Corriere della Sera, 23 marzo 2019
I dieci assessori cambiati in Campidoglio
«Ne cambio anche 100 di assessori se non rispettano il programma», ebbe a declamare urbi et orbi la sindaca nel novembre 2017. Dieci mesi dopo, tra gli arazzi del Palazzo Senatorio, i 5 Stelle hanno perso il conto. Quanti sono? O meglio, quanti erano? Dieci assessori e poi ragionieri generali, vicesindaci, presidenti del consiglio comunale, capi di gabinetto, della segreteria e del personale, manager di Ama e Atac... In un vortice di porte girevoli, del palazzo o delle patrie galere, la squadra di Virginia Raggi ha perso qualcosa come 25 pezzi, più o meno pregiati.
L’ultimo scandalo ha portato in carcere il presidente del consiglio comunale Marcello De Vito e spinto alle dimissioni, perché indagato in attesa di archiviazione, l’assessore allo Sport Daniele Frongia, già vicesindaco. La prima a ballare questo mesto valzer degli addii è Carla Raineri, «capa» di gabinetto da 193 mila euro l’anno. La crisi del settantesimo giorno tira giù, per «solidarietà con la collega», anche l’assessore al Bilancio Marcello Minenna. E poi i vertici Atac Rettighieri, Brandolese e il presidente Ama, Solidoro.
In questa corsa da guinness il sostituto di Minenna, Raffaele De Dominicis, indagato per abuso di ufficio, cede il posto ancor prima del fischio di inizio: «È un complotto!». Settembre 2016, sono i giorni roventi in cui Raggi perde il vice capo di gabinetto Raffaele Marra, poi alla guida del personale. Graziosamente detto il Rasputin del Campidoglio, il presunto regista del «raggio magico» finisce a Regina Coeli con l’accusa di aver intascato 367 mila euro di tangente. E l’ex capo della segreteria Salvatore Romeo, costretto da Grillo e dalla ragion politica, abbandona la seggiola con tante scuse ai romani.
Ne cambio anche
cento
di assessori se non rispettano
il programma
Virginia Raggi
Il nuovo potere all’ombra del Cupolone vacilla. Paola Muraro è indagata per reati ambientali, ma resiste. Finché arrivano le lacrime, le dimissioni e le ironie delle opposizioni sull’«assessora all’Ambiente che scappa di notte». Il gioco delle sedie ha ritmi da capogiro, e non solo per la giunta (12 assessori). Oltre ai vertici Ama, Stefano Bina e Antonella Giglio, resta senza posto l’urbanista Paolo Berdini, nemico del futuribile stadio della Roma. È il febbraio 2017 quando l’assessore all’Urbanistica getta la spugna in faccia alla sindaca, definendola «impreparata» e «amante» di Romeo.
La ruota gira veloce. Ad agosto, umiliato via chat, sbatte la porta l’assessore al Patrimonio, Andrea Mazzillo: «Epurazione 2.0». A settembre emigra senza rimpianti Massimo Colomban, voluto da Casaleggio e Grillo per la mission impossible delle Partecipate. A maggio 2018 la giunta perde Adriano Meloni (Commercio) e Alessandro Gennaro (Partecipate) e scappa anche il dg Atac, Bruno Rota. Come i bus romani che prendono fuoco, il carrozzone politico perde pezzi. L’assessora all’Ambiente Pinuccia Montanari gira i tacchi per la bocciatura del bilancio Ama.
Nel catalogo degli addii capitolini finisce il gemito del ragioniere generale Stefano Fermante: «Ho provato a ragionarci, ma con questi è impossibile». A far fuori Luca Lanzalone invece hanno pensato i magistrati. L’ex presidente Acea, che per il gip stava al costruttore dello stadio Luca Parnasi «come il mister Wolf di Pulp Fiction», è stato arrestato a giugno. E l’elenco potrebbe allungarsi.