Il Sole 24 Ore, 24 marzo 2019
Va all’asta la nascita del business moderno
The Birth of Modern Business, la nascita del business moderno. Così la celebre casa d’aste Christie’s annuncia l’asta che si terrà a New York il prossimo 12 giugno. Un solo lotto, con una stima iniziale tra il milione e il milione e mezzo di dollari per un’opera della fine Quattrocento, la Summa de arithmetica, geometria, proportioni et proportionalita di frate Luca Pacioli di Borgo San Sepolcro. Dopo esser stata esposta a Londra per una settimana alla fine di febbraio, la Summa ha appena lasciato New York per San Francisco dove sarà presentata in aprile, e poi a Hong Kong in maggio, prima di ritornare alla casa madre e finire (si presume) nella disponibilità di qualche magnate disposto a sborsare una montagna di denaro pur di metter mano su quel testo.
Apparsa nel 1494, la Summa è un monumentale corpo di conoscenze, una vera e propria enciclopedia del sapere matematico dell’epoca. Pacioli vi raccolse l’eredità degli abacisti medioevali, che insegnavano ai figli dei mercanti (ma non solo) le regole per far di conto con le “figure degli Indi”, come Fibonacci aveva chiamato le cifre arabe nel suo Liber abaci (1202). Per esser pubblicata a stampa, la Summa ebbe una diffusione incomparabile rispetto ai trattati che ancora giravano manoscritti nelle botteghe dei maestri d’abaco. Nei primi decenni nel Cinquecento divenne il testo di riferimento, e finì per far dimenticare insieme a quei manoscritti anche la prima opera a stampa di carattere matematico, la cosiddetta Aritmetica di Treviso, un anonimo opuscolo del 1478.
Della prima giovinezza di Pacioli, nato intorno al 1445, non si hanno notizie certe. Dovette forse conoscere e frequentare Piero della Francesca, anch’egli di Borgo San Sepolcro. Di certo, invece, si sa che trascorse un lungo periodo a Venezia per insegnare ai figli di un mercante della Giudecca le regole di calcolo e i rudimenti di geometria, prima di soggiornare a Roma nel 1470 ospite di Leon Battista Alberti, che aveva fama di matematico per via di certi suoi Ludi mathematici, e poi vestire il saio dell’ordine dei frati minori. Assecondando a suo dire le direttive del proprio ordine monastico, ma insieme soddisfacendo il suo spirito inquieto, frate Luca insegna la sua arte errando per università e corti, a Perugia e poi a Zara, dove resta per cinque anni, alla Sapienza a Roma, e poi a Napoli, a Padova e ancora a Venezia, dove assiste alla stampa della Summa per i torchi di Paganino de’ Paganini. Chiamato da Ludovico il Moro, nel 1496 si stabilisce a Milano alla corte sforzesca, dove stringe amicizia col «nostro compatriota fiorentino» Leonardo da Vinci, allora impegnato nella realizzazione del Cenacolo, «nel degno e devoto luogo de corporale e spirituale refectione del sacro templo dele gratie de sua mano penolegiato»”, racconta lo stesso Pacioli nel 1498 nel De divina proportione, il testo che insieme alla Summa gli ha conferito fama imperitura.
Il sodalizio con Leonardo a Milano dura fino al dicembre 1499, quando le truppe francesi di Luigi XII entrano in città («per diversi successi in quelle parti» – scrive allusivamente Pacioli – «insieme ci partemmo e a Firenze pur insieme trahemmo domicilio et cetera»).
Ma il soggiorno fiorentino è di breve durata. Passando per Mantova, dove Pacioli scrive per Isabella d’Este il trattato De ludo scachorum sul gioco degli scacchi (recentemente ritrovato), e Leonardo schizza un ritratto di Isabella su un cartone, nel marzo successivo entrambi si trovano a Venezia. I loro destini si separano per poi farli ritrovare ancora a Milano nemmeno dieci anni dopo. I rotuli dell’università di Bologna ci dicono poi che nel 1501 a Pacioli è affidata la lettura “ad Mathematicam” mentre il bolognese Scipione dal Ferro è incaricato della lettura “ad arithmeticam”, ossia gli argomenti propri dei maestri d’abaco, compresa la soluzione delle equazioni. E mentre nella SummaPacioli si arresta di fronte alle equazioni di terzo grado perché «l’arte ancora a tal caso non ha dato modo, si come ancora non è dato modo al quadrare del cerchio», sarà proprio Scipione ad andare oltre le colonne d’Ercole della matematica greca riuscendo a risolvere quelle equazioni.
