la Repubblica, 23 marzo 2019
Quando il gonnellino era virile
Ma quale invenzione femminile! Non si è trattato che di un trasloco da un genere all’altro. Giacché la minigonna è sempre stata un glorioso elemento dell’estetica maschile, e senza troppi risolini e sogghigni. Basta infatti risalire al virilissimo gonnellino del cosiddetto Marte di Todi (V secolo a. C.) o a un qualsiasi ritratto di Horus (II dinastia egizia), giù fino agli scosciati eroi e semidei greci e romani, per giungere poi a un poetico Buon Pastore e a un magnifico Re Sole Coscialunga. E a David che, incaricato di riprogettare l’abito per il cittadino della Prima Repubblica, propose appunto una inconfutabile gonnella (1794). Del resto, è risaputo che due giacche femminili capisaldi del Novecento – Bar di Dior e la classica Chanel – altro non erano che riscritture dal maschile. Come l’austero misticismo monastico di Balenciaga.
Quali, quindi, le tappe del segreto percorso che porterà alla mini? Per l’archeologico basterebbe far riferimento al Cinema a soggetto mitologico: i cosiddetti “sandaloni” di Cinecittà; più storicamente, perché l’attuale pantalone era considerato poco adatto alla guerra, ma soprattutto di volgarissima origine barbarica. Dunque, nulla di maggiormente antitetico alla vistosa eroicità di un gonnellino per combattenti e divinità. Nel 1340, lo troviamo esattamente come nei nostri Sessanta: una corta tunica su calzebrache; e in epoca tardogotica, in una corta giacca su identiche gambe all’aria, mentre alla corte di Borgogna (1448) già in elegantissimo nero totale a carattere politico.
D’altronde, ben diverse erano le fattezze atletiche di quei tempi. È solo dalla fine del Novecento, infatti, che il corpo dell’uomo ha puntato sul busto; con gambe insignificanti e di nessuna rilevanza muscolare (l’industrializzazione pretendeva il suo prezzo). Ma non così per Luigi XIV, che sotto corte gonnelle esibiva gambe superbe ornate di nastri e giarrettiere. Proprio dove arriveranno poi stivali e stivaletti nella versione femminile à la Barbarella (Paco Rabanne). Scomparso dunque un passato maschile e battagliero, questa in estrema sintesi la genealogia di un femminile altrettanto combattivo. Anche se la Moda non ama le soffitte della memoria, né gli uffici anagrafici. Illudendosi di un’originalità senza passato.