La Stampa, 24 marzo 2019
Intervista a Massimo Cacciari
Massimo Cacciari, filosofo, accademico e politico, è stato sindaco di Venezia dal 1993 al 2000, e di nuovo dal 2005 al 2010.
A che punto si trova la sinistra in Italia?
«È in un momento delicato, perché se non riuscirà a dar vita a un partito diverso, che non sia una riedizione del neoliberismo stile Renzi o della vecchia socialdemocrazia, è chiaro che non potrà resistere ai nuovi populismi, sovranismi e nazionalismi né all’ascesa di movimenti come i 5 stelle, i Gilets Jaunes, Podemos».
Cosa deve fare la sinistra?
«Dipenderà dall’abilità di Nicola Zingaretti. Vediamo se avrà la capacità di dare nuovo impulso al Pd, di cambiarlo» .
Pensa che stiamo andando verso il fascismo?
«Santo cielo, no. Il fascismo fu una grande tragedia. Qui siamo alla farsa, queste persone non sono in grado di produrre grandi tragedie. Per fare disastri devi avere un grande potere e un minimo di radici culturali e storiche, anche se artificiali e distorte. Per grandi disastri ci vogliono grandi miti. Questi sono dei poveri disgraziati e ci porteranno a una catastrofe a loro misura con la loro evidente incapacità di guidare il Paese e puntare solo sulla difesa del “padroni a casa nostra”».
Come la Francia di Pétain?
«Sì, simile. Infatti la Francia di Pétain non avrebbe fatto alcun disastro. Avevano bisogno di Hitler per questo. La Francia di Pétain non contava, e il fascismo è una categoria che non si può usare a caso. Come il razzismo. Facciamo un favore a queste persone se usiamo queste parole. Non è razzismo, è l’eterna paura del piccolo borghese, dell’individualismo egoista verso ogni novità, dell’organismo debole incapace di cambiare situazioni che non può affrontare, la cui politica, invece che affrontare le sfide, consiste nel rassicurare con la chiusura».
Ma non sta tornando il razzismo? I Gilets Jaunes profanano le tombe.
«Sono sicuro che sia più efficace criticarli per quello che sono, senza enfatizzare alcuni dei loro tratti. La loro è xenofobia nel significato letterale, “paura degli stranieri”. Non necessariamente razzismo. Il rischio non è il fascismo. Il rischio è che l’Europa si disintegri e si torni alle piccole sovranità, totalmente impotenti sulla scena internazionale, con i Paesi che si combattono ferocemente sotto il profilo economico per sopravvivere. E a quel punto non ci saranno né destra né centro né sinistra; solo la sopravvivenza».
Che mi dice della Brexit?
«Gli inglesi si stanno rendendo conto che se dovessero tornare indietro voterebbero per rimanere in Europa, perché hanno capito che fuori da questo contesto anche i diritti sociali acquisiti spariscono».
Chi ha votato per la Brexit, Salvini o Di Maio?
«Gente arrabbiata con l’Europa per come ha funzionato finora. I veri europeisti devono partecipare al dibattito spiegando come vogliono modificare il quadro istituzionale».
E negli Usa c’è l’era Trump.
«L’Europa è sempre più in crisi da quando Trump è in politica. Cosa ci dice questo? Che l’Europa non può più essere atlantica. L’Ue è cresciuta perché aveva dalla sua parte gli Stati Uniti, il grande alleato. Ora dobbiamo farcela da soli se vogliamo l’unione».
Il vero vincitore è Putin?
«Beh sì. Se le forze di tradizione liberale non trovano un buon compromesso e non riescono a mettere a punto veri programmi alternativi a quelli sovranisti, finiranno per vincere persone come Salvini. E c’è da considerare anche la rivoluzione tecnologica, che genera crescenti disuguaglianze. Non per sua colpa, è nella sua natura. Se non è gestito politicamente creerà disastri sociali e le condizioni per un nuovo conflitto mondiale».
Ritiene possibile una guerra mondiale?
«Sì, naturalmente. Chi si occupa di politica deve sempre mettere in conto la possibilità di una guerra. Dovremo vedere come si evolve la potenza cinese, come si rapporta con le politiche americane. E poi la Russia che come tutti gli imperi, tende a espandersi. Queste sono tutte cause di grande tensione. Aggiungiamoci il mondo mediorientale e la questione di Gerusalemme e mi dica lei se non può scoppiare un conflitto».
Lei insegna all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano: cosa pensano i giovani?
«Sono nauseati della politica così come hanno imparato a conoscerla. Non si fidano dell’attuale leadership. Hanno difficoltà a impegnarsi in prima persona perché non sanno dove posizionarsi. C’è un’ampia fascia di giovani interessata a capire e che sente l’esigenza di uno spazio politico ed economico per avere un ruolo. Spero che alle elezioni europee possano esprimersi».
Come vede il futuro?
«Stiamo attraversando una crisi politica che riguarda le forze politiche tradizionali, e questa è una crisi europea. Tuttavia penso che ci sia la possibilità, dopo la Brexit e il fallimento dell’esperimento dei 5 stelle, di non avere risultati catastrofici alle europee. Un anno fa non l’avrei detto, ma oggi cedo la possibilità che le forze politiche tradizionali trovino un percorso diverso dal passato».