La Stampa, 23 marzo 2019
Caccia al tesoro di Napoleone
Era il posto di dogana tra Repubblica di Genova e Ducato sabaudo. Un pugno di case su un cucuzzolo in val Tanaro. Perlo ha 116 abitanti, che orgogliosamente vivono quel fazzoletto di terra tra la via del mare e i monti, preziosi custodi di tradizioni antiche. Perché il numero di leggende che riguardano il piccolo paese stupisce. Tra storia e fantasia.
«Si racconta che, dopo la battaglia al Bric dei Morti, i soldati di Bonaparte si siano dissetati - spiega Franco Rossotti, fra le “memorie” di Perlo - e abbiano interrato un cannone colmo di oggetti d’oro». Negli anni c’è chi è arrivato anche dalla Francia, alla ricerca del tesoro nascosto. «Difficile credere che esista - precisa lo storico locale, Giammario Odello -: i francesi erano in miseria assoluta quando combatterono qui». Ma il viaggio fra i segreti di Perlo risale indietro nei secoli. Il «Dizionario degli Stati Sardi» riferisce di un «largo pozzo» che si apre in «una specie di tempio, in cui si vedono scolpite sulla pietra diverse figure e vari geroglifici». Nella «grotta dei Saraceni» (sul passo della strada medievale per Finale Ligure) sarebbero stati trovati amuleti e monete romane. Rossotti: «Pare ci fossero stalattiti, poi portate via».
«Luogo dei misteri»
Il vero «luogo dei misteri» è la cappella di San Felice, citata come dedicata «al culto dei pagani». I racconti e il sito web del Comune riferiscono di una scritta sopra l’altare: «Olim Isidi dicatam» («Una volta consacrata a Iside»), la dea egizia di fertilità e magia. Sarebbero, inoltre, stati scoperti un’iscrizione «in memoria di un eroe morto combattendo contro i Saraceni» e lo scheletro di «un uomo di statura quasi gigantesca». Quando, però, nel 1999, il Comune ha recuperato la chiesa, niente ha avuto riscontro. «La Storia non conferma le circostanze che la tradizione orale, trascritta dal Casalis, ci tramanda - sottolinea Odello -. Sono state rinvenute, invece, pietre lavorate e asce neolitiche, a testimonianza della presenza umana fin da quell’epoca».
Gli abitanti sono detti «lupi». Lo spiega un’altra leggenda. Rossotti: «Si narra che una donna prese un cucciolo di lupo. Arrivò la sua mamma e lei dovette rifugiarsi su un albero, finchè non lo lasciò andare. Qui di lupi un tempo ce n’erano molti. Così nascono le storie». Ben reale, invece, la confettura di ginepro del luogo, ritenuta prodigioso unguento medicinale per gli animali. Ma, fra tanta fantasia, ora Perlo è rinomata per qualcosa di molto concreto: i pali da vigna in castagno, unici per i nobili vigneti di Langa.