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 2019  marzo 24 Domenica calendario

Un’ora con la first lady cinese alla Galleria Borghese

«Le mani, i piedi, sembrano vivi, veri…». Peng Liyuan, moglie del presidente cinese Xi Jinping subisce il fascino della maestria con cui Antonio Canova lasciò ai posteri il sensualissimo ritratto di Paolina Borghese Bonaparte. È di marmo ma, lo si dice dal 1808, l’irrequieta Paolina sembra lì con l’anima e la carne. Peng Liyuan per un momento è una turista qualsiasi. 
Un’ora di visita alla Galleria Borghese accanto alla donna più potente della Cina. Una interminabile scorta occupa il piazzale di ingresso. Una security personale in abiti borghesi, assai nervosa, metà italiana e metà cinese (tutti in scuro incluse le agenti) le crea vuoto intorno: impossibile avvicinarla durante il giro nel Museo, vietate le foto non autorizzate dallo staff. Infatti ecco un nugolo di venti fotografi cinesi, anche loro in nero – cravatte incluse – chiaramente in estasi davanti alla Signora, ritratta in ogni istante del tour: dal basso, dall’alto, di lato, ogni dito che lei muove è uno scatto. Per due settimane, dicono al museo, è stata una estenuante trattativa con gli emissari cinesi: chiudere il museo, non chiuderlo. Alla fine si è scelto di non paralizzare il museo ma di liberare le sale dai visitatori «normali» prima di ciascuna visita. Operazione complessa che comporta la compressione, senza tanti complimenti, di qualche gruppo di turisti comuni mortali: è un sabato mattina ed è sold out da mesi.
Peng Liyuan è donna di potere ma è anche stata una famosa soprano, diva televisiva. L’abitudine a un pubblico che la osserva è evidente. Ha una blusa dorata, un cappotto in seta cruda marrone screziato con piccoli motivi cinesi. Incarna il nuovo chinese style, e lei lo sa. Ha un ritmo preciso durante la visita: ascolta le spiegazioni, due o tre cenni del capo, un sorriso. E si ricomincia. Recita una parte o no? Impossibile decodificare.
L’ingresso in Galleria è alle 10.30 in punto. Peng Liyuan è accolta da Anna Coliva, direttore generale della Galleria Borghese, abituata da sempre a illustrare uno dei musei più belli del mondo a re, capi di Stato e potenti vari: elegantissima, tailleur nero da sfilata. La prima tappa è intorno ai mosaici romani del IV secolo dopo Cristo. Le racconta Coliva: «Vennero trovati nella tenuta di famiglia alla Borghesiana sulla Casilina, smontati e ricollocati qui». La First Lady cinese chiede dettagli tecnici. Tappa da Paolina. Coliva toglie le catene di sicurezza dorate in stile neoclassico, le fa quasi sfiorare il marmo. Un altro colpo di fulmine è con Gian Lorenzo Bernini. Prima il David. C’è un interprete cinese ma Coliva e Peng Liyuan trovano sintonia, si guardano, si sorridono. Coliva si sofferma sulla corda della fionda. Pen Liyuan si avvicina: «Straordinario, un filo di marmo...». Sala successiva, sempre Bernini, Apollo e Dafne. Coliva racconta il mito, Apollo vorrebbe possedere la ninfa Dafne che non lo vuole affatto e chiede al padre Peneo di aiutarla, così si trasforma in alloro: «I piedi stanno diventando radici, e in questa villa si videro anche le radici del melodramma con Frescobaldi e Monteverdi, Dafne è come una primadonna che canta un’aria prima di morire…». Altra tappa, i sei capolavori del Caravaggio, Coliva annuncia l’imminente mostra caravaggesca a Shanghai nel 2020 in cui la Borghese sarà coinvolta. Molta curiosità di Peng Liyuan, da brava cinese, per la perla che illumina la Dama col Liocorno di Raffaello. Lei si avvicina. Sorride. Si allontana. Fine della visita, saluti tra le due signore. Dall’8 aprile l’artista cinese Zhang Enli dialogherà con la Borghese con alcune sue opere ispirate anche alla Via della Seta. Ma Peng Liyuan sarà già da tempo a Pechino.