La Stampa, 24 marzo 2019
I ladri di alveari
«Ci mancava solo la tratta delle api regine! Sono sempre più frequenti e mirati i furti di alveari: il fenomeno, nel giro di pochi anni, ha assunto dimensioni nazionali con intensità e frequenze mai viste in passato. I fatti denunciati in questi giorni a Torino - ad un giovane apicoltore hanno rubato 34 alveari - sono solo gli ultimi di una lunga serie. Un fenomeno che sa di criminalità organizzata e che deve essere contrastato con idonei strumenti, oltre a quelli già disponibili (polizze assicurative, video sorveglianza, arnie con antifurto e tracciamento satellitare) per combattere l’intensificarsi dell’abigeato». L’allarme lo lancia Raffaele Cirone, presidente degli Apicoltori italiani sulla base delle segnalazioni e delle denunce che raccontano di oltre 22 mila alveari rubati con punte in Piemonte, Emilia-Romagna, Toscana, Abruzzo, Puglia, Calabria, Sicilia. «Le segnalazioni racconta Cicero - salvo qualche isola felice, ci giungono da tutta Italia e noi riteniamo che i numeri dei furti siano sottostimati».
Ma chi può avere interesse a rubare alveari? Cirone non ha una risposta certa ma quello che lo preoccupa è l’incremento del «furto sistematico di interi apiari, cioè postazioni più alveari che lascia presupporre l’esistenza di un vero e proprio “mercato giallo-nero” che insidia e mina alle basi la nostra apicoltura e spezza le gambe a chiunque abbia investito nell’allevamento delle api al fine di integrare il proprio reddito». Dal suo punto di vista, poi, «chi ruba alveari ha giocoforza il profilo di qualcuno che ha dimestichezza con questo insetto».
Da qui la scelta di lanciare un appello alle Forze dell’Ordine affinché indirizzino la loro attenzione anche verso questa particolare fattispecie di reato. Anche perché secondo il presidente Fai è necessario prendere in considerazione il danno ambientale e il mancato apporto eco-sistemico, che un furto di api comporta: le api, infatti, operano un capillare servizio di impollinazione alle colture agrarie e contribuiscono a preservare la ricchezza di biodiversità dei nostri ambienti naturali, rurali, suburbani e urbani». Secondo la Federazione degli apicoltori il valore dell’impollinazione per l’agricoltura italiana si aggira sul miliardo e mezzo di euro. Mentre il valore eco-sistemico dell’apicoltura in Italia è di 150 miliardi.
Si vedrà. Quel che è certo è che la produzione di miele italiano nel 2018, secondo i dati dell’Osservatorio nazionale Miele, è arrivata a 22 mila tonnellate, insufficiente, però, per soddisfare il consumo nazionale. La produzione lorda vendibile vale circa 150 milioni e di questi, quasi 24 arrivano dalle esportazioni. Ma il saldo della bilancia commerciale è negativo perché l’Italia nonostante un patrimonio di api che supera gli 80 miliardi è un grande importatore di miele, soprattutto dall’Ungheria. L’anno scorso, però, dopo anni di scarsa produzione il mercato del miele, in Italia, ha fatto registrare un incremento. Ma in Piemonte, che è la prima regione per importanza nel settore, si sta «verificando una forbice eccessiva tra il prezzo del miele italiano e quello straniero». Lo segnala la Coldiretti, che parla di «situazione critica perché si sta verificando una forbice eccessiva tra il prezzo del miele italiano e quello straniero».