Nel suo irrequieto peregrinare Pacioli insegna poi a Firenze, ancora a Roma e Perugia, prima di tornare a Sansepolcro dove muore nel 1517. Certo non un matematico dell’originalità di Fibonacci, ma un abile e aggiornato espositore di tecniche e risultati noti, capace di raccogliere in maniera sistematica e mettere a disposizione del pubblico quanto si va insegnando nelle università e botteghe d’abaco nel campo dell’aritmetica, dell’algebra e della geometria, e le loro varie applicazioni alla mercatura.
Nelle prime Distinzioni – ossia le suddivisioni, a loro volta composte di trattati, che formano le due parti principali della Summa, la prima dedicata all’aritmetica e l’algebra, la seconda alla geometria – frate Luca introduce le cifre arabe e le operazioni con esse, in particolare le diverse maniere, allora comunemente in uso e oggi dimenticate, per moltiplicare e dividere due numeri. Pacioli tratta poi dei rapporti e delle proporzioni prima di arrivare «ala madre de tutti li casi detta dal vulgo la regola della cosa over arte magiore cioe pratica speculativa altramente chiamata Algebra et almucabala in lingua arabica over caldea».
Infine, nella nona Distinzione si trova il Tractatus de computis et scripturis ossia il trattato «de quelle cose che sono necessarie al vero mercatante e de lordine a saper ben tener un quaderno con suo giornale». Pacioli vi descrive in dettaglio il modo di tenere quei “quaderni”, e in particolare il metodo della partita doppia, lo strumento essenziale nella contabilità che giustifica la presentazione di Christie’s della Summacome nascita della moderna ragioneria. Ma anche in questo caso, più che di un’invenzione originale, si tratta della sistemazione, esposta con grande chiarezza ed efficacia, di tecniche in uso nella tenuta dei libri contabili dei mercanti in città come Firenze, Genova e Venezia.
La seconda parte della Summa, di argomento geometrico, è in parte ispirata a un testo di Fibonacci e in parte ripresa da un codice che si conserva nella Biblioteca Nazionale di Firenze e dal Trattato d’abaco di Piero della Francesca. Dell’opera di Piero frate Luca si avvale anche nel Divina proportione che, nella copia conservata a Milano nella Biblioteca Ambrosiana, datata 14 dicembre 1498, è arricchita di disegni originali di Leonardo.
Dieci anni dopo il manoscritto è dato alle stampe a Venezia. È «opera a tutti gl’ingegni perspicaci e curiosi necessaria» assicura Pacioli nel sottotitolo, in grado di fornire «suavissima sotile e admirabile doctrina» agli studiosi di «philosophia, prospettiva pictura sculptura architectura musica e altre mathematice», oltre a dilettarli «con varie questione de secretissima scientia». Una proporzione divina? Certo, spiega Pacioli che si firma “sacrae Theologiae professor”, giacché «commo Idio propriamente non se po diffinire nè per parolle a noi intendere, così questa nostra proportione non se po mai per numero intendibile asegnare, nè per quantità alcuna rationale exprimere, ma sempre fia occulta e secreta e da li mathematici chiamata irrationale». Perché irrazionale è il numero che caratterizza la sezione aurea, argomento dell’opuscolo.
Tuttavia, la “scientia” di cui parlava frate Luca tanto “secretissima” non era. E nemmeno tutta farina del suo sacco. Come ha sostenuto per primo Vasari nelle sue Vite, e ricerche recenti hanno confermato, Pacioli vi ha riportato parola per parola, senza far menzione del suo autore, la traduzione in volgare del Libellus de quinque corporibus regularibus di Piero della Francesca, l’illustre concittadino che frate Luca riconosce essere «el monarcha ali dì nostri della pittura e architectura». E, aggiungiamo noi, dotato anche di talento matematico.