
Portiera?
«Più complicato, sarebbe da definire. Portiere donna? Non so, ma anche il vocabolario va forgiato, sottratto a una declinazione univoca e machista».
Il pubblico smetterà mai di paragonare il calcio maschile a quello femminile?
«Nella pallavolo non succede, nel tennis, nell’atletica, nel nuoto neanche. Nel calcio capita perché è l’ultimo feudo maschile. Il pensiero medio degli italiani è che non sia uno sport per donne».
Siamo ancora fermi li?
«Siamo al 1919. A Guido Ara che dice “non è uno sport per signorine”, la frase resta dopo 100 anni. Eppure il calcio femminile si è messo in moto e non si ferma più. Accelererà i cambiamenti culturali. Si vede la direzione perché le nuove generazioni hanno un’altra testa, gli adolescenti non fanno distinzioni».
Tre motivi per cui il calcio femminile non si fermerà?
«Piace, trasmette valori importanti e sta diventando un business».
Gireranno i soldi?
«Succederà. I calciatori ormai sono quelli, mentre le ragazze crescono vertiginosamente e questo inizia ad attirare gli sponsor. Piano piano»
Ottimista.
«Le dico di più. Sono un po’ presuntuosa: le donne salveranno il calcio».
Ha bisogno di essere salvato?
«Sì, guardate cosa succede a livello giovanile o anche tra i dilettanti: aggressioni, insulti, cattivi comportamenti».
Non dipende dal livello di agonismo?
«No. Non vedrete mai un gruppo di ragazze intorno a un arbitro in tono minaccioso, a spintonare e intimorire. Pensano a giocare. Punto. E questo convince perché il pubblico si sta un po’ disamorando. Non è un caso che certi stadi siano quasi vuoti».
Che calcio può far vedere l’Italia ai Mondiali?
«Ha già fatto vedere coraggio. In Francia, quest’estate, il livello sarà altissimo però giornate come queste aiutano l’azzurro, preparano all’impatto».
Manca molto al professionismo?
«Nel giro di un paio di anni si deve almeno arrivare a una forma di tutela».
Che carattere ha la sua Italia?
«Sa aiutarsi, c’è unione, rispetto. È un gruppo vero».
Kean segna il primo gol generazione 2000 e parla di cittadinanza, le donne sono capitanate da Sara Gama, madre triestina e padre congolese.
«Per noi è normalità, nemmeno ci abbiamo mai pensato. È capitana per l’esperienza e il ruolo di leader, è l’Italia che viviamo ogni giorno».